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Caccia grossa ai titoli Generali

Pubblicato 21 Giugno 2005 Aggiornato 19 Luglio 2022 12:44
Correva la primavera del 1979 quando Silvio Berlusconi, allora emergente palazzinario milanese si mise in testa con qualche velleitarismo, di bussare alla porta principale del salotto buono del capitalismo italiano, arroccato tra le mura di un inespugnabile castello mediovale protetto da Enrico Cuccia. Fece così sapere a Cesare Merzagora, arcigno presidente delle Generali, che intendeva acquistare con una spesa una trentina di miliardi di lire il 3-4% delle azioni del Leone alato ed ottenere un posto in consiglio di amministrazione. Merzagora non voleva credere alle sue orecchie: come osava quel parvenu costruttore di palazzine nell'hinterland milanese dalle incerte origini fare una simile richiesta? Le porte della cittadella dei Poteri Forti rimasero ben serrate e tacciato da escrescenza del sottobosco politico, l'ambizioso immobiliarista di Milano 2 si ritirò di buon ordine. E' ora lui che mentre si scardinano i vecchi feudi ad opera di una nuova classe, torna alla carica per lavare l'onta del rifiuto di 25 anni fa? "La scalata alle Generali è una sciocchezza estiva", scandiva nell'estate del 1999 l'allora presidente Alfonso Desiata. Non c'è più Cuccia, Desiata è un ricordo lontano, il suo successore Gianfranco Gutty è stato silurato per presunzione. Geronzi, i francesi, Berlusconi o chissà chi e con quale regista la magnifica preda è lì da un secolo sotto gli sguardi dei molti che la concupiscono. Tarak Ben Ammar è un simpatico volpone, sarà forse sincero e Berlusconi pure, ma la fenomonologia berlusconiana non mente e dice che a ogni rovescio politico il Cavaliere diventa sempre più forte.