Azionario cinese: se il dubbio te lo mette Warren Buffett
Quando un indice di Borsa nell’arco di un anno mette a segno una performance a tre cifre, superando abbondantemente i 200 punti percentuali di rialzo, il timore di volersi unire al gioco e rimanere l’ultimo con il cerino acceso in mano c’è. Anche se il listino in questione è quello di Shanghai, la piazza finanziaria delle meraviglie del 2007. Se poi la crescita del listino non è questione di un solo anno, allora il pensiero che le quotazioni possano avere raggiunto livelli quantomeno tirati diventa pià insistente. E la performance dell’indice Shanghai Composite, negli ultimi tre anni è stata del 340% circa.
Al che non può non venire in mente una delle regole basilari del buon investitore. “Buy low and sell high” recita in inglese, compra a prezzi bassi e vendi a prezzi alti ne è una traduzione italiana. Regola non facile da applicare, certo, ma spesso neanche ci si prova. A ricordarla ha provveduto ieri niente meno che Warren Buffett, il numero uno del fondo Berkshire Hathaway nel corso di un soggiorno nei paesi dell’Estremo Oriente. “Noi non compriamo mai azioni quando vediamo i prezzi decollare, compriamo quando abbiamo fiducia nelle possibilità di crescita di una compagnia. Gli investitori dovrebbero essere cauti quando vedono i prezzi salire” è la frase riportata dalle agenzie di stampa e pronunciata da Buffett nel corso di una visita a Dalian, in Cina. Dichiarazione che fa il paio con l’uscita, una settimana orsono, del fondo Berkshire dal capitale di una delle compagnie simbolo dell’arrembanza cinese, Petrochina. Operazione sicuramente legata alla richiesta di tagliare i legami con una compagnia impegnata in Sudan dove è in atto uno scontro civile nel Darfur che ha scosso l’opinione pubblica mondiale, ma altrettanto sicuramente non slegata dal desiderio di portare a casa una performance stratosferica del 1.400% dal momento dell’Ipo nel marzo 2000.
I dubbi di Warren Buffett basterebbero già da soli a far temere che la bolla del mercato azionario cinese possa essere sul punto di sgonfiarsi. E il fatto che il termine bolla cominci a circolare con maggiore insistenza può ben essere considerato un nuovo invito alla prudenza. Invito seguito anche dal fondo Whitechurch. Secondo quanto riportato ieri da Reuters il gestore inglese ha tagliato l’esposizione di alcuni suoi fondi direttamente esposti sull’ex Celeste Impero al 5% dal 10% precedente. La motivazione, “vediamo chiari segni di mania soprattutto negli investitori locali”, fa tornare alla mente un’altra bolla, quella degli anni 2000 quando capannelli di persone seguivano le quotazioni dei titoli azionari sui monitor nelle vetrine delle banche con più attenzione di una partita di calcio.
E di bolla si è spinto a parlare anche un recente report di Barclay’s Capital, nel quale viene messo in luce come la prorompente crescita delle valutazioni dei titoli cinesi sia stata acocmpagnata finora da una crescita al di sopra delle attese delle stime di utile. Tutto bene quindi ma con un ma. Il tutto sembra ora avvenire senza tenere in considerazione le leggi della macroeconomia, la prima delle quali afferma chequanto più a lungo una fase di forte crescita persiste, tanto inferiori sono le probabilità che tale crescita possa persistere anche in futuro. “La crescita del pil – sottolinea il report – non è illimitata ma costretta all’interno delle risorse produttive disponibili”, il che non può non avere riflessi sul’inflazione, non a caso in crescita. E la medicina per tenere sotto controllo l’inflazione, conclude il report, è l’adozione di politiche monetarie restrittive che notoriamente tendono a frenare la crescita economica. “Non è quindi da scartare che le stime dei multipli per azione si stiano dirigendo in questo momento in senso contrario a quanto ci si potrebbe aspettare se venisse scontanto il rischio di un rallentamento della crescita economica”.
Nella seduta odierna il listino principale della Borsa cinese, lo Shanghai composite, segna un arretramento di quasi 5 punti percentuali, arretramento legato all’attrazione sulla liquidità esercitata dalla nuova imponente Ipo di Petrochina.