Banche italiane, l’altro grande problema si chiama NSFR: porte mercati globali bond sbarrate. La Bce interverrà?
NSFR: l’altro acronimo che, come nel caso degli NPL, rappresenta una grana per le banche italiane. L’acronimo sta per Net Stable Funding Ratio, termine che indica un parametro di liquidità di lungo termine attentamente monitorato dalle autorità di vigilanza.
Proprio questo parametro di liquidità rischia di peggiorare, visto che per la maggior parte degli istituti di credito italiani, le porte dei mercati obbligazionari mondiali sono ormai sbarrate. Divieto di accesso, insomma, per le banche che vogliano rifinanziarsi sfruttando la strada del collocamento dei bond sui mercati globali.
Ad analizzare l’altra minaccia che incombe sul settore bancario del made in Italy, già alle prese con i rumor sui nuovi diktat della Bce, è un articolo di Reuters.
Non solo NPL, dunque. E, neanche, non solo doom loop, ovvero abbraccio mortale tra le banche italiane e i titoli del debito sovrano che hanno in pancia.
L’altro problema che rischia di caratterizzare questo 2019 porta il nome di “funding crunch”: contrazione dei finanziamenti, in senso letterale.
Anche in questo caso, c’è di mezzo la Bce. Anzi, in realtà il problema è acuito proprio dal fatto che la Bce non c’è: non c’è sia come acquirente di BTP e corporate bond, visto che il programma di Quantitative easing è ufficialmente terminato alla fine del 2018, e non c’è più neanche sotto forma di TLTRO, ovvero nelle vesti di erogatrice di finanziamenti alle banche a tassi agevolati.
“Le banche italiane – scrive Reuters – fanno affidamento su qualcosa come 240 miliardi di euro di finanziamenti ultra-convenienti, a lungo termine, erogati dalla Bce nel 2016 e nel 2017. Tuttavia quella fonte di finanziamenti ora è chiusa e, in assenza di fondi TLTRO, le banche assisteranno alla flessione del Net Stable Funding Ratio (NSFR), parametro di liquidità di lungo termine attentamente monitorato dalla vigilanza. La situazione è tale che i funzionari della Bce hanno detto di star considerando l’opzione di varare un nuovo tipo di prestiti pluriennali al fine di evitare il rischio di uno shock di liquidità”.
“Crediamo che ci sarà qualcosa di simile a una nuova offerta TLTRO che possa aiutare a mitigare l’aumento dei costi della raccolta delle banche – ha detto Luca Manzoni, head of corporate presso Banco BPM, terza banca italiana, in occasione di un evento recente.
Un funzionario senior di un’altra banca italiana ha riferito a Reuters che il 2019 appare difficile, aggiungendo di prevedere per questo motivo un intervento della banca centrale.
Il problema dell’accesso ai finanziamenti potrebbe farsi più preoccupante a partire dal giugno di quest’anno: è da questo mese, infatti, che gli istituti italiani saranno costretti a escludere gradualmente dal calcolo dell’NSFR qualcosa come 140 miliardi di euro di fondi TLTRO, che dovranno essere rimborsati nel giugno 2020.
Per il 2019, il bisogno di finanziamenti delle banche è superiore a 55 miliardi di euro.
Così come recita un comunicato sull’accordo di Basilea 3 della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), “l’NSFR prevede che le banche mantengano un profilo di provvista stabile in relazione alla composizione del loro attivo e delle loro operazioni fuori bilancio. Una struttura di finanziamento sostenibile intende ridurre la probabilità che eventuali turbative nelle fonti di provvista regolarmente utilizzate da una banca erodano la posizione di liquidità di quest’ultima in modo da accrescere il suo rischio di fallimento e, potenzialmente, comportare più in generale tensioni sistemiche”.
Ancora:
“L’NSFR è definito come rapporto tra l’ammontare di provvista stabile disponibile e l’ammontare +di provvista stabile obbligatoria. Questo rapporto deve mantenersi continuativamente a un livello almeno pari al 100%. La “provvista stabile disponibile” è definita come porzione di patrimonio e passività che si ritiene risulti affidabile nell’arco temporale considerato ai fini dell’NSFR, ossia un anno. L’ammontare di provvista stabile richiesto a una istituzione specifica dipende dalle caratteristiche di liquidità e dalla vita residua delle varie attività detenute dall’istituzione, nonché delle sue esposizioni fuori bilancio (off-balance sheet, OBS)”
Intanto, i rumor sul diktat della Bce a tutte le banche italiane portano gli istituti a diramare note sulla solidità dei rispettivi bilanci. Tra le ultime c’è UniCredit, che stamattina ha pubblicato la seguente nota:
Dichiarazione riferita alle recenti notizie riportate dai media sulla raccomandazione non vincolante della BCE a tutte le banche sotto la supervisione diretta del Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) in merito alla copertura dello stock di crediti deteriorati (NPL) garantiti e non garantiti:
A partire dal terzo trimestre 2016, UniCredit ha ridotto il suo portafoglio di crediti deteriorati di oltre 36 miliardi (dato aggiornato al terzo trimestre 2018). Conseguentemente, il rapporto tra crediti deteriorati lordi e totale crediti per il “Group Core” si è attestato a 4,3% nel terzo trimestre del 2018, in linea con la media del campione EBA. UniCredit è impegnata ad azzerare il suo portafoglio Non-Core entro il 2021. Inoltre la banca ha un indice di copertura del 62% dello stock di crediti deteriorati, che si è dimostrato il più alto in Europa negli ultimi stress test condotti dall’EBA in scenari avversi. UniCredit considera quindi il suo indice di copertura pienamente adeguato. Grazie alle azioni decisive intraprese e tenendo conto delle dinamiche del portafoglio di crediti deteriorati, UniCredit ritiene che il dialogo normativo con la BCE possa portare a un impatto basso, a una sola cifra in termini di punti base, sul suo CET1 in riferimento alla copertura aggiuntiva del suo stock di crediti deteriorati, per ogni anno fino al 2024, data indicata dalla BCE nella sua comunicazione.