AI e raffica di licenziamenti. Da Google a Microsoft, la lista di chi taglia
Checché se ne dica, negli Stati Uniti il boom dei licenziamenti sta andando di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI, artificial intelligence), mettendo alla porta non solo i dipendenti delle Big Tech Usa.
Mentre il dibattito sulle conseguenze che l’AI avrà sull’occupazione si infiamma, i fatti sono sotto gli occhi di tutti:
il numero dei lavoratori al servizio dei titani dell’hi-tech Google e Microsoft, così come del colosso bancario americano Citigroup e del gigante degli articoli sportivi Nike – solo per citare i casi più eclatanti – sta scendendo.
AI e licenziamenti: cosa dicono i leader delle aziende Usa
Il trend non è nuovo, visto che tagli significativi alla forza lavoro sono stati annunciati e fatti già nel 2023, vedendo protagonisti Google e Meta tra le Big Tech e giganti finanziari del calibro di Goldman Sachs.
Presenti anche nomi altisonanti del settore manifatturiero come Dow.
Ma quella carrellata di annunci di licenziamenti non si fermerà lì, andando avanti anche nel corso del 2024.
Ne parla un articolo di Business Insider, presentando la lista dei grandi nomi della Corporate America che si apprestano a dare il benservito ai loro dipendenti.
I motivi sono diversi e l’AI, indubbiamente, è uno di loro.
Il triste quadro emerge da un sondaggio lanciato da ResumeBuilder, che ha interpellato gli stessi vertici di diverse aziende americane, 900 in tutto, a capo di società con un numero di dipendenti superiore a 10:
il 38% degli interpellati ha definito probabile la decisione di sfoltire il numero dei dipendenti nel corso del 2024, mentre la metà circa si è detta pronta a congelare le assunzioni.
La metà degli interpellati ha spiegato la strategia con il timore di una recessione negli Stati Uniti.
Quattro leader di aziende su dieci hanno ammesso che i licenziamenti avverranno a causa dell’AI, che andrà a sostituire i dipendenti in carne e ossa.
D’altronde, colossi del calibro di Dropbox, Google e IBM lo hanno già fatto capire, licenziando un bel numero di dipendenti a causa dell’attenzione sempre crescente che stanno dando all’intelligenza artificiale.
L’annuncio di Google all’inizio del 2024 dopo boom tagli nel 2023
Il 2024 è iniziato con la novità Google, che ha confermato di aver licenziato centinaia di dipendenti attivi nella sua divisione di ingegneria, oltre che nei suoi team di hardware.
La Big Tech ha inviato una email ai diretti interessati, invitandoli a candidarsi ad altre posizioni aperte presso il gruppo, per continuare a far parte della forza lavoro del colosso.
Per chi non dovesse avere le competenze tali da assicurarsi il posto di lavoro, ci sarà però poco da fare: l’ultimo giorno di lavoro sarà il prossimo 9 aprile.
Google aveva già messo alla porta migliaia di dipendenti nel corso del 2023, nell’ambito di un piano di licenziamenti che è iniziato nel gennaio del 2023, e che si è tradotto subito in un taglio del 6% della forza lavoro complessiva, ovvero di 12.000 persone circa. Annunci di tagli da parte del gigante sembrano essere diventati, nell’ultimo periodo, quasi la norma.
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Licenziamenti anche in Discord che, dopo aver messo alla porta il 4% dei suoi dipendenti ad agosto dello scorso anno, si appresta a un nuovo round di tagli, che i lavoratori hanno appreso ricevendo una nota dal ceo Jason Citron.
Citron ha motivato la decisione ricordando che il gruppo “è cresciuto velocemente, espandendo la propria forza lavoro a un ritmo ancora più veloce, fino ad aumentarla di cinque volte rispetto al 2020″.
Risultato? “Ci siamo imbarcati in più progetti e siamo diventati meno efficienti nel modo in cui operiamo”.
Di qui, la decisione di procedere a 170 licenziamenti.
Saranno invece 20.000 i dipendenti di Citigroup a dire addio al loro posto di lavoro presso il gigante finanziario, alle prese con un complesso piano di ristrutturazione.
Sempre nel mondo dell’alta finanza, BlackRock si avvia a sforbiciare il 3% del suo staff.
Diverse centinaia di posti di lavoro saranno azzerati, inoltre, da Amazon: a essere colpiti saranno per la precisione i dipendenti di Amazon Prime Video e Amazon MGM Studios.
A seguire la stessa strada sarà anche il colosso dei chip Intel, che ha già lanciato un alert sulla necessità di varare nuovi tagli, anche nel 2024, dopo i cinque round di licenziamenti già avviati nel 2023, sulla scia di una trimestrale e di un outlook che non hanno convinto Wall Street.
E ancora: la piattaforma di e-commerce Rent the Runway sta mandando a casa il 10% dei suoi dipendenti nell’ambito di un piano di ristrutturazione; Unity Software sta eliminando il 25% della sua forza lavoro; 1000 sono gli impiegati di eBay che stanno lasciando le loro scrivanie, mentre in 1900 stanno per dire addio alle divisioni Activision, Xbod, ZeniMax di Microsoft.
Il Wall Street Journal ha riportato inoltre le indiscrezioni di 700 tagli decisi da Salesforce.
C’è poi la start up attiva nel settore della logistica Flexport che, stando ai rumor, inizierà a mandare il 20% della forza lavoro di circa 2.600 dipendenti, nel corso delle prossime settimane, nell’ambito del piano varato dal fondatore e ceo Ryan Petersen, tornato a prendere le redini del gruppo lo scorso settembre.
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Boom Alphabet, Meta e Microsoft. “Ma non ditelo ai loro capi”. L’effetto AI
Quanto stona in questa pioggia di annunci è il fatto, messo in evidenza da un articolo della CNBC che, parlando almeno del caso specifico che riguarda le Big Tech Usa, i titani come Alphabet, Meta e Microsoft hanno visto i loro titoli schizzare a Wall Street a nuovi record della loro storia.
Ma “non ditelo ai loro capi”, si legge nell’articolo, che fa notare come, a fronte di questi massimi storici dei rispettivi titoli, i grandi nomi della Silicon Valley stiano continuando a dare il benservito ai loro dipendenti.
Tanto che, in tutto, stando a quanto riportato dal sito Layoffs.fyi, ben 85 società hi tech hanno messo alla porta qualcosa come 23.670 dipeNdenti, dall’inizio del nuovo anno, al ritmo record dal marzo del 2023, quando erano state 38.000 le persone a cui era stata mostrata la via di uscita.
Che i licenziamenti stiano andando a braccetto con la febbre AI, ovvero per l’intelligenza artificiale, è un fatto ribadito più volte.
“La domanda di AI è talmente grande da star portando alcune società hi-tech a tagliare la forza lavoro in alcune loro divisioni al fine di investire in modo più significativo nei prodotti AI che stanno sviluppando”, si legge nell’articolo della Cnbc, che ha citato le parole di Art Zeile, CEO di DHI group, che gestisce la piattaforma di assunzioni Dice:
“In generale, si tratta di aziende che stanno riducendo il numero di dipendenti associati a linee o divisioni di prodotti non di successo, e che puntano dunque a riposizionarsi sull’AI”.
Tim Herbert, chief research officer di CompTIA, ha spiegato inoltre che, presso le Big Tech, “grande è l’attenzione” data alla redditività, ai margini e alla necessità di tagliare i costi.
Detto questo, a suo avviso la raffica di licenziamenti di gennaio non dovrebbe essere ancora sufficiente a decretare l’inizio di alcun trend particolare che possa portare i dipendenti della corporate America a una situazione di panico.
Secondo Herbert sarebbe meglio attendere cosa succede in due mesi, prima di parlare di una vera erosione in atto nel mercato del lavoro made in Usa.
Intanto, gli ultimi round sono stati annunciati la scorsa settimana, e hanno visto come illustri protagonisti per l’appunto Microsoft – che sta tagliando 1.900 posizioni nella sua divisione di gaming -, la start up fintech Brex – via il 20% del suo staff – eBay, con l’addio da 1.000 dipendenti, ovvero dal 9% della sua forza lavoro full time.
Una spiegazione della carrellata di annunci di tagli potrebbe essere in ogni caso la seguente: la verità è che molte società hanno imparato a fare di più con meno.
Così come hanno imparato che licenziare, a Wall Street, paga.
Come ha detto lo stesso Mark Zuckerberg, ceo di Meta, il 2023 è stato “l’anno dell’efficienza” con il titolo volato di quasi +200% nel bel mezzo dei 20.000 licenziamenti lanciati dalla Big Tech.
Tutto, mentre le nuove tecnologie di intelligenza artificiale generativa hanno dimostrato che lavori di customer service, di prenotazioni viaggi e la stessa creazione di campagne di marketing non hanno poi bisogno necessariamente, della mano, e della testa dell’uomo.