Banche italiane hanno sovraperformato le europee. Ma ora? Il punto su scelte portafoglio e trimestrali
“E’ improbabile che la crescita del P/E del settore bancario italiano continui”. E’ quanto emerge da una nota degli analisti di Mediobanca Securities, che ricordano come il settore sia stato interessato “da diversi sviluppi nel 2020”.
Il riferimento è alle offerte di acquisto – vedi l’ops di Intesa SanPaolo su Ubi Banca – , dal pesante de-risking e da potenziali altre operazioni di M&A, che hanno permesso alle banche italiane di sovraperformare l’indice bancario dell’Eurostoxx di 10 punti percentuali, dall’inizio dell’anno, nonostante le revisioni sull’utile per azione di banche italiane ed europee siano state simili.
Tuttavia, “nonostante un qualche sostegno al margine di interesse netto sia arrivato dalle operazioni di TLTRO della Bce e dai titoli governativi – si legge ancora nella nota di Mediobanca Securities – prevediamo messaggi non rassicuranti sul costo del rischio e sulla qualità degli asset”.
Di conseguenza, “riteniamo che sia improbabile che una espansione del genere continui, vista l’incertezza che contraddistingue il contesto macroeconomico”.
Credem è la banca preferita di Mediobanca Securities, in quanto centra alcuni criteri che gli analisti considerano essenziali per i titoli da detenere in portafoglio, tra cui un forte CET1 e una bassa volatilità dell’utile per azione.
Viene suggerita invece cautela per Banca Popolare di Milano, per la quale non si può dire lo stesso.
Su UniCredit, la banca viene considerata attrezzata per fronteggiare la crisi: ma questo suo impegno potrebbe avere “conseguenze sul CET1 più che nel caso delle rivali, con la conseguenza di ridurre il margine di ritorno di capitale e di aumentare la volatilità del ROTE”.
Per il secondo trimestre, il margine netto di interesse delle banche italiane intese come settore è atteso in flessione del 3% su base trimestrale, nonostante il contributo delle garanzie statali sui prestiti e delle moratorie, che dovrebbero sostenere i volumi.
Mediobanca Securities ricorda tra le altre cose i dati di Bankitalia, da cui è emerso che gli NPL (crediti deteriorati) si sono attestati a 71 miliardi di euro a maggio, piatti rispetto a marzo, a fronte di flussi in entrata che hanno superato lievemente quelli in uscita. La copertura degli NPL è salita inoltre di 50 punti base al 63,2%.
Nei mesi di giugno e luglio – si legge ancora – il mercato degli NPL ha mostrato di essere vivo e vegeto, con vendite di NPL del valore di 1,7 miliardi di euro da parte di Unicredit, per 1,3 miliardi di vendite da parte di Bper e con una cartolarizzazione di 1 miliardo di euro da parte di Banca Popolare di Sondrio. Tuttavia, “nonostante non stimiamo un deterioramento della qualità degli asset nel secondo trimestre, riteniamo che le banche (a parte UniCredit) faranno fronte a un costo del rischio più alto che nel primo trimestre, superiore alla guidance dell’anno fiscale”.
Parla il gestore: le scelte di portafoglio
Al di là del settore bancario e andando più in generale, occhio alla nota firmata da Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki, società di asset management ginevrina fondata nel 1964 e focalizzata sulla gestione di grandi patrimoni:
“Quella appena trascorsa è stata una settimana significativa per i mercati, sia per quanto riguarda gli
Stati Uniti che l’Europa. Innanzitutto, abbiamo visto la performance da inizio anno dell’indice azionario S&P500, che raggruppa le prime 500 società americane per capitalizzazione di mercato, tornare ai livelli di inizio anno (l’ultima volta era accaduto l’8 giugno, brevissima parentesi di un giorno prima di tornare in negativo). Al 23/07 la performance Year-To-Date (da inizio anno) risultante è pari a +0,15% circa. In Europa, invece, è stato raggiunto un accordo che passerà alla storia, attraverso cui l’Unione Europea raccoglierà debito dal mercato dei capitali per favorire un importante rilancio dell’economia. A grande richiesta, ecco il Recovery Fund, un piano per cui i 27 leader europei hanno raggiunto un’intesa finale non solo sull’ammontare, pari a ben €750 miliardi, ma anche sulla distribuzione tra sovvenzioni e prestiti, rispettivamente pari a 390 e 360 miliardi. Quindi, è arrivato anche dall’Europa (UE) un sostegno importante a favore dei Paesi maggiormente danneggiati dal Covid, anche se dovremmo dare uno sguardo alla situazione sui mercati. Nonostante la settimana, come era lecito attendersi, abbia registrato qualche rialzo, l’Euro Stoxx 50, indice di riferimento per l’azionario europeo, da inizio anno lascia sul terreno ancora 11 punti percentuali circa. Pertanto, come mai ancora questa differenza con i listini americani?”.
“Come abbiamo già accennato altre volte – spiega Calef – si rende necessario porre attenzione alla composizione degli indici. Su quelli americani abbiamo una ponderazione importante sul settore tecnologico, che nel corso di questi ultimi mesi ha galoppato grazie all’accelerazione dei trend e al fattore momentum. Quest’ultimo è riconducibile sia ad un rally dei titoli growth, con riferimento in particolare alle società big tech appartenenti all’indice americano, sia ad un ritardo nel recupero da parte dei value, di cui è composto in gran parte il mercato europeo. A fronte di ciò, si potrebbe dedurre che il recupero delle perdite di marzo, almeno finché in Europa non si concretizzerà un sostanziale rimbalzo economico, sarà difficile da realizzarsi nel breve. Tuttavia, anche il mercato americano è tornato a multipli meno interessanti nell’ultimo periodo ed il rapporto sempre più teso con la Cina mette in dubbio la sostenibilità di un ininterrotto proseguimento del rialzo dei corsi azionari. Pertanto, per i prossimi mesi si suggerisce prudenza e rigore nella gestione del rischio dei portafogli, e non solo per quanto riguarda la parte azionaria, ma anche quella obbligazionaria. Ad esempio, anche il segmento High Yield ha messo a segno un rimbalzo significativo in quest’ultimo periodo (l’indice Bloomberg Barclays Global High Yield è sotto solo di un punto da inizio anno), quindi questo momento potrebbe rappresentare un’occasione per alleggerire il portafoglio (per chi avesse tali strumenti) da titoli obbligazionari che, a fronte di un probabile aumento dei tassi di default delle imprese, potrebbero vedere un altro allargamento degli spread nel corso dei prossimi mesi”.
Trimestrali, giunge il momento della verità
“Da un paio settimane è cominciata la stagione delle trimestrali che rappresenta, in particolar modo
quella attuale, un momento cruciale per gli investitori, in quanto i danni della pandemia si vedranno
concretamente riflessi sui bilanci delle aziende”, continua Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki.
” Il 2020 sarà un anno storico, in quanto le stime del crollo degli utili sono preoccupanti: il margine di profitto complessivo che, secondo le attese, sarà generato dalle società che compongono l’indice azionario S&P 500 risulta pari a 7,1%, ovvero il valore più basso da oltre una decade”.
“Non solo, il secondo trimestre del 2020 ha segnato un declino complessivo degli utili pari a circa il
44%. Si tratta di un dato ancora in fase di stima, ma già rende bene l’idea della portata di questa crisi. A soffrire sono stati, come ci si poteva attendere, il settore ciclico, ovvero quello più esposto alle fasi di contrazione economica, e nel caso delle aziende quotate nell’S&P 500, il riferimento va in particolar modo ai titoli finanziari, industriali ed energetici. D’altro canto, l’impatto sull’economia causato dal lockdown è stato meno violento in altri settori. In particolare, i tre che hanno subito meno danni sono stati Utilities, Healthcare e Information Technology. E gli ultimi due, in particolare, hanno spinto molti investitori, da marzo ad oggi, a trovarci rifugio per i propri portafogli azionari, sfruttando le valutazioni attraenti che sono venute a crearsi a seguito del crollo verticale di marzo. Infatti, nel corso degli ultimi mesi quei gestori che hanno seguito un semplice concetto di investimento, che noi chiamiamo “Follow the Authorities”, hanno potuto cogliere il rimbalzo e coprire, per quanto possibile, le perdite subite in precedenza. Ad esempio, le Autorità, come i Governi, hanno deciso di mantenere aperte le attività essenziali durante la pandemia e noi ci siamo appunto focalizzati sulla selezione di quelle società che forniscono beni di prima necessità. Inoltre, dato che la pandemia ha spinto gli Stati a dare ancora più importanza alla sanità in termini di allocazione di risorse e investimenti, una buona parte dei nostri portafogli è stata posizionata su aziende che producono dispositivi medicali all’avanguardia e strumenti per la cura della salute. Nel prossimo periodo, tuttavia, potremmo assistere a nuove ondate di volatilità dato che, tra le altre cose, il periodo estivo è caratterizzato da una riduzione dei volumi di scambio ed i movimenti sui mercati possono essere influenzati da pochi operatori (soprattutto quelli che gestiscono grandi masse). Pertanto, con riferimento al comparto azionario, sarebbe più opportuno favorire quelle strategie che prendono posizioni sia lunghe che corte, attraverso cui il gestore possa offrire la possibilità all’investitore di limitare l’impatto derivante dalle oscillazioni dei mercati azionari”.