Attacco Usa a Iran non scuote le Borse, alert sul petrolio con incubo chiusura stretto di Hormuz

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Reazione composta al momento dei mercati alla mossa degli Stati Uniti che sabato notte sono entrati nella guerra di Israele contro l’Iran colpendo tre siti nucleari. I future di Wall Street segnano ribassi moderati, mentre il dollaro Usa si apprezza leggermente rispetto alle altre principali valute. A spiccare è invece il balzo in avanti del prezzo del petrolio.
La mossa degli Usa contro l’Iran e la reazione tiepida dei mercati
Gli Stati Uniti sabato sera hanno attaccato i siti nucleari iraniani di Fordo, Isfahan e Natanz, sorprendendo gli investitori in quanto 48 ore prima Donald Trump aveva dichiarato che avrebbe preso la decisione di attaccare l’Iran entro le prossime due settimane. Dopo l’attacco il presidente Usa ha affermato che “o ci sarà la pace, o ci sarà una tragedia per l’Iran ben più grande di quella a cui abbiamo assistito negli ultimi otto giorni”.
Sull’azionario al momento la reazione è contenuta con Borse Asia poco mosse (-0,15% il Nikkei, -0,1% lo Shanghai Composite e -0,6% l’Hang Seng) e i futures di Wall Street che preannunciano un avvio solo marginalmente in rosso (-0,24% i futures legati al Dow Jones Industrial Average, -0,15% quelli su S&P 500 e Nasdaq). Piazza Affari invece ha aperto in calo dello 0,8% con l’indice Ftse Mib condizionato dallo stacco cedola di alcune blue chip.
L’euro/dollaro viaggia in lieve calo a 1,1508 e al momento non si assiste a una corsa verso beni rifugio quali l’oro (-0,5% a 3.369 dollari l’oncia)
Il movimento più marcato è quello sul petrolio, con il Brent schizzato fino a +5% in area 79 dollari al barile per poi sgonfiarsi (al momento +1,3%).
Attesa per risposta di Teheran
L’Iran ha definito gli attacchi statunitensi “oltraggiosi” e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha dichiarato che Teheran si riserva tutte le opzioni per difendere la propria sovranità e il proprio popolo.
Il paese potrebbe prendere di mira le basi statunitensi vicine o valutare quella che viene vista come la decisione più estrema, ossia chiudere lo Stretto di Hormuz. Un blocco prolungato dello stretto, da cui passa circa un quinto del greggio mondiale, potrebbe far schizzare i prezzi del petrolio anche oltre i 100 dollari al barile.
Incubo chiusura dello Stretto di Hormuz
I media statali iraniani hanno riferito che il parlamento ha spinto per la chiusura dello Stretto di Hormuz, ma ha lasciato la decisione finale di chiudere l’importante via d’acqua al Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran. Il vicepresidente statunitense JD Vance ha replicato domenica che un’azione del genere “sarebbe suicida” per l’Iran, poiché l’intera economia del Paese passa attraverso lo Stretto di Hormuz.
Circa il 90% del petrolio iraniano fluisce verso la Cina, ma la chiusura dello Stretto di Hormuz metterebbe a repentaglio una più ampia gamma di fonti di petrolio e gas naturale, con l’Arabia Saudita, il Kuwait, l’Iraq e altri paesi che utilizzano quella via d’acqua che affaccia sul Golfo Persico. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha chiesto al governo cinese di intervenire e impedire all’Iran di chiudere la principale rotta commerciale.
Pechino dal canto suo ha condannato l’attacco statunitense e ha invitato Israele a raggiungere un cessate il fuoco nella regione.
La chiusura dello Stretto appare quindi lo spauracchio maggiore per i mercati. Gli analisti della JPMorgan hanno definito un blocco dello stretto lo “scenario peggiore” e hanno ipotizzato che il risultato potrebbe essere un prezzo globale del petrolio che potrebbe raggiungere i 120 dollari al barile, spingendo l’inflazione negli Stati Uniti al 5%. Anche gli esperti di Bloomberg Economics ritengono che una tale decisione andrebbe a spingere il petrolio fino a 120-130 dollari al barile.
Mercati con i nervi saldi, ecco perchè
In apparenza al momento i mercati stanno reagendo in maniera composta all’escalation di tensioni in medio oriente. La reazione quando scoppiò la guerra in Ucraina nel 2022 fu molto più scomposta con Wall Street giù del 6% e petrolio schizzato in alto.
Quello che gli investitori stanno valutando è che il conflitto rimanga contenuto. Addirittura c’è chi valuta gli ultimi sviluppi come positivi. “I mercati vedono l’attacco all’Iran come un sollievo, ora che la minaccia nucleare è scomparsa per la regione”, ha affermato Dan Ives di Wedbush, aggiungendo che vede rischi minimi che il conflitto Iran-Israele si estenda al resto della regione, rendendola di conseguenza più “isolata”.
Altro aspetto è legato al rischio principale, la chiusura del canale di Hormuz che l’Iran ha minacciato più volte anche in passato ma non è mai stato attuata, anzi gli esperti sottolineano che è altamente improbabile.
“Sebbene vi siano state minacce informali di chiudere lo Stretto di Hormuz, l’Iran ha bisogno di entrate petrolifere e non della rabbia degli stati del Golfo esportatori di petrolio. Gli attacchi al trasporto marittimo da parte di gruppi terroristici potrebbero essere più probabili”, rimarca Paul Donovan di Ubs.