Notizie Notizie Italia TIM: titolo vola +30% nel Day After news KKR. Rischio è ruolo politica ma Draghi per ora non agita arma golden power

TIM: titolo vola +30% nel Day After news KKR. Rischio è ruolo politica ma Draghi per ora non agita arma golden power

22 Novembre 2021 13:14

Titolo TIM sotto il radar degli investitori globali, all’indomani della conferma dell’intenzione del fondo americano KRR di lanciare un’Opa sul 100% delle azioni ordinarie e di risparmio del gruppo, per 0,505 euro per azione: una proposta che è a premio del 46% rispetto al valore a cui il titolo ha chiuso la sessione di venerdì scorso. E una proposta che assegna a Telecom Italia un valore di 11 miliardi di euro, rispetto a una capitalizzazione di mercato che, vittima di una carrellata di sell off sul titolo, è scesa a 7,5 miliardi di euro.

L’offerta è anche superiore al massimo in 52 settimane di 47 centesimi circa, raggiunto dall’azione nel mese di marzo.

A Piazza Affari il titolo TIM in avvio di seduta non è riuscito a fare prezzo, con un rialzo teorico pari a +31%.

Successivamente, è entrato nelle contrattazioni di Borsa mettendo a segno un rally fino a +26,2% a 0,4371 euro, valore che rimane tuttavia ben inferiore a quello offerto dal fondo made in Usa.

A questo punto, bisognerà vedere come si muoveranno i principali azionisti di TIM, che sono il colosso francese dei media Vivendi, con una partecipazione di quasi il 24% e lo Stato italiano, tramite Cassa Depositi e Prestiti, che detiene una quota di circa il 10%.

Mentre già ovunque si inizia a parlare di rischio svendita di TIM, il Mef si è già fatto avanti con una nota in cui si legge che “il Governo prende atto dell’interesse per Tim manifestato da investitori istituzionali qualificati”, aggiungendo che “l’interesse di questi investitori a fare investimenti in importanti aziende italiane è una notizia positiva per il Paese. Sarà il mercato a decidere, precisa il Tesoro, che tuttavia indica come paletti “il rapido completamento della connessione con banda ultralarga, secondo quanto prefigurato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con gli investimenti necessari nello sviluppo dell’infrastruttura”, e “la salvaguardia e la crescita dell’occupazione”.

La stessa TIM ha affermato che la proposta presentata dal fondo è subordinata a un periodo di due diligence della durata di quattro settimane e all’ok del governo italiano, che con il potere di veto di cui dispone potrebbe bloccare l’operazione di takeover.

Per ora la proposta degli americani “è non vincolante e indicativa” e soprattutto amichevole. Il Tesoro ha reso noto tra l’altro che la vicenda sarà monitorata da un “Gruppo di lavoro composto dagli esponenti di Governo titolari delle competenze istituzionali principalmente coinvolte, oltre che dalle Amministrazioni e da esperti”. Draghi non sembra aver fretta di agitare subito l’arma del golden power.

Con offerta Kkr su Tim torna alla ribalta dossier rete unica?

Nel commentare la mossa americana il Financial Times scrive che “l’offerta per il gruppo italiano è l’ultimo segnale dell’interesse, da parte del private equity, nei confronti del settore europeo delle tlc. I fondi stanno cercando di separare i business, in particolare le reti dal business rivolto ai consumatori, per estrarre valore o per migliorare la performance dei gruppi”.

E qui si innesta il famoso dossier, che nelle ultime settimane se non mesi è sembrato essere se non accantonato sicuramente non in cima alle priorità del governo Draghi: quello della rete unica, rilanciato nelle ultime ore dal segretario della Cgil Maurizio Landini.

Il dossier rete unica, sponsorizzato dal precedente esecutivo di Giuseppe Conte, è (era?) teso a far convolare a nozze FiberCop e Open Fiber creando una unica entità controllata da TIM.

Secondo i piani di Conte le nozze tra FiberCop e Open Fiber avrebbero dato vita a una nuova entità, Access Co, con la maggioranza azionaria di Telecom Italia, che avrebbe avuto il controllo dell’intera fibra ottica in Italia.

FiberCop, partecipata da TIM (58%), da KKR (37,5%) e da Fastweb, ha lo scopo di realizzare l’ultimo miglio in fibra ottica, sostituendo la vecchia rete in rame.

Open Fiber è fresca dell’annuncio della cessione della partecipazione del 50% nel suo capitale detenuta da Enel a Cassa Depositi e prestiti (Cdp) e al fondo australiano Macquarie: operazione con cui CdP vede la sua quota in Open Fiber salire al 60% con il 10% in più e Macquarie detenere una partecipazione del 40%.

Proprio il rafforzamento di CdP in Open Fiber è stato interpretato come il passo in avanti da compiere affinché si potesse procedere poi alla fusione degli asset di Open Fiber con quelli di FiberCop, anche se qualche giorno fa un articolo di Repubblica smontava chi scommetteva sulle nozze, laddove scriveva che Bruxelles aveva assicurato l’ok della Commissione Antitrust Ue a  patto che il governo Draghi garantisse il suo no alla rete unica. (e comunque già prima dell’autorizzazione gli analisti si erano interrogati sulla fattibilità stessa della suddetta rete).

Con la mossa di KKR, il Corriere della Sera – che ha anticipato la notizia bomba per primo – non ha escluso che Draghi vada oltre e apra “un tavolo per discutere dell’assetto generale della rete, in un’ottica che potrebbe anche portare a una sorta di nazionalizzazione sotto il cappello della Cassa depositi e prestiti, azionista con il 10% di Tim e con il 60% di Open Fiber, l’altra società che sta costruendo in Italia la rete in fibra ottica”.

Detto questo, secondo l’FT, il governo Draghi non rinuncerà sicuramente alla supervisione di quegli asset di Telecom Italia che considera “strategici”, come la rete primaria di Telecom Italia e Sparkle, quest’ultima, come ricorda il sito Formiche.net società del gruppo che “possiede e gestisce una rete di cavi in fibra di oltre 600.000 chilometri che fa il giro del mondo e partecipa in molti dei principali cavi sottomarini del mondo, sui quali passano il 99% del traffico delle comunicazioni internazionali e 10 miliardi di dollari di transazioni finanziarie ogni giorno”.

Da segnalare che il fermento sulla rete unica tra gli investitori era stato rinfocolato proprio agli inizi del mese dopo alcuni rumor rilanciati da Bloomberg.

Le indicrezioni avevano scatenato le speculazioni sulla possibile decisione del ceo di Telecom Luigi Gubitosi di rinunciare al controllo della rete per rilanciare l’accordo con Open Fiber. In particolare, lo scorso 4 novembre un articolo de La Stampa riprendeva quanto scritto da Bloomberg:

“Nei piani, Tim conserverebbe una partecipazione di minoranza nella nuova società che nascerebbe dal matrimonio tra FiberCop (rete secondaria) e Open Fiber. Secondo le case di investimento, tale sviluppo sarebbe positivo per Tim perché aumenterebbe la probabilità di un accordo sull’asset e consentirebbe a Tim di deconsolidare FiberCop con un beneficio sia in termini di debito che di capex se faciliterebbe un ulteriore accordo che contemplerebbe il conferimento di tutta la rete fissa nella nuova entità”. Il cda straordinario dello scorso 11 novembre aveva lasciato tuttavia a bocca asciutta quegli investitori che già avevano pregustato l’arrivo di novità sulla rete unica. “Non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o altri asset strategici”, si leggeva nel comunicato.

Equita SIM: reazione partiti politici punto chiave da valutare

Così Equita SIM nella nota odierna con cui commenta le novità emerse su TIM. Nel ribadire l’intenzione preliminare e non vincolante (da parte del fondo Usa) di lanciare un’offerta sul 100% di TIM”, così come “la presentazione dell’offerta è soggetta a 4 settimane di due diligence confermativa e all’autorizzazione dei principali stakeholder governativi”, la SIM milanese spiega che il “deal valuterebbe TIM 5.7 volte l’ EV/EBITDA 2021-2022, 14-12 volte EV/(EBITDA-CAPEX) e 13-11 volte Adj PE, ben sopra il nostro fair value (0,32PS ord. e 0,34PS sav.)”.

Equita sottolinea anche che “KKR avrebbe già sondato il governo, non ricevendo opposizione al deal anche se il Golden Power potrebbe ancora porre vincoli su rete fissa e Sparkle (rete internazionale)”: di fatto, “le dichiarazioni del governo sono al momento favorevoli”.

Il nodo è la politica, insieme, ovviamente, alla posizione che gli azionisti decideranno di prendere:

La reazione dei partiti politici è invece a nostro avviso il punto chiave da valutare, così come quella degli azionisti. Vivendi (23,9%) detiene oggi un potere di veto di fatto sulleoperazioni straordinarie. Pensiamo che possa essere tentata di accettare l’offerta negoziando la migliore uscita possibile. Tuttavia finora ha commentato che è improbabile che sostenga l’offerta”, anche perché, vale la pena di ricordare, come i francesi di Vivendi avessero rilevato il 24% circa che detengono attualmente in Telecom Italia a 1,03 euro, fattore che, secondo l’analista di Bloomberg Intelligence Erhan Gurses potrebbe creare “un ostacolo insormontabile”.

Riguardo invece al secondo maggiore azionista di TIM, ovvero CdP, che detiene una quota pari al 9,8%, se “accettasse l’offerta di KKR, eliminerebbe l’impasse strategica di avere una posizione sia in TIM che in Open Fiber, rimanendo esposta solo a Open Fiber e mantenendo l’opportunità di rilanciare il progetto rete unica, soprattutto se KKR fosse a favore di una scissione della rete o fosse costretto a cedere il controllo della rete per il Golden Power”.

Equita conclude scrivendo di ritenere che “offerte competitive siano improbabili data la complessità della situazione, anche se altri fondi stanno valutando il dossier secondo Bloomberg (CVC, Advent) e quindi non sono da escludere, anche alla luce della posizione di apertura del governo”.

Sul nodo della politica parlano anche gli analisti di UBS, in un nota riportata dal Sole24 Ore- Radiocor, in cui comunicano che la valutazione sul titolo Tim, che era ‘sell’, e’ “in corso di revisione” dopo la manifestazione di interesse da parte del fondo Kkr per il 100% di Telecom Italia.

“Quali potrebbero essere gli ostacoli all’offerta di Kkr? – si chiedono e chiedono gli analisti di UBS – Riconosciamo che alcune condizioni devono essere soddisfatte e alcuni ostacoli superati, tuttavia l’offerta di Kkr sembra avere solide basi”. Il premio è ad esempio, “al di sopra della maggior parte dei recenti delisting registrati nel settore delle telecomunicazioni nell’Ue”. Telecom Italia, ricorda Ubs, è inoltre “soggetta ai poteri speciali del Governo” e non si esclude “che alcuni partiti politici possano opporsi all’operazione. Tuttavia notiamo come il governo Draghi abbia una forte cultura di mercato e vediamo spazio per trovare un terreno comune tra il Governo e il fondo sulla rete di accesso fissa”. Quanto a Vivendi, primo socio di Tim, Ubs sottolinea che “secondo la stampa Vivendi sta lavorando su una potenziale controfferta. Al momento la visibilità è limitata, notiamo che Kkr può sfruttare le sue credenziali forti e la sua partecipazione del 37,5% in FiberCop”. Riguardo alle prospettive di successo per l’azienda, “al momento non c’è visibilita’ sul piano di Kkr, tuttavia notiamo che un fornitore di capitale privato esperto come Kkr potrebbe rivelarsi una soluzione migliore per supportare il turnaround di Telecom Italia”. grazie “al suo lungo orizzonte di investimento, alle sue ampie risorse finanziarie e alla flessibilita’ extra consentita dal delisting” previsto nella manifestazione di interesse presentata dal fondo.

La reazione dei politici su TIM

In tutto questo la politica si fa sentire.

Così Matteo Salvini, leader della Lega, interpellato da Affaritaliani.it: “A Tim, e quindi all’Italia, servono un partner ed un piano industriale che valorizzino e rafforzino l’azienda, non un’operazione finanziaria che rischia di portare ad uno spezzatino di una realtà così importante per il Paese”.

Ieri l’ex presidente del Consiglio e leader del M5S Giuseppe Conte si è così espresso:

“Su Tim il Governo mantenga altissima la guardia, assicurando la migliore protezione di interessi nazionali e asset che rappresentano una colonna portante di crescita, sviluppo e progresso tecnologico del Paese. M5s anche per le garanzie sui livelli occupazionali è in prima linea”.

Antonio Misiani, responsabile Economia e finanze nella segreteria nazionale del Pd, ha scritto su Twitter: “Le reti tlc sono un asset strategico del Paese e un punto chiave del PNRR. Per questo il futuro di TIM va seguito dal Governo con la massima attenzione, rapportandosi con il Parlamento e mettendo al centro l’occupazione e la sicurezza nazionale”.

FdI punta sull’italianità del gruppo (che tanto italiano non è però più):

“Il Governo Draghi garantisca la massima attenzione alla tutela degli interessi nazionali nel settore delle telecomunicazioni. Tim è un’azienda strategica per la nazione e come tutti i ‘gioielli’ industriali va tutelato dall’acquisto di società straniere. Il Parlamento sia centrale nell’applicazione delle norme sul Golden power: il governo riferisca in Parlamento”.

Confronto con il Parlamento chiesto anche dal senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri:

“Nel pieno rispetto delle regole di mercato non si può trascurare il fatto che all’interno di Tim c’è la rete di telecomunicazione strategica per il Paese. C’è quindi da augurarsi che ogni scelta venga valutata con grande attenzione. Del resto l’instabilità di Tim, con passaggi di proprietà molteplici nel corso degli anni, ha indebolito l’Italia in un settore strategico. E, lo ribadisco, la rilevanza della rete impone al governo una grande attenzione a questa vicenda. Il mercato è il mercato e va rispettato, ma strutture fondamentali per il futuro del Paese, soprattutto in una fase di transizione tecnologica accelerata dalla drammatica vicenda della pandemia, impongono una massima cautela. Su questo tema ci si dovrà confrontare non solo nell’ambito del governo ma anche nell’ambito parlamentare”.