Scandalo Montepaschi: Viola, nessun nuovo socio in arrivo. Le opere d’arte restano in Fondazione
La volatilità non sembra voler abbandonare il titolo del Monte dei Paschi di Siena. Anche oggi l’azione, all’indomani del tonfo di quasi il 5%, ha svettato sul Ftse Mib con un rialzo del 3,22% a 0,2279 euro.
Da La Repubblica sono sorti i primi malumori all’interno della Fondazione Mps per le dichiarazioni rilasciate dal presidente della banca senese, Alessandro Profumo, il giorno dopo l’agitata assemblea di Rocca Salimbeni. Durante l’intervista al Sole 24 Ore, Profumo si era detto pronto ad accogliere nell’istituto toscano un socio di lungo termine. Dalle colonne del quotidiano romano, Palazzo Sansedoni, per bocca di un consigliere, ha chiesto che all’ente venga concesso maggior tempo prima della ricapitalizzazione della banca. Maggior tempo quindi per la vendita di almeno l’1,4% di Mps che potrebbe arrivare fino al 10% se ce ne fosse bisogno.
Sull’eventuale arrivo di un nuovo partner si è espresso anche l’amministratore delegato di Rocca Salimbeni, Fabrizio Viola, dichiarando a Radio24 che nuovi soci pronti ad investire per il momento non ce ne sono, augurandosi allo stesso tempo che in tempi brevi possa esserci l’interesse di soci finanziari stabili e di qualità per la banca. Non solo. Secondo il manager il deprezzamento di Mps in Borsa è sintomo del fatto che ancora il mercato non crede a quello che potrà essere il miglioramento dei fondamentali implicito nel piano industriale.
E’ indubbio che le vicende che hanno caratterizzato i giorni scorsi hanno avuto un effetto sull’andamento del titolo. Non poteva che essere così, ha spiegato Viola. Il contraccolpo emotivo, le notizie che sono apparse sui giornali, i riferimenti quotidiani e continui alle questioni giudiziarie ovviamente non potevano non avere effetti sulla quotazione del titolo bancario. Quello che posso dire – ha concluso – è che dal punto di vista gestionale la banca sta continuando a operare assolutamente in modo regolare, e devo dire con grande sforzo da parte di tutti, primi fra tutti i dipendenti, che sono evidentemente tutti i giorni messi alla prova e stanno dimostrando un grande attaccamento e una grande professionalità.
Sempre dalla Fondazione è giunta la smentita sulle indiscrezioni, riportate da La Repubblica, circa l’ipotesi di sacrificare la collezione di opere d’arte per ripristinare almeno per un anno la liquidità che, secondo il quotidiano potrebbe esaurirsi entro la metà del 2013. “Si tratta di un progetto – recita una nota – che nel corso degli anni, grazie ad un costante impegno e ad un’attenta ricerca, ha lodevolmente permesso di riportare a Siena capolavori legati in qualche modo al territorio senese e che nel corso dei secoli erano andati dispersi. Si tratta di un patrimonio artistico che la Fondazione ha intenzione di far conoscere meglio e di valorizzare da un punto di vista artistico e per il quale si stanno ipotizzando iniziative in tal senso”. Secondo le voci, l’Ente avrebbe infatti interrogato la primaria casa d’aste Sotheby’s per un potenziale prestito internazionale delle opere che sarebbe stimate in circa 7,6 milioni di euro. Sotheby’s che, scrive il giornale, cercherebbe eventuali compratori esteri realizzando così un corrispettivo ben maggiore dei 7,6 milioni di valutazione.
La permanenza di Giuseppe Mussari ieri in Procura, nel frattempo, è durata giusto il tempo di dichiarare che oggi non avrebbe risposto alle domande dei pm. Secondo quanto riportato dalle maggiori agenzie di stampa, l’ex presidente dell’Abi ed ex numero uno di Mps, per bocca del suo avvocato difensore, Fabio Pisillo, si è detto pronto a rispondere a tutte le domande dei sostituti procuratori di Siena sulla vicenda dell’acquisizione di Antonveneta ma non oggi, vista l’assenza dell’altro difensore, Tullio Padovani.
Oggi l’attesa invece, scrive Repubblica, sarebbe per la presentazione della Consob in Parlamento di una relazione che ricostruirebbe tutta l’azione di controllo che l’Authority ha svolto sull’istituto toscano dal 2007 ad oggi, sulla falsa riga di quanto fatto da Banca d’Italia prima dell’audizione del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, davanti alle commissioni riunite di Camera e Senato.