Sostenibilità debito: la certezza italiana è il dubbio dell’agenzia Scope Ratings
Sostenibilità del debito, debito sostenibile e così via dicendo: tutti coloro che hanno ricoperto lo scranno più alto – ma anche più basso- di Via XX Settembre (Ministero dell’economia) o di Palazzo Koch (sede di Bankitalia), così come i vari ex premier, vicepremier, tecnici e non tecnici vari, hanno proferito così tante volte queste parole, da averle trasformate in un mantra. Almeno in apparenza, tutti hanno sempre detto di essere convinti della sostenibilità del debito italiano. E non bisogna andare tanto indietro nel tempo:
17 giugno 2010, Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia: Il sistema italiano è “molto sostenibile”. Pesa l’eredità del grande debito pubblico ma il nostro è anche il Paese con la grande ricchezza del risparmio delle famiglie, delle imprese con pochi debiti e del sistema pensionistico ‘stabile’.
21/2/2017, Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia: Sui mercati finanziari non ci sono “dubbi” sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, ma solo prezzi, incorporati nell’andamento dello spread Btp/Bund, che ultimamente “si è stabilizzato”.
20/11/2019, Carlo Messina, AD Intesa SanPaolo: “Ritengo che il debito pubblico del nostro Paese non corra alcun rischio di sostenibilità. Per questo motivo non vediamo ragioni per cui la modifica delle modalità di funzionamento dell’Esm incida sulle nostre politiche di investimento relative ai titoli di Stato italiani”
21/11/2019: Roberto Gualtieri, ministro dell’economia: “il debito italiano è sostenibile”, a proposito del dibattito sul MES Fondo salva-stati di questi ultimi giorni.
Proprio questa sostenibilità, guarda un po’, è però in cima alle preoccupazioni di Scope Ratings, agenzia di rating tedesca che, guardando all’Italia, definisce la sostenibilità del debito il primo vincolo a cui è ancorata la sua valutazione sulle finanze pubbliche dell’Italia.
In una nota diramata qualche ora fa, in particolare, gli analisti hanno detto che, “se è vero che la manovra espansiva del 2020 sosterrà l’economia debole, aumentando il potenziale di crescita, è altrettanto vero che la stessa peggiorerà le dinamiche del debito e del budget, nel breve periodo”.
Scope prevede che la debole crescita economica, stimata al ritmo dello 0,6% nel 2020 e di appena +0,2% nel 2019, e il basso tasso di inflazione, cresciuto dello 0,2% su base annua nel mese di ottobre, sono fattori che continuano a erodere la sostenibilità del debito Italiano (Scope ha un rating BBB+ sul debito italiano, con outlook stabile).
“Per il governo di Roma, un forte dilemma è rappresentato dal continuo gap presente tra i tassi di interesse reali sul debito outstanding e i tassi reali di crescita economica, anche se l’Italia può al momento indebitarsi a tassi vicini ai minimi record“, ha commentato Dennis Shen, responsabile analista della divisione di rating sul debito sovrano dell’Italia.
“Questo differenziale impedisce al debito italiano di scendere in quanto percentuale del Pil, compensando (negativamente) l’impatto che surplus primari fiscali significativi potrebbero avere nel ridurre il debito”. E se per un eventuale miglioramento del rating italiano il vincolo principale è la sostenibilità del debito, “il più grande vincolo per la riduzione dell’elevato debito pubblico è una crescita limitata che, potrebbe essere solo dello 0,7% su base annua nel medio termine”.
Sostenibilità debito e manovra
Guardando alla legge di bilancio per il 2020, “Shen ha fatto comunque notare che la manovra fiscale per il 2020 comprende alcune iniziative incoraggianti, come il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, il sostegno agli investimenti pubblici e privati e le maggiori risorse per l’istruzione, per la scienza e l’innovazione industriale”. Tutti fattori che, a suo avviso, “aiutano a migliorare il potenziale di crescita economica dell’Italia. Ma anche qui i nei non mancano: si tratta infatti di ‘misure che avranno un impatto in un arco temporale piu lungo”, in un contesto in cui “i piani governativi italiani tendono ad aumentare i deficit e a far salire i debiti”.
“Le misure contenute nella manovra allargaranno il deficit dello 0,9% del Pil nel 2020 – principalmente a causa dell’abrogazione dell’aumento dell’Iva, pari all’1,3% del Pil, che sarà solo parzialmente compensata dal consolidamento fiscale in altri ambiti”, ha commentato Giacomo Barisone, managing director presso la divisione di rating di Scope.
Intanto, nel primo atto della carrellata di aste di fine mese che si succederanno nel corso dei prossimi giorni, ovvero nel primo atto che si è ‘consumato’ nella giornata di oggi con il collocamento dei CTZ e BTP indicizzati all’inflazione, non c’è stato alcuno dei pienoni che avevano caratterizzato le ultime emissioni. Tanto che la reazione, sul mercato dei titoli di stato secondario, è stata immediata, e lo spread ha puntato verso l’alto salendo, stando ai dati di Bloomberg, attorno ai 155 punti base, a fronte di tassi decennali in crescita all’1,17%. I movimenti non sono stati tuttavia tali da destare allarmi.
Tra l’altro, Barisone ha scritto che “in questo caso, non dobbiamo perdere di vista il fatto che il 2020 rappresenta un altro anno di espansione fiscale in Italia, in un contesto di crescita economica globale e di manovra fiscale italiana limitata”. Tale situazione, ha rilevato l’esperto, “riduce gli spazi fiscali a disposizione dell’Italia per sostenere l’economia in modo anti-ciclico in un contesto di rallentamento più severo a livello globale e dell’area euro”.
Scope Ratings ha reso note intanto le proprie stime sul deficit, che sono di un ratio pari al 2,2% del Pil per il prossimo anno, a fronte delle aspettative di budget del governo, nel 2021 e nel 2022, pari rispettivamente all’1,8% e all’1,4%, a suo avviso troppo ottimiste.
“Alla fine, c’è sicuramente una deviazione significativa rispetto alle regole dell’Ue anche considerando la volontà di Bruxelles di tollerare in qualche modo una politica più accomodante, viste le condizioni deboli dell’economia italiana e le spese extra di cui il paese ha avuto bisogno per il collasso del Ponte di Genova del 2018. Tuttavia, l’intensità della deviazione fiscale del 2020, sebbene ampia, tecnicamente non è così alta come quella a cui abbiamo assistito con la manovra per il 2019 presentata dal precedente governo italiano”.