E’ dominio Dax, il “whatever it takes” della Germania stravolge tutto. Le nuove view su settori, Bund, Bce e Btp

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“Il grande malato d’Europa”. “La locomotiva inceppata da due anni in recessione”. Eppure i grafici di borsa dicono ben altro. Da inizio anno il Dax tedesco ha sovraperformato l’Msci World, Wall Street e fa meglio di tutti gli altri indici europei. Tutto questo già prima che da Berlino partisse il bazooka fiscale che ha innescato un cambio di paradigma su quello che sarà il futuro della Germania e in parte anche dell’Europa.
Il Whatever it takes in salsa tedesca
Indubbiamente l’azionario tedesco ha guadagnato slancio sulle aspettative che il nuovo governo perseguirà maggiori stimoli fiscali e spese per le infrastrutture per riavviare l’economia. L’accordo di massima tra Cdu e Spd ha portato all’annuncio di un maxi fondo da 500 miliardi per investimenti nei trasporti, nelle reti energetiche e nell’edilizia abitativa nei prossimi 10 anni. C’è chi ha paragonato la mossa fiscale della Germania al famoso momento “Whatever it takes” dell’ex presidente della Bce, Mario Draghi, durante la crisi dell’eurozona. “Si tratta di un enorme cambiamento radicale di cui l’economia tedesca ha disperatamente bisogno, con il potenziale di sollevare l’industria tedesca dal malessere strutturale in cui è caduta”, ha detto l’economista di ABN Amro, Bill Diviney.
Le principali case d’affari si sono subito affrettate a ritoccare al rialzo le stime sull’economia tedesca. Goldman Sachs ha rivisto le sue previsioni sul Pil della Germania di 0,2 punti percentuali allo 0,2% nel 2025, di 0,5 punti all’1,5% nel 2026 e di 0,6 punti al 2% nel 2027. “Lo stimolo fiscale da 500 miliardi di euro potrebbe stimolare la crescita tedesca di oltre un punto percentuale all’anno”, ha detto Carsten Brzeski, capo economista di Ing.
Non solo bazooka fiscale , ecco perché il Dax mostra i muscoli
L’indice Dax, che racchiude le 40 maggiori società quotate sulla Borsa di Francoforte, segna da inizio anno un balzo del 17% circa rispetto ai magri ritorni dell’MSCI World (+0,6%, che diventano -4% se calcolati in euro), con l’indice delle azioni globali zavorrato da Wall Street (-2,5% l’S&P 500 e -6% il Nasdaq).
Ieri l’indice tedesco ha toccato un nuovo record di 23.419 punti tra l’ottimismo per la ripresa economica della Germania e la decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di ritardare i dazi sulle auto su Messico e Canada ha fornito una spinta alle case automobilistiche tedesche. Spicca il rally del settori industriale in quanto gli investitori si aspettavano regole fiscali più allentate.
Intanto, sempre ieri gli Stati membri dell’Unione Europea hanno concordato all’unanimità di allentare le regole fiscali per la spesa per la difesa a seguito della spinta della Germania per una riforma politica. Andrà avanti la proposta della Commissione europea di ulteriori fonti di finanziamento per la difesa con 150 miliardi di euro in prestiti speciali con la possibilità di spendere il 3% o più del Pil per la difesa senza far scattare i limiti di debito e disavanzo stabiliti dalla Commissione. Questa clausola sosterrà in particolare la recente spinta della Germania ad allentare la sua politica fiscale, o il “freno al debito”, per aumentare la spesa per la difesa e gli investimenti nell’economia in generale.
Berlino ha anche ottenuto l’impegno di Bruxelles a esplorare ulteriori misure per facilitare una spesa significativa per la difesa a livello nazionale in tutti gli Stati membri. Stando a fonti riportate dall’Ansa, non si escludono passi ulteriori sullo strumento di investimento comune, magari arrivando ai sussidi con eurobond oltre che ai prestiti.
Settori impattati dal cambio di marcia tedesco
Per gli investitori, questa nuova era in Europa significa pensare in modo diverso alle allocazioni. Charu Chanana, market strategist BG Saxo e Saxo Bank, spiega come gli operatori industriali e infrastrutturali come ad esempio Siemens e Bilfinger potrebbero beneficiare di un aumento degli investimenti pubblici. Ciò potrebbe anche avvantaggiare il settore dei materiali, con attori chiave come Heidelberg e BASF che probabilmente vedranno un aumento della domanda.
“È probabile che i titoli europei della difesa come a titolo d’esempio Rheinmetall, Thales e BAE Systems vedano i venti favorevoli derivanti dall’aumento della spesa militare”, aggiunge l’esperta.
Le società europee di energia rinnovabile e di tecnologia verde come Vestas Wind o i generatori di energia come Orsted e Iberdrola “potrebbero prosperare mentre la Germania accelera la sua transizione dai combustibili fossili, ma i rendimenti più elevati potrebbero pesare sulle utility”. Infine, il settore bancario (Deutsche Bank, Commerzbank, BNP Paribas) potrebbe trarre vantaggio da tassi di interesse più elevati se l’inflazione persiste.
La scossa sismica sul Bund
L’annuncio del massiccio programma fiscale di spesa per infrastrutture e difesa ha parallelamente innescato una salita di 40 punti base in 2 giorni dei tassi Bund, che sono passati dal 2,5% al 2,9% (oggi c’è un leggero ritracciamento al 2,83%). Quella di mercoledì in particolare è stata una giornata storica in termini di scossa per i titoli di Stato tedeschi. Il bazooka fiscale ha innescato violente vendite sui Bund con i rendimenti del decennale tedesco che si sono allargati di ben 30 punti base, un movimento che sulla singola giornata non si verificava dalla caduta del muro di Berlino. Parallelamente i tassi swap europei si sono mossi molto meno dei Bund, un chiaro segnale che conferma e amplia la tendenza già in atto nei mesi scorsi di progressivo aumento del rischio insito nei prezzi dei Bund rispetto alla curva Swap “free-risk”.
Il mercato ha quindi riprezzato questo storico cambio di paradigma da parte della Germania: il piano implica infatti una spesa di circa 1,5% del Pil (60 miliardi) all’anno per la difesa e 500 miliardi in 10 anni per le infrastrutture. In termini fiscali significa un deficit più alto nei prossimi anni e un trend del rapporto debito-Pil al rialzo. Per contro questo piano sarà sicuramente di stimolo per la crescita economica tedesca nel prossimo futuro. “La Germania sembra avere la capacità per sostenere un simile stimolo fiscale senza compromettere per adesso lo status di paese AAA. Le prospettive per i tassi Bund non sono facili da decifrare al momento visto che la net supply è destinata inevitabilmente ad aumentare, a cui si devono aggiungere le incertezze derivanti dalla politica protezionistica dell’amministrazione Trump. Non si sa ancora quali saranno i dazi applicati all’Europa e se gli impatti saranno maggiori sul lato dell’inflazione piuttosto che su quelli della crescita”, argomenta Mauro Valle, Head of Fixed Income di Generali Asset Management.
Goldman Sachs stima che in caso di via libera al maxi fondo infrastrutturale da 500 mld i rendimenti dei Bund potrebbero attestarsi addirittura al 3,75% dal 2,8% circa attuale.
Le ricadute sulle mosse della Bce e sui Btp
In questo contesto la Bce ha tagliato ieri i tassi di altri 25 pb con le attese del mercato che adesso sono più caute su futuri prossimi tagli. Christine Lagarde ha ribadito che le prossime mosse della Bce dipenderanno dai dati macro aggiungendo che i tassi sono considerati adesso a livelli “significativamente meno restrittivi”.
Nel frattempo gli spread dei titoli francesi e italiani sono rimasti stabili in questi giorni, in quanto lo stimolo fiscale tedesco sarà positivo anche per la crescita di questi paesi. “La maggior spesa fiscale tedesca invertirà il trend divergente delle politiche fiscali tra paesi – aggiunge Mauro Valle – . Al momento difficile dire se il tasso bund vicino al 3% è un livello dove stare ancora difensivi o se piuttosto si tratta di una opportunità di acquisto, ma la view positiva sui titoli periferici per adesso viene confermata“.
Ieri il movimento sui titoli di Stato innescato dall’effetto Germania ha portato i rendimenti dei Btp a 10 anni tornare ad affacciarsi in area 4%, livello che non toccava dallo scorso luglio. Un piccolo campanello d’allarme per i costo di rifinanziamento del debito visto che da giugno 2024 a oggi sono arrivati ben sei tagli dei tassi e il ministro Giorgetti contava in un tesoretto di risparmio della spesa per interessi in virtù della prospettata discesa dei rendimenti.