Alitalia, in volo verso la privatizzazione solo due cordate
Ieri le cordate in corsa per aggiudicarsi Alitalia sono scese da tre a due. Infatti, proprio come era stato anticipato da qualche indiscrezione, ieri, attraverso una laconica nota stampa, il consorzio italo-americano formato dal fondo fondo Texas Pacific Group (Tpg), da Matlin Patterson e dall’italiana Mediobanca ha fatto sapere che si è formalmente ritirato dall’ultima fase della privatizzazione, ovvero quella sancita dalle cosiddette offerte vincolanti. “Esaminata la procedura – si apprende dal comunicato – la cordata ritiene di non essere nelle condizioni di ottemperare puntualmente a quanto da essa prescritto”. “Pertanto – prosegue la nota diramata dagli “alleati” italo-americani – il consorzio, pur apprezzando l’ammissione alla fase finale della gara da parte del ministero dell’Economia, si trova, al momento, nell’impossibilità di procedere oltre”. Questo significa che rimangono in gara per il vettore italiano soltanto le due cordate Ubm (Unicredit)-Aeroflot, e Ap Holding (che controlla la AirOne di Carlo Toto)-Intesa SanPaolo. In realtà sembra che tra i numerosi motivi della ritirata ci siano stati la possibilità di una ricapitalizzazione del vettore, la contestazione del requisito di italianità richiesto dal ministero dell’Economia nostrano, ma anche il nodo dell’accordo con i sindacati prima della chiusura dell’operazione di privatizzazione, nonché la cauzione da pagare del valore di 50 milioni, giudicata eccessivamente esosa.
Tuttavia, c’è qualcuno che mormora che Tpg possa non avere mollato del tutto il colpo su Alitalia (e le righe della nota in cui si dice che “il consorzio, pur apprezzando l’ammissione alla fase finale della gara da parte del ministero dell’Economia, si trova, al momento, nell’impossibilità di procedere oltre” sarebbero piuttosto rivelatrici a riguardo). I fondi a stelle e strisce potrebbe infatti pensare, nel prossimo futuro, a eventuali aggregazioni con la società di via della Magliana, magari affiancando AirOne e la superbanca italiana Intesa Sanpaolo.
Dopo che il 2 aprile scorso erano pervenute le offerte preliminari non vincolanti, il 22 maggio scorso il Tesoro, nella lettera di procedura per la definizione delle offerte vincolanti, aveva reso noto che, oltre al 39,9% del capitale sociale già messo in palio, sarebbe stato disposto a cedere “su richiesta dell’acquirente selezionato, le residue 138.958.598 azioni ordinarie di Alitalia detenute, rappresentative di una partecipazione pari a circa il 10% del capitale sociale di Alitalia”. Ciò significa che il Tesoro si è detto disponibile a vendere sino al 49,9% della compagnia di bandiera italiana. Sempre dalla lettera di procedura diffusa il 22 maggio scorso si apprendeva che la fase delle offerte vincolanti avrebbe contemplato la messa a disposizione in favore dei soggetti ammessi alla fase finale di ulteriori informazioni relative ad Alitalia – la cosiddetta Data room – a partire dal 24 maggio. Tuttavia, il 29 maggio la cordata italo-americana, nonostante l’ammissione alla fase finale e la Data room, ha deciso di fare un passo indietro.