Notizie Notizie Mondo Si risveglia l’inflazione in Europa, neanche l’Italia è immune ma agli economisti non fa paura

Si risveglia l’inflazione in Europa, neanche l’Italia è immune ma agli economisti non fa paura

4 Gennaio 2011 10:51

Suona un campanello d’allarme in Europa. L’inflazione è in crescita a dicembre nei Paesi dell’eurozona. Secondo la stima flash diffusa da Eurostat per il mese scorso il tasso di inflazione annuo è previsto del +2,2%, in aumento rispetto all’1,9% di novembre. E’ stata superata la linea Maginot, ma nessuno grida, ancora, allo scandalo. Eppure il tasso di inflazione non superava il 2%, ossia il livello di riferimento della Bce, dal novembre 2008 quando si era attestata al 2,1%. Per avere il dato finale bisognerà aspettare una decina di giorni: sarà pubblicato il prossimo 14 gennaio.


La Banca centrale potrebbe quindi ritrovarsi con un problema in più quest’anno: l’inflazione complessiva in Eurolandia potrebbe superare il famoso tetto del 2% e magari come suggeriscono le stime uscite dal cappello dell’Eurostat stamattina anche andare oltre. Uno scenario che secondo gli economisti contattati da Finanza.com non farà cambiare la strategia di gioco a Francoforte. Almeno nel breve termine. Il motivo è evidente. Niente immediato irrigidimento della politica monetaria perché incombe la crisi del debito nel Vecchio Continente e soprattutto perché all’Eurotower guardano all’andamento dell’inflazione nel medio termine, in particolare a quella di base strettamente controllabile con la politica monetaria.


Però di certo Trichet&Co. stanno seguendo da vicino gli eventuali effetti indiretti di queste pressioni inflazionistiche, nell’attuale fragile ripresa dell’economia. “Il dato è molto al di sopra delle attese di mercato, principalmente dovuto al rialzo delle materie prime. E’ quello che ci si aspettava nelle nostre idee. Questo movimento dovrebbe continuare nei primi mesi del 2011”, osserva Carmela Pace di Mps. “Se l’inflazione si confermerà sopra il 2% quest’anno non è escluso che la Bce possa ricorrere ad un aumento dei tassi di interesse a partire dalla fine del secondo trimestre 2011 nell’ordine di 25 punti base per garantire quella stabilità dei prezzi che è diventata la sua bandiera”.


“L’accelerazione dell’inflazione al 2,2% è leggermente sopra le nostre aspettative, ma avevamo avvertito dei rischi al rialzo dopo aver osservato il dato tedesco e quello spagnolo”, osserva Chiara Corsa, economista di UniCredit Research. “Quindi il dato dell’inflazione di questa mattina non è una particolare sorpresa per noi: tra i driver che hanno portato a questa accelarazione ci sono la componente food e quella dell’energy – prosegue l’esperta.


Pià avanti cosa aspettarsi? “Guardando avanti ci aspettiamo che l’inflazione si confermi stabile nei primi mesi del 2011 e da primavera contiamo di assistere a una moderazione”, risponde l’esperta, ponendo l’accento sul fatto che “siamo in una fase in cui mantenere una determinata politica monetaria è diventata baluardo della crisi del debito sovrano”. “I dati di questa mattina sono probabilmente un po’ più forti di quello che la Bce implicitamente si aspettava, ma l’inflazione resterà sotto controllo e non diventerà la variabile che spingerà l’Eurotower a fare qualche mossa sui tassi”, è l’idea dell’economista di UniCredit Research. Un view condivisa dagli esperti dell’Ufficio Studi di Intesa SanPaolo che mettono in conto che “nei primi mesi del 2011 l’inflazione possa rimanere circa stabile sui livelli di fine 2010, per calare di qualche decimo nel corso dell’anno, per una media 2011 comunque inferiore al 2%”.

 

Anche l’Italia non è rimasta immune alla febbre dei prezzi. A dicembre 2010 l’indice dei prezzi al consumo in Italia è cresciuto dello 0,4 per cento rispetto al mese di novembre e dell’1,9 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Lo comunica l’Istat, in base alle stime provvisorie, da cui emerge come gli aumenti congiunturali più significativi dell’indice si sono verificati per i capitoli Trasporti (più 1,4 per cento), Comunicazioni (più 0,6 per cento) e Ricreazione, spettacoli e cultura (più 0,5 per cento).