Notizie Notizie Italia La sterlina ci mette poco ad azzerare le perdite

La sterlina ci mette poco ad azzerare le perdite

Pubblicato 8 Luglio 2014 Aggiornato 5 Luglio 2019 15:01

Dura poco l’effetto ribassista sulla sterlina. Penalizzata dall’aggiornamento relativo la produzione industriale, la sterlina ci ha messo poco ad azzerare le perdite. Nel corso del mese di maggio la produzione industriale è scesa dello 0,7% mensile portando l’indice annuo al +2,3% mentre il dato relativo il manifatturiero ha evidenziato una contrazione dell’1,3% mensile (+3,7% annuo).

Anche in scia del massimo da sette mesi fatto segnare a giugno dall’indice Pmi a 57,5 punti, le vendite sulla divisa d’oltremanica sono durate poco e attualmente una sterlina viene scambiata a 1,7118 dollari Usa e a 79,426 centesimi nel cross con l’euro. “Abbiamo i nostri dubbi sui numeri diffusi oggi alla luce della forza dell’occupazione (nel comparto industriale, ndr), dei massimi da 40 anni della fiducia del manifatturiero e degli alti livelli degli ordinativi”, ha detto James Knightley di Ing. In questo contesto, “non ci sorprenderebbe una revisione di questi dati e/o un forte rimbalzo a giugno”.

Secondo Camilla Sutton, n.1 degli strategist valutari di Scotiabank, gli indicatori tecnici di breve sono rialzisti visto che “tutti gli studi ci segnalano un rischio rialzista e nel breve termine” e quindi “ci attendiamo una rottura dei recenti massimi fatti segnare a 1,718 usd”. Nel caso del cross con l’euro Vincenzo Longo di IG rileva che il primo supporto odierno è fissato “sui minimi di ieri a 79,15, al di sotto del quale questo cross andrebbe ad aggiornare i minimi da settembre 2012”. Secondo l’espetto sembra evidente che il cambio possa raggiungere i bottom assoluti del 2012 a 77,6, “resta da capire solo se a questo livello la corsa proseguirà o meno”.

Nell’ultimo anno la sterlina ha evidenziato un incremento dell’11%, la performance migliore tra le 10 valute comprese nel Bloomberg Correlation-Weighted Indexes, grazie al convincimento che la Bank of England sarà la prima tra le maggiori banche centrali a incrementare il costo del denaro.