Notizie Notizie Mondo Stress test Bce su shock tassi: banche europee superano la prova

Stress test Bce su shock tassi: banche europee superano la prova

9 Ottobre 2017 10:44

Sei ipotetici shock dei tassi di interesse, sia al rialzo che al ribasso. Sono questi gli scenari estremi che la divisione responsabile della Supervisione bancaria della Bce ha utilizzato nei suoi stress test, al fine di misurare la resilienza delle banche europee. Il risultato, come anticipato nel fine settimana, è stato positivo: le banche sono preparate a fronteggiare tassi di interesse più alti, in un contesto in cui il tapering del Quantitative easing da parte della Bce si avvicina.

Sulle banche dei singoli paesi, in particolare quelle italiane, nel fine settimana sono circolati rumor secondo cui i nove istituti finiti nel radar della Bce -Intesa SanPaolo, UniCredit, Ubi Banca, Bper, Mediobanca, Popolare Sondrio, Carige, Credem, Iccrea – avrebbero superato i test.

Tuttavia, non è dato sapere molto altro. La nota della Bce è rivolta al mercato e informazioni più dettagliate verranno rilasciate alle singole banche interessate, indirizzate ai loro amministratori delegati; non ci sarà alcuna disclosure al mercato sui risultati degli stress test applicati ai singoli istituti, che rimarranno confidenziali.

I dati  diffusi sono il frutto di un’analisi a livello aggregato che vuole fare luce su quelli che sarebbero gli effetti, sulle banche, dei diversi tipi di shock esaminati sulla curva sui tassi di interesse.

Detto questo, a novembre potrebbero essere rese note informazioni su eventuali conseguenze che tali analisi hanno rivelato sulle soglie Srep degli istituti, ovvero sui requisiti minimi di capitale che devono essere rispettati.  L’esito degli stress test è dunque cruciale in quanto deve essere inserito nell’esame complessivo della Bce su quelli che sono i bisogni di capitale delle banche: risultati positivi di questo stress test potrebbero di fatto indurre la banca centrale a esercitare minori pressioni sul capitale delle banche.

“I risultati – si legge nel comunicato – sono stati utilizzati nella valutazione annuale sulla domanda complessiva di capitale da parte delle banche. Mentre la domanda di capitale per le banche singole potrebbe adattarsi a rischi identificati, la domanda di capitale complessiva (delle banche) non cambierà, in base a quanto risulta dall’analisi sulla sensibilità ai tassi di interesse”

Viene tuttavia affermato che, se è vero che “nel corso dei prossimi tre anni e per la maggior parte delle banche, tassi di interesse più alti si tradurrebbero in un aumento dei margini di interesse”, un altro effetto sarebbe anche un valore del capitale più basso“.

La reazione del titoli bancari italiani non è particolarmente positiva: alle 10.46 Unicredit è al palo, scambiata a 17,32 euro, Mediobanca +0,49%, Banco BPM -0,75%, Bper Banca -1,40%, Intesa SanPaolo +0,14%; Credem, banca sottoposta allo stress test, è piatta, mentre Popolare Sondrio perde più di mezzo punto percentuale.

Riguardo all’iter che è stato seguito, la divisione che si occupa della Supervisione bancaria ha “applicato sei ipotetici shock sui tassi di interesse, al fine di determinare in che modo l’evoluzione del contesto dei tassi di interesse cambierebbe sia il livello patrimoniale che il margine di interesse netto” delle banche.

“I sei shock hanno ripreso quelli delineati dalla Commissione di Basilea sulla Supervisione bancaria e hanno esaminato i cambiamenti nel livello e nella forma della curva dei tassi di interesse. Viene precisato che gli shock sono ipotetici” e non devono essere intesi di conseguenza come proiezioni sullo sviluppo dei tassi interesse dell’area euro”.

“Secondo le rilevazioni – prosegue la nota – un aumento ipotetico dei tassi di interesse di 200 punti base si tradurrebbe a livello aggregato in un aumento del margine di interesse netto del 4,1% nel 2017 e del 10,5% entro il 2019, mentre il valore economico dell’equity scenderebbe a livello aggregato del 2,7%.

Nel caso in cui i tassi di interesse rimanessero al livello a cui si trovavano alla fine del 2016 e non ci fosse alcuna crescita del credito, il valore aggregato del margine di interesse netto scenderebbe del 7,5%. Queste proiezioni sono fortemente influenzate dalle supposizioni che le banche fanno riguardo al loro clienti. Per esempio, in uno scenario di aumento dei tassi, affinché si assista a un aumento del margine di interesse netto è cruciale che i depositi retail rimangano presso l’istituto”.