La svolta del QE3? Sì, ma non da Jackson Hole
L’ok a un nuovo piano di quantitative easing, l’acquisto di titoli di Stato a lungo termine, torna prepotentemente al centro del dibattito di analisti, trader ed economisti.
Dodici mesi fa la Federal Reserve aveva annunciato proprio dalle montagne del Wyoming il cosiddetto Quantitative Easing 2 (QE2) per 600 miliardi di dollari, poi partito tra ottobre e novembre 2010. Da quell’annuncio l’indice S&P500 aveva guadagnato, fino ai massimi del maggio scorso, circa 30 punti percentuali, mettendo fine a una tormentata fase di debolezza.
Quante probabilità ci sono che si possa assistere a un revival di allentamento quantitativo ora che l’economia americana si trova nuovamente a convivere con crescenti rischi di recessione e con un peggioramento delle condizioni sui mercati finanziari?
Venerdì il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, terrà un attesissimo discorso alle 16.00 ora italiana, e nonostante i rendimenti sui Treasury ai minimi di sempre indichino una scommessa del mercato per un nuovo QE, gli analisti che per primi si sono cimentati nel formulare previsioni, quelli di Société Générale e di Goldman Sachs, invitano alla prudenza, o almeno a non attendersi un QE classico.
In una nota pubblicata oggi gli analisti di SocGen spiegano che prima di arrivare a un QE3 la Fed metterà in campo tutte le armi convenzionali e soprattutto degli strumenti meno controversi. In questo senso è considerato più probabile l’innalzamento della duration media dei titoli nel portafoglio della Fed. Un’altra opzione vaglitata da SG è la modifica del bilancio della Fed attraverso la promessa di non ridurre la quantità di titoli in portafoglio prima del 2013 o mediante il mantenimento dell’esposizione attuale almeno fino al 2013. Una misura, quest’ultima, che “aprirebbe le porte” al QE3.
Anche gli analisti di Goldman Sachs si aspettano che Bernanke delineerà ulteriori opzioni d’allentamento, e come nel caso di SG ritengono più probabile un cambiamento alla composizione del bilancio della banca centrale piuttosto che una sua espansione. “Se usato aggressivamente, questo approccio può avere un impatto significativo”, spiegano da Goldman. Naturalmente c’è anche l’altra faccia della medaglia: “Basandoci sulle nostre conversazioni con i clienti – aggiungono gli analisti- gli investitori sarebbero davvero molto sorpresi se il discorso (di Bernanke, ndr) non includesse una discussione sull’acquisto di titoli”.