Notizie Asset Class Indici e quotazioni Wall Street: sboom Big Tech, Nasdaq nel mirino. El-Erian: ‘ora scopriremo vero DNA degli investitori’

Wall Street: sboom Big Tech, Nasdaq nel mirino. El-Erian: ‘ora scopriremo vero DNA degli investitori’

4 Settembre 2020 13:30

Inizio di una fase di correzione oppure no? Il crollo di Wall Street fa drizzare le antenne ai vari strategist e analisti di mercato. Orsi e tori si confrontano a viso aperto, cercando di capire se il potente sell off di ieri, che ha messo KO soprattutto i titoli tecnologici, sia l’inizio di un poderoso dietrofront della borsa Usa – anche e soprattutto in vista dell’incertezza pre-elezioni presidenziali di novembre – o una semplice parentesi di smobilizzi, tra l’altro fisiologica, se si pensa a quanto ha corso il settore hi-tech.

Mohammed El-Erian dopo crollo borsa Usa: altro calo -10% possibile, scopriremo DNA investitori
14 February 2020, Bavaria, Munich: Mohamed Aly El-Erian, former CEO of the Pacific Investment Management Company, speaks on the first day of the 56th Munich Security Conference. Photo: Felix Hörhager/dpa (Photo by Felix Hörhager/picture alliance via Getty Images)

A credere all’inizio di una fase di correzione per la borsa Usa è l’ex ceo del gigante degli investimenti Pimco, ora responsabile economista di Allianz, Mohamed el Elrian, che ha parlato di tiro alla fune tra gli investitori, da cui emergerà il loro DNA.

Intervenuto alla trasmissione ‘Closing Bell’ della Cnbc dopo il crollo degli indici a Wall Street, El-Erian ha commentato così la situazione:

“Potremmo facilmente assistere a un altro calo del 10%….se la gente iniziasse a pensare ai fondamentali”.

Secondo l’esperto, tutto dipende dalla forma mentis dei mercati,dal “DNA degli investitori che vedremo nelle prossime sedute”. Se il focus si sposterà “dall’analisi tecnica ai fondamentali, allora ci sarà spazio per altri ribassi. Ma bisogna vedere se la mentalità cambierà”.

Nella sessione della vigilia, il Dow Jones ha chiuso precipitando di 807,77 punti (-2,8%), a 28.292,73 punti; lo S&P 500 è scivolato del 3,5% a 3.455,06 mentre il Nasdaq Composite ha sofferto un tonfo del 5% a 11.458,10, dopo aver chiuso la seduta precedente agguantando e superando la soglia psicologica dei 12.000 punti per la prima volta in assoluto.

In evidenza il crollo di Apple, -8%, il più forte dalla metà di marzo, nel pieno dell’alert globale sul coronavirus. A essere tartassati dalle vendite anche altri nomi altisonanti della borsa Usa, che hanno fatto parlare di loro di recente soprattutto per l’incidenza crescente che hanno sull’azionario Usa. Occhio al grafico sul trend di ieri dello S&P 500 e del Nasdaq.

Proprio questa incidenza ha permesso al Nasdaq di stracciare nuovi record su base giornaliera, rispetto al più ‘tradizionale’ Dow Jones. Basti pensare che solo Apple, Amazon e Microsoft incidono complessivamente sull’indice dei titoli hi-tech per il 36,1%; insieme- Alphabet, la holding a cui fa capo Google – Facebook, Tesla, Nvidia, Adobe, Paypal e Netflix hanno un’incidenza sul Nasdaq superiore al 65%.

Nasdaq ormai ostaggio di questi titoli, si potrebbe dire,  raccolti in diversi acronimi come FANG,  FAANG e ora anche FANGMAN, il cui valore complessivo supera quello combinato dei Pil di Giappone e Germania.

Alcuni analisti fanno notare che le valutazioni di alcune Big Tech sono cresciute così tanto da essere diventate ingiustificabili, soprattutto guardando al rapporto tra i prezzi e gli utili forward delle relative società. Non per niente qualcuno ha deciso di fare cassa: come uno dei principali azionisti di Tesla (affondata l’altro giorno di -10%), Baillie Gifford, che ha annunciato di aver tagliato la propria esposizione verso il colosso di Elon Musk dopo il trend stellare del titolo.

E come, anche, l’investitore miliardario Mario Gabelli che, in un’intervista rilasciata a Yahoo Finance, ha comunicato che potrebbe presto ridurre parte della sua quota in Apple, che ieri ha riportato tra l’altro la sessione peggiore dalla metà di marzo.

Forti sell off hanno colpito anche Amazon (-5%), Microsoft (-5%),  Zoom (-11%), Square (-7%), a fronte della maggiore propensione, da parte degli investitori, a posizionarsi questa settimana verso nomi più difensivi, come Procter & Gamble e Coca-Cola.

E’ per caso colpa di settembre? Il mese tende a essere storicamente debole per l’azionario: LPL Financial ricorda che, in media, settembre è il mese peggiore per i mercati, in media, da almeno il 1950. L’indice S&P 500, per esempio, è sceso in media dell’1% nei mesi di settembre, a partire da quell’anno. E questo settembre potrebbe confermarsi anche peggiore rispetto alla media, vista appunto l’incertezza per l’Election Day.

L’incognita correzione o meno, tuttavia, permane, come fa capire, in base a quanto riporta Marketwatch David Bahnsen, chief investment officer presso il gruppo californiano The Bahnsen Group, riferendosi al trend del Nasdaq Composite:

“E’ molto difficile dire per certo che si tratta di correzione sostenibile, se qualcosa che è salito del 28% dall’inizio dell’anno, che viaggia a un valore superiore del 70%  rispetto ai minimi e cede poi il 4%”. A suo avviso, sebbene una correzione potenzialmente brutale del Nasdaq sia probabilmente inevitabile, non esiste una formula per dire quando una fase del genere inizierà davvero o se sia iniziata ieri.

Allo stesso tempo Peter Essele, responsabile della gestione di portafoglio di Commonwealth Financial Network, afferma che il sell off potrebbe indicare una nuova fase in cui “i fondamentali potrebbero ricoprire un ruolo maggiore nel determinare le valutazioni, rispetto all’esuberanza irrazionale che è persistita negli ultimi mesi nel settore tech”.