Salvini: manovra aggiuntiva? ‘Fantasie Confindustria’. Altre promesse, ma Tria dice no flat tax
Non solo flat tax. Nessuna patrimoniale o tassazione sul risparmio dal governo M5S-Lega: in occasione del Festival del Lavoro in corso a Milano, il ministro dell’Interno Matteo Salvini torna a snocciolare una serie di promesse agli italiani, scatenando l’ovazione dei presenti, nel dire “no anche a spesometro, redditometro, studi di settore, fatture emesse e incassate“. Questo, per trasformare l’Italia in “un Paese più bello dove vivere, fare impresa e fare il pensionato invece che in Portogallo“.
Salvini è tornato anche sul tema della flat tax: “Mi piacerebbe dare un primo segnale concreto per partite Iva e professioni nel 2018, poi pensare alle famiglie: non possiamo fare tutto subito, ma vorrei che il contratto non fosse un libro dei sogni”.
Il ministro ha poi bollato la necessità di una manovra correttiva peggiore anche rispetto a quella della Def, come “fantasie di Confindustria”, riferendosi a quanto emerso dall’analisi del Centro Studi.
In parte è stato smentito però da Laura Castelli, parlamentare del Movimento 5 Stelle e Sottosegretario all’Economia, che tuttavia non ha detto molto altro rispetto a un “Non lo so…perché la verità è che pare di sì”.
Peccato, tuttavia, nonostante l’Italia in versione Alice nelle meraviglie presentata per l’ennesima volta dal leader della Lega, che circolino indiscrezioni secondo cui il ministro dell’economia Giovanni Tria non solo avrebbe deciso di parcheggiare per ora nel dimenticatoio la proposta cavallo di battaglia del M5S, ovvero il reddito di cittadinanza, ma anche la flat tax tanto voluta da Salvini. E Salvini, tutto preso dalla gestione della crisi dei migranti, si sarebbe per ora messo anche l’anima in pace.
Dopo le indiscrezioni del quotidiano La Repubblica, che parlavano di una manovra povera da parte di Giovanni Tria, con tanto di no al reddito di cittadinanza e con una flat tax solo per pochi, il quotidiano La Stampa oggi decreta la morte anche della flat tax. (almeno per ora).
“La legge di bilancio per il 2019 non conterrà nè il reddito di cittadinanza né la flat tax, i cavalli di battaglia dei 5 Stelle e della Lega che hanno portato a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini milioni di voti”, scrive il quotidiano.
La Stampa riporta come nella giornata di mercoledì, durante la riunione del Consiglio dei ministri, Tria sia stato più che chiaro:
“Prima di presentare provvedimenti, accertatevi che abbiano la copertura finanziaria: è scritto nella Costituzione su cui abbiamo giurato e ce lo chiede l’Europa”, avrebbe detto il ministro dell’economia, freddando i presenti. Ma per ora Salvini avrebbe capito che insistere con Tria non serve.
“La flat tax può aspettare ancora un po’ – si legge nell’articolo – La sua battaglia per il momento è tutta concentrata sul dossier immigrazione, quello che gli sta dando grande popolarità, rendendolo il protagonista assoluto della luna di miele che il governo giallo-verde sta vivendo in questa prima fase di vita”.
“La battaglia contro i migranti oltretutto è a costo zero – prosegue La Stampa – senza aver bisogno di trovare le coperture, in particolare quei 50 miliardi che sono necessari per introdurre in Italia la tassa piatta. Che poi tale non è visto che nel contratto sono due le aliquote previste per le persone fisiche, partite Iva e imprese: una del 15% per i redditi fino a 80 mila euro e del 20% per quelli superiori. Di fatto è tutto rinviato al 2020“, si legge ancora.
Qualche concessione potrebbe arrivare il prossimo anno, stando alle dichiarazioni che erano arrivate dal viceministro leghista Massimo Garavaglia che ha la delega per il fisco, già verso la metà di giugno.
Interpellato da SkyTg24, Garavaglia aveva detto sì non alla flat tax con le due aliquote, ma solo all’aliquota piatta per le piccole imprese individuali, l’Iri, che tra l’altro è stata varata dai governi Renzi-Gentiloni e che dovrebbe scattare dal 1° gennaio del prossimo anno.
L’Iri (Imposta sul reddito delle imprese) è anch’essa una flat tax, ma di certo non quella di cui parla il contratto di governo M5S-Lega.
E’ una tassa piatta per le piccole imprese che al momento pagano l’Irpef e che potranno scegliere la nuova Iri, pari al 24 per cento sugli utili reinvestiti. Un’altra ipotesi, ricorda La Stampa, è potenziare i regimi forfettizzati con una tassa sostitutiva unica del 15 per cento per le microimprese e i professionisti con hanno tra i 25 e 50 mila euro.