UBS-Credit Suisse ci riprovano: allo studio mega fusione. Obiettivo: campione svizzero in wealth management e investment banking
UBS-Credit Suisse: verso un unico colosso del credito in Svizzera? Le indiscrezioni di mercato corrono, dopo che nelle ultime ore il blog finanziario elvetico “Inside Paradeplatz” ha rilanciato l’ipotesi di un mega merger tra i due giganti. Regista dell’eventuale operazione di M&A sarebbe il presidente di UBS Axel Weber, che starebbe studiando la fattibilità del deal, valutando i diversi orizzonti strategici per il futuro della sua banca.
Come scrive il Financial Times, l’unione dei due titani creerebbe un “campione svizzero attivo nel wealth management e nell’investment banking”. Per ora non c’è alcuna discussione formale. Weber starebbe semplicemente sondando il terreno, ricorrendo all’aiuto di alcuni consulenti esterni per esaminare il potenziale accordo.
Detto questo, si potrebbe assistere a una velocizzazione dei tempi, visto che, secondo il blog, Weber e il presidente di Credit Suisse Urs Rohner potrebbero raggiungere un’intesa su una fusione già all’inizio del 2021.
Le due banche dispongono di asset combinati per un valore di €4,3 trilioni.
I colossi possono essere considerati complementari, visto che – stando a quanto fa notare Bloomberg – UBS è attiva soprattutto nel trading azionario, mentre Credit Suisse è tradizionalmente più forte nel credito e nel reddito fisso. Il via libera alla mega merger è però tutto fuorché scontato, visto che l’ipotetica operazione dovrebbe essere valutata attentamente dalle autorità svizzere di regolamentazione del settore.
Per ora, nessuna delle due dirette interessate ha rilasciato commenti. Sta di fatto che una fusione potrebbe limare le loro rispettive vulnerabilità: entrambe stanno assistendo a un cambio di leadership, in un momento in cui sono sotto pressione per tagliare i costi.
Nell’era della pandemia da coronavirus COVID-19, sono le stesse autorità bancarie che spingono per operazioni di consolidamento tra gli istituti di credito.
Intervistato da Bloomberg Pedro Marinheiro, gestore di fondi presso Reyl &Cie a Ginevra, si è però così espresso: “Non avrei pensato a un potenziale accordo tra questi due giganti svizzeri. Piuttosto, a grandi banche europee acquistare player più piccoli”. In comune, UBS e Credit Suisse hanno preso la decisione di tagliare l’esposizione alle operazioni di trading a seguito della crisi finanziaria del 2008, dirottando il loro focus verso il wealth management.
Sebbene tale scelta abbia ridotto la volatilità dei risultati di bilancio, il mix competizione per accaparrarsi il cliente più ricco e contesto dei tassi negativi ha pesato sui corsi azionari.
UBS ha perso il 43% negli ultimi cinque anni, mentre le quotazioni di Credit Suisse sono crollate di quasi -58%. Dall’inizio del 2020, il titolo Credit Suisse ha perso il 22%, con il rapporto prezzo-valore contabile pari a 0,5 volte, mentre UBS ha ceduto l’8%, in corrispondenza di una valutazione pari a 0,8 volte il suo valore di libro.
Interpellato dal Financial Times, uno dei 10 principali azionisti di una delle due banche ha detto di non essere stato ancora consultato sulla possibilità di un accordo, aggiungendo che non darebbe il suo sostegno:
“Ha senso allearsi in alcune attività, come quella dell’investment banking, dove entrambe non hanno la stessa massa delle rivali Usa. Ma, riguardo a una fusione completa, non ne vedo proprio la logica“.
Non è comunque sicuramente la prima volta che i dirigenti di entrambe le banche valutano l’opzione di una merger, ma alla fine ha sempre prevalso il timore del no delle autorità antitrust. Ma anche gli analysti di JP Morgan Kian Abouhossein e Amit Ranjan hanno scritto in una nota che la banca risultante dalla fusione potrebbe diventare un problema per la Svizzera.
Sul fronte della forza lavoro, Credit Suisse è stata già oggetto di rumor, alla fine di agosto, relativi a un piano per licenziare 500 dipendenti e per chiudere un quarto circa delle sue filiali in Svizzera: iniziativa che consentirebbe un risparmio di costi annuali di circa $110 milioni. Ancora peggio, sempre il blog finanziario Inside Paradeplatz ha riportato che, in caso di buon fine dell’operazione di fusione, potrebbe essere un totale di 15.000 posti di lavoro a essere colpito dalla scure dei tagli. I licenziamenti potrebbero mandare in mezzo alla strada tra il 10% e il 20% della forza lavoro complessiva.