L’Unione Europea congela i fondi libici, quasi nullo l’impatto sulle società italiane
L’Unione Europea mette in freezer i fondi di investimento libici. Dopo aver bloccato i beni direttamente controllati dalla famiglia Gheddafi, l’Ue estenderà il congelamento alla Libyan Investment Authority, al Libyan African Investment Portfolio, alla Libyan Foreign Bank e al Libyan Housing Infrastructure Board. Ma non solo, perché nel mirino è finita anche la Banca centrale di Tripoli. La decisione dovrebbe essere ufficializzata prima della riunione straordinaria dei capi di Stato e di Governo europei, convocata a Bruxelles per venerdì 11 marzo. Dopo la risoluzione dell’Onu e le mosse di Stati Uniti e Gran Bretagna, che complessivamente hanno congelato circa 50 miliardi di euro, anche il Vecchio Continente ha quindi preso una decisione definitiva.
L’accordo è stato concluso nel primo pomeriggio, visto che in mattinata alcuni Stati si erano detti preoccupati per l’eventuale impatto del blocco degli asset libici sulle società quotate. Questa mattina, infatti, sono emersi i timori di Malta, mentre l’Italia aveva già annunciato ieri che rispetterà le decisioni comunitarie. I fondi libici vantano partecipazioni importanti nel capitale di grandi aziende italiane: il 2% di Finmeccanica, l’1-2% di Eni, il 7,5% nella Juventus e circa il 7,5% di Unicredit. Il 2,594% dell’istituto milanese è in mano alla Lia, mentre il 4,613% è in pancia alla Banca centrale libica. A Piazza Cordusio, secondo quanto appreso da Finanza.com, non si teme però un impatto nel breve termine visto che il problema principale riguarda i titolari delle quote azionarie.
Sulla stessa lunghezza d’onda Giorgio Sacerdoti, docente ordinario di diritto internazionale presso l’Università Bocconi di Milano. “L’eventuale congelamento delle quote libiche presenti nelle società italiane non cambia nulla a livello di operatività delle società stesse”, ha dichiarato Sacerdoti intervistato da questa testata. Ma cosa si intende per congelamento? “I pacchetti azionari detenuti da queste istituzioni libiche non potranno essere venduti, acquistati e nemmeno beneficiare della politica di dividendi”. Una situazione che potrebbe rimanere tale fin quando la situazione in Libia non si sarà stabilizzata. In teoria, una volta definite le nuove istituzioni libiche di riferimento, queste dovranno aspettare che l’Unione Europea sblocchi i pacchetti azionari attualmente congelati per tornare pienamente in loro possesso.
Le parole di Sacerdoti ricalcano quelle di Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana, secondo cui l’eventuale congelamento delle partecipazioni libiche in società italiane “non comporterà riflessi particolari a Piazza Affari”. Analizzando più a fondo il problema, Jerusalmi ha ricordato che le partecipazioni di Tripoli “erano considerate strategiche e di fatto non erano disponibili. Di conseguenza per noi non cambia niente”.