Volcker illustra la riforma delle banche, l’opinione degli analisti di Allianz G.I.
E’ previsto per la serata di oggi l’audizione di oggi in Senato dell’ex numero uno della Fed, e oggi consulente economico di Obama, Paul Volcker, sulle regole di riforma della finanza. Quello di oggi sarà il primo di due incontri che potrebbero dissipare le incertezze sulle proposte, espresse in termini molto generali, dal presidente. DealReporter, in una nota citata da Bloomberg, indica la possibilità che le proposte vengano modificate o anche cancellate. Sullo stesso tema e nel medesimo ambito, gli executive di Goldman Sachs, Jp Morgan e altre banche d’affari sottoporranno i loro rilievi il prossimo 4 febbraio.
Obama ha chiaramente affermato che molte delle difficoltà causate nel corso degli ultimi anni hanno avuto origine dalle operazioni di trading di “casinò” (soprattutto legate al private equity e agli hedge fund) in cui venivano tenuti in scarsa considerazione i relativi rischi. Obama intende quindi mettere dei paletti per limitare la libertà di azione delle “banche dei cittadini” rifocalizzandole sulle attività di cui gli stessi cittadini e gli elettori hanno effettivo bisogno. Ne consegue che, nel lungo periodo, il settore bancario continuerà ad essere un settore molto regolamentato e altamente competitivo, con sempre più scarse opportunità di leverage e di aumenti dei rendimenti per dipendenti e azionisti connessi a livelli di rischio crescenti. Di contro verrebbe incoraggiato un ritorno alla qualità dei prodotti e ad una riduzione dei costi per i servizi.Ciò dovrebbe produrre una sempre maggior convergenza tra gli interessi del governo e dei cittadini, lasciando che gli elementi di mercato a rischio più elevato vengano assorbiti nell’ambito di tutto il sistema capitalista. Nella sostanza, questo processo richiederà comunque diverso tempo anche perché la vendita forzata di questi asset finanziari da parte delle banche che scelgono di rimanere “banche del cittadino”, non è utile per nessuna delle parti.
Tuttavia vi potrebbero essere altre conseguenze per le “banche – casinò”, i proprietary trading, i private equity e gli hedge fund; in sostanza, maggiori requisiti patrimoniali tenderebbero a sostituire il meccanismo implicito di supporto da parte del governo (vedasi “discount window” della Federal Reserve) e condurre ad un accesso meno facile al credito a buon mercato. Queste misure ridurrebbero in modo significativo i rapporti di leva, che si erano creati grazie alle strette relazioni delle banche di investimento con i rispettivi clienti (private equity e hedge fund). In questo modo il costo del capitale potrà aumentare e gli investitori scopriranno così che molti dei “fantastici” ritorni dei proprietary trader e degli hedge fund erano alimentati unicamente dal leverage. In futuro è dunque lecito pensare che avremo rendimenti inferiori associati a commissioni minori.
Una considerazione importante è che queste limitazioni alle opportunità di crescita negli USA potrebbero indurre molte banche statunitensi a espandersi a livello internazionale; ciò promuoverebbe tra l’altro la crescita di economie meno sviluppate che hanno bisogno di “importare” modelli finanziari più forti, ma limiterebbero ovviamente la crescita e i ritorni economici negli stessi USA. Inoltre va considerato che ci sono voluti quattro anni per attuare i cambiamenti necessari dopo l’ultima crisi finanziaria degli anni Trenta, per cui investitori, uomini politici, banche e cittadini potrebbero essere costretti a pazientare. Inoltre si tratterebbe di un processo non solo ad impatto globale, dal momento che ciascun Paese cercherà di risolvere i propri problemi nazionali, ma anche con conseguenze a cascata, in quanto ogni Paese adotterebbe al contempo gli spunti migliori degli altri governi.
È innegabile che il contesto politico e generale scelto per presentare queste proposte non sia stato casuale, dato che sono state rese note il giorno dell’annuncio dei risultati di Goldman Sachs. Ciò dimostra la completa incapacità del settore, a livello globale, di tenere nella giusta considerazione l’opinione che il cittadino medio (l’elettore) ha delle banche in quanto organizzazioni, della loro gestione e dei loro meccanismi di retribuzione. La stessa miopia sussiste nei confronti dell’opinione pubblica generale, con riguardo agli impatti economici locali e nazionali più importanti legati agli elevati livelli di disoccupazione e, a più lungo termine, alle probabili disattese promesse statali sul fronte del sistema pensionistico e assistenziale a causa del deficit pubblico e della crescente pressione fiscale.