Ansia inflazione e BTP: ‘come farà ora la Bce ad aiutare l’Italia’? Tassi 10 anni oltre il 4%, record da giugno
Con l’inflazione che nell’area euro continua a infiammarsi, e la conseguente necessità di alzare i tassi in modo più aggressivo per cercare di spegnerla, come potrà continuare la Bce a sostenere l’Italia attraverso l’acquisto dei BTP? E c’era qualcosa che l’Unione europea avrebbe dovuto (potuto) fare e che magari dovrebbe (potrebbe) fare, per aiutare l’Italia e gli altri paesi del blocco a far fronte al dramma dell’inflazione energetica, in sostanza, del caro bollette?
Oggi va in scena di nuovo il dramma BTP sui mercati, con lo spread BTP-Bund che viaggia in area 240, vicino a quella soglia che diversi analisti hanno indicato come soglia pericolo (individuata nei pressi di quota 250). Bloomberg riporta in un articolo che sono i bond italiani in primis a perdere terreno nel mercato dei titoli di stato dell’area euro, con i sell off che portano i tassi sui BTP decennali oltre la soglia del 4% per la prima volta dal 15 giugno.
In un contesto macro che si fa sempre più complicato, si mette in evidenza il consiglio-monito all’Ue di Kenneth Rogoff, professore di Economia alla Harvard University ed ex responsabile economista del Fondo monetario internazionale (Fmi) e della Federal Reserve.
Intervistato da La Stampa, Rogoff afferma che, “contro l’inflazione energetica l’Europa doveva utilizzare più stimoli fiscali. E ora anche la Banca centrale europea è in difficoltà”.
Nel caso specifico dell’Italia, Rogoff ha fatto notare che, con “i prezzi che resteranno così alti per anni per la Bce sarà più difficile aiutare Roma“ (leggi BTP, debito sovrano, debito pubblico, praticamente il tallone d’Achille dell’Italia).
Le parole di Rogoff non sorprenderanno sicuramente il mondo degli hedge fund che, così come riportato qualche giorno fa dal Financial Times, in vista delle elezioni politiche in calendario il prossimo 25 settembre, stanno accumulando contro il debito italiano la scommessa short più imponente dal 2008.
“Gli investitori sono preoccupati per le tensioni politiche e per l’aumento delle sfide economiche”, ha fatto notare l’articolo del quotidiano britannico.
Eurozona, Bce ha mani legate. Cosa può fare l’Ue?
Rogoff fa sorgere il dubbio che, (diremo noi a dispetto del Next Generation EU sfornato da Bruxelles per dare aiuti concreti ai paesi europei alle prese con l’incubo della pandemia Covid-19), l’Ue non abbia davvero fatto abbastanza, stavolta, per blindare le economie del blocco dalle conseguenze della fiammata dell’inflazione.
Proprio ieri, dall’ultimo report di Eurostat, è emerso che l’inflazione dell’Eurozona ha toccato un nuovo record, con una impennata del 9,1% ad agosto.
Ad accelerare il passo anche l’inflazione in Italia.
Ma, secondo Rogoff, cosa avrebbe dovuto fare Bruxelles e cosa può fare per arginare la crisi nell’Europa esposta al dramma della guerra tra Russia e Ucraina e più vulnerabile, rispetto a tanti altri paesi, alle conseguenze economiche del conflitto? Nell’intervista a La Stampa Kenneth Rogoff è andato dritto al punto: a suo avviso, la ricetta porta il nome di “politica fiscale”.
Politica fiscale intesa in senso espansivo, visto che la Bce deve concentrarsi a spegnere il fuoco dell’inflazione con una politica monetaria inevitabilmente più restrittiva.
“Mi spiego – ha detto l’economista – su questo fronte l’Europa non è stata estrema come invece lo sono stati gli Usa. Dovrebbe agire con questa leva”.
D’altronde, “l’Europa si trova in una situazione molto più difficile rispetto agli Stati Uniti. Questo perché non è indipendente dal punto di vista energetico. Gli Usa, essenzialmente, lo sono. Quindi, l’Europa è trascinata al ribasso dalle fiammate dei prezzi del gas e del petrolio. Il tutto senza contare le altre conseguenze dell’invasione russa in Ucraina, come l’afflusso di rifugiati e la necessità di prestare attenzione alla capacità di difesa, un capitolo a lungo trascurato”.
Rogoff (ex FMI) ricorda limiti Ue
Rogoff fa tornare dunque alla ribalta l’antica questione relativa al ruolo dell’Unione europea, che rimane sempre indietro agli Stati Uniti in termini di politica fiscale espansiva per ragioni annose che attengono, sostanzialmente, al fatto che l’Ue per tanti versi non è una unione.
La politica fiscale made in Bruxelles non dispone insomma di quella potenza di fuoco che Washington può vantare (escludendo al momento i tarli vari del deficit e del debito Usa, con cui gli Stati Uniti dovranno comunque prima o poi fare i conti).
A mettere una pezza a questa lacuna è stata negli ultimi anni la Bce, con i suoi vari bazooka monetari sfornati in modo quasi incessante, prima con Mario Draghi e poi con Christine Lagarde.
Ma l’inflazione ora sta mettendo la banca centrale europea con le spalle al muro.
In realtà secondo Rogoff, considerati tutti i problemi che assillano al momento l’Ue (crisi energia in primis), “la Bce probabilmente finirà, per forza di cose, per non alzare tanto i tassi d’interesse come fatto dalla Federal Reserve”. Il “problema più grande” è un altro, ovvero “cosa fare del Qe. Che è da un lato uno strumento necessario per sostenere il debito pubblico dell’Italia e degli altri Paesi del Sud Europa, ma che è fondamentalmente una politica espansiva, proprio quando invece Francoforte sta cercando di restringere”.
Bce verso maxi-rialzo tassi, i BTP soffrono
Lo scorso 21 luglio, proprio nel giorno delle dimissioni del presidente del Consiglio Mario Draghi, in un’Italia scossa dalla crisi di governo, la Bce di Christine Lagarde ha annunciato il tanto atteso scudo anti-frammentazione dell’area euro, noto in Italia come scudo anti-spread o salva BTP. Lo scudo è stato battezzato TPI (Transmission Protection Instrument).
Lagarde ha lanciato tuttavia un messaggio molto chiaro: il TPI non sarà certo quella manna dal cielo che l’Italia e altri paesi con un elevato rapporto debito-Pil dell’Eurozona sono stati abituati a ricevere. Niente pasto gratis, insomma. Niente pasto gratis tanto meno a favore dell’Italia, che ha avuto l’ardire di sconfessare il governo Draghi. L’attivazione del TPI sarà a discrezione del Consiglio direttivo della Bce in quanto, come ha detto Lagarde, “Non saremo ostaggio di nessuno“.
Con la crisi energetica in atto, che è culminata tra l’altro ieri nello stop delle forniture di gas dalla Russia all’Europa attraverso gasdotto Nord Stream 1il gasdotto Nord Stream 1, per tre giorni, deciso dal colosso energetico russo Gazprom, con l’incertezza legata alle elezioni politiche, con l’inflazione che si sta ulteriormente impennando come dimostrano i dati di ieri, la Bce che ha le mani legate.
Tornando al movimento dei BTP, il boom dei tassi si spiega di fatto con le scommesse dei trader, che puntano ormai da giorni non solo su una Fed più hawkish, ma anche su una Bce più aggressiva sui tassi, pronta ad alzare i tassi anche di 75 punti base nella prossima riunione del Consiglio direttivo dell’8 settembre.
Bloomberg riporta che i trader ora stanno scommettendo su un rialzo dei tassi nell’area euro fino a +241 punti base entro il luglio 2023, il doppio rispetto a quanto era atteso appena un mese fa. Tra l’altro nelle ultime ore Joachim Nagel, presidente della Bundesbank ed esponente del Consiglio direttivo della banca centrale europea, ha dato ampia dimostrazione della sua natura da falco tedesco auspicando “una forte reazione” dell’Eurotower al boom dell’inflazione pari a +9,1% dell’area euro.