Notizie Notizie Mondo WTI accentua la backwardation, un’occasione in vista Opec?

WTI accentua la backwardation, un’occasione in vista Opec?

29 Novembre 2017 14:52

La scorsa settimana anche le prime scadenze dei prezzi a termine (forward) del WTI (West Texas Intermediate) sono scese al di sotto dei prezzi per consegna immediata (“a pronti”) del sottostante, accentuando notevolmente la condizione di mercato presente sulla commodity negli ultimi mesi e nota in letteratura finanziaria come backwardation. Questa situazione è molto insolita per il petrolio WTI in quanto generalmente i prezzi forward sono più alti di quelli a pronti (c.d. contango), dovendo scontare diversi costi tra cui il cost of carry, ovvero il costo di stoccaggio.

 

Per molti investitori si è trattata di un’opportunità di acquisto, e infatti poche ore dopo i prezzi del WTI sono saliti fino ad aggiornare un nuovo massimo a due anni a 59,05 dollari per barile. In questo articolo spieghiamo il fenomeno della backwardation e le sue implicazioni pratiche.

 

Grafico daily future WTI; Fonte: Bloomberg

 

Cosa è successo

Il 16 novembre è stato rilevato un ingente sversamento di petrolio nell’area presso la Keystone pipeline, che consente il trasporto di petrolio dal Canada al Midwest degli Stati Uniti e rifornisce il sito di stoccaggio nell’area di Cushing (Oklahoma). Un disastro ambientale che ha portato allo sversamento di 795 mila litri di petrolio, la più grande mai registrata onshore negli USA.

 

I prezzi dell’oro nero in quell’area sono essenzialmente basati sulle quantità consegnate nei siti di stoccaggio, ragion per cui le quotazioni dei futures sul prodotto sono estremamente sensibili a tutto quanto si presenti in grado di turbare l’equilibrio regionale di domanda ed offerta.

 

Ecco spiegato perché un’esternalità negativa, come lo sversamento che c’è stato nella Keystone pipeline, ha ridotto l’offerta giornaliera di greggio e fatto sì che la situazione di backwardation, già presente sul mercato subisse, un’ulteriore accentuazione amplificando la forchetta tra prezzi a pronti e a termine.

Curve forward WTI a confronto. Fonte: Bloomberg; Elaborazione: Ufficio Studi Finanza Online

 

Come infatti si evince dal grafico sulle curve forward (di cui sopra), a 1 anno, ovvero prima del meeting del 30 novembre 2016, la curva forward (in rosso) era in forte contango, con scadenze a breve a prezzi molto più bassi rispetto a quelle di lungo periodo. La situazione poi si è andata poco alla volta capovolgendo grazie agli interventi Opec del 30 novembre dello scorso anno e del maggio del 2017 (la linea blu nel grafico rappresenta proprio la curva forward al 26 maggio 2017, all’indomani del 172° meeting che confermò l’estensione dei tagli per altri 9 mesi).

 

In verde invece la curva forward di 1 mese fa che, come si vede, era in contango solo sulle prime scadenze e in backwardation su quelle di medio e lungo periodo, ed infine la curva odierna, in arancione, nettamente in backwardation, essendo la dinamica di offerta e domanda in forte tensione a causa proprio del su citato incidente in USA.

 

La regola generale

Più in generale il concetto è che quando la curva forward è in backwardation, il mercato è in tensione. La domanda fatica ad incontrare l’offerta. In tali condizioni i compratori, pur di non rimanere sforniti della merce o materia prima, sono disposti ad acquistare in pronta consegna a prezzi più alti. Quindi la materia prima serve subito e ciò giustifica un prezzo a pronti maggiore che verrà ribaltato sui consumatori.

 

L’osservazione delle curve forward rilevate in periodi differenti dunque ci permette di cogliere lo sviluppo dell’equilibrio tra domanda e offerta. Se quanto detto è chiaro allora si capisce quanto sia importante osservare il passaggio da una curva in contango ad una in backwardation, per cogliere cambiamenti negli equilibri domanda e offerta e dunque opportunità in acquisto o vendita sul derivato. Non è un caso dunque che proprio dal minimo del giugno 2017 i prezzi del future WTI abbiano cominciato l’ascesa che li ha portati a sfiorare i 60 dollari al barile il 24 novembre di quest’anno.

 

Le implicazioni: la riunione Opec di domani

Quanto detto sopra trova proprio conferma nelle parole di Nick Leung, research analyst presso WisdomTree, il quale ritiene che questo movimento nella curva forward non solo abbia dimostrato “la bontà della decisione dell’OPEC di limitare l’offerta” ma potrebbe anche “incoraggiare altri paesi produttori a partecipare ai tagli alla produzione”. “Pertanto, con tutta probabilità – ha concluso Leung – la questione da affrontare alla riunione dell’OPEC in agenda a Vienna il 30 novembre non sarà quella di decidere su una proroga dei tagli, ma sulla relativa durata”.

 

Grandi sono dunque le attese intorno al 173° meeting Opec (a cui parteciperanno anche i Paesi alleati) e la decisione che verrà presa sarà un market mover importantissimo non solo per le quotazioni del greggio, ma anche per i titoli del settore, dalle oil company come la nostra Eni, alle oil services che, probabilmente, in virtù del beta più elevato registreranno performance maggiori al rialzo o al ribasso.

 

Resta il fatto che, secondo alcuni analisti, anche la mera conferma degli attuali tagli potrebbe portare a prese di profitto generalizzate sul petrolio, così come avvenuto successivamente all’ultimo meeting del 25 maggio scorso. In tale data il cartello Opec decise di estendere i tagli per i seguenti 9 mesi, ma non oltre, deludendo le aspettative che si erano create intorno ad un inasprimento delle misure restrittive.