Ue verso revisione Patto di stabilità e crescita: nuovo atto della guerra tra falchi e colombe?
Patto di stabilità e crescita: è tempo di cambiare, dice la Commissione europea. Ancora prima di cambiare, di capire come cambiare, avviando una consultazione pubblica.
Un nuovo atto della eterna guerra europea tra falchi e colombe: tra chi, come i paesi del cosiddetto asse del Nord, è salito più volte in cattedra per dare lezioni di austerity a paesi indebitati come l’Italia, e tra chi, invece, come l’Italia, ha più volte chiesto maggiore flessibilità delle regole di bilancio?
Bruxelles lo ammette: è tempo di rivedere le regole di bilancio che fanno parte del Patto di stabilità e crescita. Un passo in avanti, sicuramente ma, anche, un possibile Pomo della discordia tra i suddetti falchi e colombe delle regole di bilancio.
Come spiega a La Repubblica l’ex esponente del Consiglio direttivo della Bce Lorenzo Bini Smaghi, ora presidente della banca francese Société Générale, le “richieste di riforma del Patto nascono da esigenze diverse. Nel Nord Europa si considera che il Patto, e il modo in cui la Commissione lo ha implementato, abbiano consentito troppa flessibilità di bilancio a Paesi come l’Italia. In Italia, invece, si ritiene che non ci sia abbastanza flessibilità e si vorrebbe fare più deficit. Per questo motivo penso che sia difficile arrivare ad un vero e proprio cambiamento nelle regole fiscali. Manca la fiducia tra Paesi”.
Una osservazione, quella di Bini Smaghi, che dovra conferma anche nelle lamentele che sono arrivate da Vienna a fine gennaio, con il ministro delle Finanze austriaco Gernot Bluemel che, in una intervista rilasciata al quotidianoi tedesco Die Welt ha detto di essere contrario a qualsiasi proposta di allentamento delle regole di bilancio, anche se decisa con l’obiettivo di agire contro i cambiamenti climatici.
Eppure è stata la stessa Commissione europea a riconoscere la necessità di apportare modifiche al Patto di stabilità e crescita, ovvero a quelle regole/diktat di bilancio che impongono ai paesi membri dell’Ue di rispettare vincoli ben determinati: come quello del 3% sul deficit-Pil, che non deve essere sforato, e inferiore al 60% del Pil per il debito PIL. Obiettivo, quest’ultimo, che appare una sorta di chimera per un paerse che ha un debito-Pil superiore al doppio di quel 60%, stimato in rialzo oltre la soglia del 130%.
In realtà, la Commissione non avrebbe alcuna intenzione di stralciare i vincoli sul deficit e sul debito pubblico che, dunque, dovrebbero rimanere. L’obiettivo sarebbe piuttosto quello di semplificare le norme, concentrandosi su quei parametri che i governi europei controllano, come il rapporto tra la spesa pubblica e il PIl. Ai governi, potrebbe per esempio essere concessa la cosiddetta “golden rule” sugli investimenti green. In questo caso, quegli investimenti pubblici che un governo facesse all’insegna del principio della sostenibilità, potrebbero essere scomputati dal calcolo delle spese che andrebbero a incrementare il deficit.
C’è poi da dire che, dalla comunicazione della Commissione Ue, che ha per l’appunto annunciato una consultazione pubblica propedeutica alla revisione del Patto di stabilità e crescita, è emerso anche che non sempre quelle regole di bilancio tanto care ai falchi europei sono state capaci di sostenere la crescita. E, ancora peggio, non si sono tradotte neanche sempre nella riduzione dei debiti pubblici. Bruxelles ha ammesso che le stesse regole non danno ai governi incentivi sufficienti a risparmiare nelle fasi positive dell’economia e, anche, a fare investimenti.
Sebbene abbiano “in parte aiutato la correzione degli squilibri e aumentato la difesa contro gli shock” – si legge nel report della Commissione – non sono servite ad abbassare il debito pubblico in alcuni Paesi (Italia in primis) e sono state caratterizzate da un approccio fin troppo pro-ciclico.
E’ arrivato dunque il momento di avviare un processo di revisione. Il primo passo sarà l’avvio di una consultazione pubblica, che darà voce, nell’arco dei prossimi mesi, a Governi, parti sociali, economisti, università e società civile. Tutti potranno rispondere alle domande che la Commissione ha formulato per lanciare il dibattito:
Ci sarà una sorta di questionario, con domande del tipo: Come fare a ridurre gli squilibri macroeconomici, come assicurare stabilità dei conti a breve termine e sostenibilità nel lungo periodo, come andare incontro alle sfide dei Paesi più in difficoltà, come assicurare l’attuazione delle regole riflettendo su sanzioni e incentivi.
Così il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni:
“Le politiche economiche in Europa devono affrontare le sfide odierne, che sono palesemente diverse da quelle di un decennio fa. La stabilità resta un obiettivo essenziale, ma vi è l’altrettanto urgente necessità di sostenere la crescita e in particolare di mobilitare gli enormi investimenti che servono per affrontare i cambiamenti climatici”. Ancora, “dobbiamo consentire politiche anti-cicliche dati i limiti che affronta la Bce”.
L’ex premier ha aggiunto che “la complessità delle regole rende difficile spiegare ai cittadini cosa dice Bruxelles ed è una cosa che non possiamo accettare”. Già in passato Gentiloni aveva parlato della necessità che il Patto di stabilità e crescita venisse rivisto.
A dire la sua sulla necessità di adattare il Patto di stabilità e crescita al nuovo contesto economico globale, è stato anche il premier Giuseppe Conte, che ha così commentato l’incontro con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: Con von der Leyen “abbiamo parlato della possibilità di rivedere il patto di stabilità e crescita”. Anzi io “invertirei i poli concettuali, facendolo diventare crescita e stabilità”.
“Il nostro contributo sarà nella direzione di facilitare gli investimenti verdi”, ha sottolineato il premier. Fare investimenti verdi in modo più facile “dovrà essere consentito a tutti e 27”, perché se così non fosse “si creerebbe un divario ancora maggiore” tra chi ha avuto accesso a investimenti facilitati e ha “realizzato una transizione più ampia, e chi rimane indietro. Invece tutti devono essere messi nella condizione di avere una facilitazione per gli investimenti verdi”.