Inflazione Pce core Usa non cala a ottobre e rafforza prudenza Fed
Il pce core statunitense, la misura di inflazione preferita della Fed, conferma le attese a ottobre con un aumento mensile dello 0,3% e un’accelerazione su base annua dal 2,7% al 2,8%. La mattinata americana è stata scandita da una serie di dati macro, tra cui la seconda lettura del Pil del terzo trimestre e le richieste di sussidi di disoccupazione: ecco come sono andati.
Inflazione Pce core accelera al 2,8%
Nessuna sorpresa dal rapporto mensile di ottobre sull’indice dei prezzi di spesa per consumi personali, attentamente monitorato dalla banca centrale americana per le sue scelte di politica monetaria.
Il Pce core, calcolato al netto dei costi energetici e alimentari, segna un incremento dello 0,3% rispetto a settembre, in linea con il consensus e con il mese precedente. Su base annua, l’indicatore ha evidenziato un ritmo di crescita in aumento dal 2,7% al 2,8%, confermando le stime.
Il deflatore Pce che include tutte le componenti di spesa è salito invece dello 0,2% congiunturale e del 2,3% tendenziale (da 2,1% di settembre), in linea con le aspettative degli analisti.
Funzionari Fed restii a tagliare i tassi
Nel complesso, l’indicatore chiave segnala un’inflazione ancora vischiosa, alimentando i dubbi sulla necessità della Federal Reserve di tagliare i tassi a dicembre.
I verbali dell’ultima riunione di novembre, diffusi ieri sera, hanno mostrato una certa cautela da parte dei funzionari, incerti sul bisogno di ridurre i costi di finanziamento fintantoché il mercato del lavoro rimane resiliente e l’economia continua a espandersi. La crescita occupazionale si è leggermente attenuata, ma altri indicatori segnalano un’economia resiliente e una diminuzione delle probabilità di recessione.
Attualmente, le previsioni del mercato monetario assegnano una probabilità di circa il 70% ad un taglio di 25 punti base il 18 dicembre, nell’ultima riunione del 2024. Inoltre, le proiezioni su ulteriori riduzioni nel corso del 2025 sono scese a circa 75 bp entro la fine del prossimo anno (tre tagli da 25 bp), in netto calo rispetto a 250 bp stimati a settembre.
Pil Usa 3Q conferma crescita del 2,8%
In giornata sono stati diffusi anche alcuni dati rilevanti sulla crescita e sul mercato del lavoro. La seconda lettura del prodotto interno lordo mostra un ritmo di crescita annualizzato del 2,8% nel terzo trimestre (dal 3% del secondo trimestre), grazie a investimenti aziendali costanti e a una forte spesa da parte dei consumatori (+3,5%, massimo di quest’anno). Quest’ultima, tuttavia, è stata rivista al ribasso dal 3,7% della prima lettura preliminare, riflettendo una minore spesa per le merci.
Il rapporto mostra che malgrado le sfide legate alle persistenti pressioni sui prezzi, gli elevati costi di finanziamento e l’incertezza politica prima delle elezioni, l’espansione economica degli Usa è rimasta solida.
Ora che il ritorno di Trump alla Casa Bianca è diventato una certezza, molti temono che le politiche del presidente (come i dazi già annunciati contro Cina, Messico e Canada) possano far aumentare nuovamente i prezzi e penalizzare la crescita globale.
Gli economisti di Deutsche Bank prevedono che le tariffe, se pienamente implementate, possano far risalire il Pce core al 3,7% nel 2025 (rispetto al 2,3% previsto prima della vittoria di Trump).
Mercato del lavoro sotto osservazione della Fed
Diffusi oggi anche i dati sui sussidi di disoccupazione. Le richieste iniziali sono rimaste pressoché invariate su livelli storicamente bassi (213 mila).
Tuttavia, le domande in corso, che tracciano la quantità di persone beneficiarie di sussidi, sono salite al livello più alto dal 2021 (1,907 milioni). Questo suggerisce che i disoccupati stanno riscontrando difficoltà a trovare un nuovo lavoro.
L’attenzione, per quanto riguarda il mercato del lavoro, è già proiettata ai prossimi dati su nonfarm payrolls, disoccupazione e salari del prossimo 6 dicembre.