Stephen Roach su protezionismo: “Trump sta mordendo la stessa mano che nutre l’America”

Lui è Stephen Roach, economista americano, docente senior presso il Jackson Institute for Global Affairs, ex capo economista di Morgan Stanley ed ex presidente di Morgan Stanley Asia. In un’opinione pubblicata su Project Syndicate, Roach avverte che “la guerra commerciale rischia di trasformarsi da iniziale conflitto a una battaglia combattuta in modo molto più acceso, con l’economia che potrebbe finire con l’affossare Trump“.
Stephen Roach fa un gioco di parole, laddove scrive “economics will ultimately trump Trump“.
Questo, mentre arriva l’alert di Moody’s, che avverte che le tariffe punitive che l’America ha deciso di imporre sulle importazioni di auto avranno effetti che andranno a ripercuotersi sull’intero settore, a causa di problemi che colpiranno la filiera globale.
E i colossi Usa General Motors e Ford che, in modo particolare, dipendono dal Messico e dal Canada, soffriranno anch’essi, secondo l’agenzia di rating.
Stephen Roach: Trump morde la mano che nutre gli Usa
Al presidente americano e alla politica pericolosa che sta perseguendo, l’economista non risparmia critiche. Trump, scrive Roach, “si sta fissando su soluzioni bilaterali, quando il problema è multilaterale“: di fatto, “accusa la Cina per il deficit commerciale che gli Stati Uniti hanno verso 102 paesi”.
Roach ricorda anche le parole con cui Trump ha spiegato la decisione di rifiutarsi di firmare il comunicato del G7: quelle con cui ha detto chiaramente che gli Usa sono “un salvadanaio che tutti stanno derubando” attraverso pratiche commerciali scorrette.
“Ma i salvadanai – ricorda Roach – esistono per metterci dentro i risparmi quando, invece, nel primo trimestre di quest’anno il tasso di risparmio nazionale dell’America, su base netta, è stato pari ad appena l’1,5% del reddito nazionale”. Insomna, “alla fine non è che ci sia molto da rubare (all’America)”.
“Si può dire la stessa cosa riguardo alla politica fiscale adottata. I tagli alle tasse inaugurati, così come l’aumento della spesa pubblica – entrambe misure che faranno lievitare il deficit – non hanno senso per una economia vicina a raggiungere il picco del ciclo di business e caratterizzata da un tasso di disoccupazione pari al 3,8%”.
E “con l’Ufficio di budget del Congresso che prevede che il deficit federale si attesterà in media al 4,2% del Pil da ora fino al 2023, i risparmi degli americani saranno messi sempre più sotto pressione, con il risultato che l’economia avrà sempre più bisogno dei risparmi esteri, fattore che farà salire ancora di più il deficit”. Una situazione di circolo vizioso, insomma.
Nonostante ciò, continua Stephen Roach, “Trump sta alzando i dazi doganali, mordendo praticamente la stessa mano che sta dando da mangiare agli Usa”.
Tutto questo, nell’ambito di una logica ben precisa in cui l’economia americana non è il fine, ma il mezzo.
Fin dall’inizio, ricorda infatti l’economista, il presidente ha promesso “Make America Great Again”, ovvero ha promesso di far ritornare grande l’America. Ed è in tal senso che bisogna leggere le sue mosse.
Secondo Roach, a dispetto degli attacchi con cui si scaglia sui deficit ingiusti che l’America pagherebbe, Trump non avrebbe poi tutto questo interesse a rimettere in riga la bilancia commerciale.
“La vera sfida che la Cina rappresenta per gli Stati Uniti non ha tanto a che fare con l’economia, ma piuttosto con la corsa verso la supremazia militare e tecnologica“.
Tuttavia, è improbabile che la strategia tesa a utilizzare l’economia per coronare l’ambizione geopolitica di essere la prima al mondo in assoluto, facendo rientrare il rischio Cina, funzioni. O, per essere più precisi, una strategia del genere potrebbe funzionare solo se la Cina abbandonasse quelli che sono i principi chiave della strategia di crescita del presidente Xi Jinping: ovvero i principi dell’innovazione indigena, della supremazia tecnologica e militare, della leadership pan-regionale“.
Ma ciò non accadrà. C’è poi un altro fattore.
“Contrariamente a Trump – conclude Stephen Roach – Xi conosce il legame che esiste tra l’economia e il potere geostrategico. Trump ritiene che sia semplice vincere le guerre commerciali, ma rischia non solo di sottovalutare il suo avversario, ma anche di sopravvalutare la forza dell’America“.
Per questo, potrebbe essere quella stessa economia che sta ostinatamente utilizzando come strumento per diventare più potente nella sfera geopolitica, a metterlo, alla fine, KO.