Notizie Notizie Mondo Stati Uniti: default poco probabile, taglio del rating molto di più

Stati Uniti: default poco probabile, taglio del rating molto di più

27 Luglio 2011 10:27

Stati Uniti: default poco probabile, taglio del rating molto di più


Negli Stati Uniti prosegue senza alcun risultato concreto l’acceso dibattito politico tra repubblicani e democratici sui piani di riduzione del deficit. L’accordo tra le parti è condizione necessaria per il via libera all’innalzamento del tetto legale al debito statunitense, attualmente al 98,6% del Pil e pari a poco più di 14mila miliardi di dollari. Il dipartimento del Tesoro ha indicato come data limite il 2 agosto. In mancanza del provvedimento gli Stati Uniti saranno costretti a sospendere i pagamenti per mancanza copertura finanziaria. Molti analisti ritengono tuttavia che l’effetto non sarà immediato e che il vero ed eventuale default arriverebbe solo una decina di giorni più tardi.


Secondo questo schema verrebbero onorati i pagamenti del 3 agosto, 23 miliardi per la sicurezza sociale e del 4 agosto quando giungerà a scadenza debito federale per 90 miliardi di dollari. Rimangono poco meno di 200 miliardi di dollari di uscite stimate per il resto del mese. Il senso di urgenza rimane comunque invariato anche se il mercato non prende in considerazione come scenario più probabile, al momento, il default. Non conviene a repubblicani e democratici correre il rischio di vedersi addossare le colpe di un evento le cui conseguenze sono solo in parte prevedibili e che coinvolgono sistema economico e sociale allo stesso tempo. Verrebbero infatti sospesi, tra gli altri, i pagamenti degli stipendi ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche e delle prestazioni pensionistiche e del sistema sanitario.


Se al momento il default rimane sullo sfondo, quali possono essere i finali che il mercato e gli analisti mettono in conto?


Il più probabile assume le sembianze di un compromesso da politica italiana o, dopo il balletto a cui recentemente si è assistito sulla questione del salvataggio della Grecia, europea. Il tetto al debito verrà elevato, probabilmente in extremis, con un intervento non sostanziale sul deficit. I democratici rinuncerebbero all’incremento delle tasse mentre verrebbero ridotte le spese per circa 1,5-2 mila miliardi di dollari. La sterzata decisiva per rimettere in carreggiata i conti federali viene in questo caso rimandata al 2012, dopo la fine del mandato presidenziale di Barack Obama. La soluzione di massimo compromesso eviterebbe il default ma non il downgrade del rating sovrano degli Stati Uniti dal livello tripla A.

Il secondo scenario considera possibile un accordo tra democratici e repubblicani per un intervento strutturato sul deficit già dall’anno in corso. Entrambi dovrebbero accettare parte delle richieste dell’opposta parte politica. I repubblicani un aumento delle tasse, i democratici una riduzione della spesa sociale. Lo scenario è l’unico in grado di evitare, oltre al default, il taglio del rating possibile nel giro di sei mesi. La probabilità di un simile accordo appare al momento tanto lontana quanto quella che si verifichi la terza ipotesi, il default.

 

La conseguenza sarebbe la sospensione dei pagamenti e quindi della spesa pubblica. Il default tecnico per superamento del limite legale alla spesa pubblica lascerebbe invariata la necessità di rientro del deficit con tagli ancora più dolorosi e immediati. La condizione sarebbe aggravata da una sforbiciata più decisa al rating degli Stati Uniti e dalla reazione dei mercati azionari, prevedibilmente molto violenta, e obbligazionari, con ripercussioni che si estenderebbero all’Europa.

In caso estremo, il presidente degli Stati Uniti potrebbe utilizzare il potere costituzionale di elevare autonomamente il tetto al debito. Soluzione che consentirebbe unicamente di guadagnare qualche mese di tempo. Anche in questo caso il rating tripla A verrebbe meno e la discussione tra le anime politiche dell’America su come intervenire sul deficit rimarrebbe accesa.


L’unica vittima sacrificale praticamente certa è quindi il rating. La tripla A ha un’unica possibilità di essere messa in salvo. Steven Hess, vice-presidente di Moody’s lo ha più volte sottolineato prospettando il taglio in caso di mancanza di un piano a lungo termine di riduzione del debito. Vale la pena di ricordare che lo scorso anno l’agenzia di rating cinese Dagong ha limato il merito di credito degli Stati Uniti e che quest’anno è stata Egan-Jones, una piccola agenzia di rating indipendente degli Stati Uniti, a portare il rating degli Usa ad AA+. La reazione del mercato al palesarsi di un taglio (ormai considerato probabile) non accompagnato dal default, potrebbe non essere eccessiva. Le conseguenze sarebbero ugualmente preoccupanti in quanto verrebbe colpito il termine di paragone principale, finora indenne anche alle tensioni che hanno attraversato il Vecchio continente. I Treasury bond, il porto più sicuro, non sarebbero più tali e i riflessi si farebbero sentire su aziende americane, istituti finanziari, detentori di debito statunitense.