Investimenti american style nel 2011, per Ewing (Ignis) occhio però alle manovre della Cina
Difficile dire bye bye al sogno americano. Lo sa bene Terry Ewing, gestore di Ignis American Growth Fund, secondo cui l’azionario a stelle e strisce crescerà nel 2011, con il miglioramento della crescita economica. “C’è una varietà di elementi catalizzatori che possono spingere le performance azionarie nel breve termine”, segnala il money manager. Una è la politica fiscale. “Crediamo che il Congresso approverà un’estensione dei tagli fiscali varati da Bush, ma il Presidente Obama ha anche definito con i Repubblicani una tax holiday sui salari da 120 miliardi che dovrebbe stimolare l’economia e sostenere il mercato azionario”, osserva l’esperto, che non contento cita come supporto fondamentale per il mercato il miglioramento delle prospettive della crescita economica.
Dall’altra parte le stime sul Pil sono state riviste a oltre il 3%. “Le notizie provenienti dal mercato del lavoro dovrebbero inoltre e una crescita più elevata dell’occupazione dovrebbe dare supporto al mercato azionario, ma purtroppo non il mercato obbligazionario”, avverte. Pertanto, “nell’insieme crediamo che la crescita del mercato sarà guidata da una crescita dei profitti migliore delle aspettative di oltre il 10%, una performance solida dei margini, una ripresa del settore finanziario, dal sostegno da parte dei mercati emergenti e dal passaggio dai bond alle azioni da parte degli investitori”.
Non sarà comunque solo Wall Street ad approfittare di questi fattori, anche il dollaro si ritaglierà il suo spazio. Lo farà secondo Ewing rafforzandosi contro l’euro e la sterlina, “in quest’ultimo caso a causa del rallentamento dei consumi conseguente al Natale – che dovrebbe rendere più attraenti le azioni Usa per gli investitori in sterline”. A suo avviso il rischio è che il dollaro e i rendimenti obbligazionari aumentino troppo velocemente, cosa che dovrebbe disturbare l’economia globale. “Comunque, la politica di QE dovrebbe agire da controllore per entrambi”.
In agguato – segnala ancora l’esperto – ci sono altri due ulteriori fattori di rischio che arrivano da oltreoceano. “Il primo è che gli sforzi delle autorità cinesi per smorzare l’inflazione – con l’imposizione di limiti ai prestiti e con l’innalzamento dei tassi di interesse – finiscano per ostacolare la domanda. Il secondo è che un ulteriore indebolimento dei bond dei paesi periferici europei possa intaccare la propensione al rischio”, elenca. “Ma vale la pena notare quanto segue. Questo è il terzo anno sia per quanto riguarda il ciclo presidenziale, sia per quanto riguarda la ripresa economica. Si contano solo altre cinque occasioni negli ultimi 111 anni in cui si sono verificati entrambi questi eventi nello stesso anno e nell’insieme hanno prodotto un rendimento medio del 21%”, avverte. Accadrà anche questa volta? E’ una domanda che resta, al momento, senza risposta. Fra dodici mesi l’ardua sentenza.