Rumor Carige: spettro liquidazione, Vigilanza Ue non ne potrebbe più dei salvataggi bancari italiani
La preoccupazione rischia di trasformarsi in panico, dopo le indiscrezioni che sono state riportate da Reuters, in via esclusiva. “Le Autorità di vigilanza bancaria Ue – ha reso noto nelle ultime ore l’agenzia di stampa – ritengono che la soluzione della crisi di Banca Carige debba passare per una procedura di liquidazione se l’istituto non troverà un acquirente, contrariamente al piano di salvataggio pubblico pensato dal governo”.
La soluzione, insomma, dovrà rimanere privata. E se Carige non riuscirà a trovare qualcuno disposto a salvarla, niente ricapitalizzazione precauzionale alla Mps, ma dritti verso la liquidazione.
Reuters cita quattro fonti vicine al dossier, secondo cui le Autorità di vigilanza Ue sperano comunque ancora che l’istituto di credito ligure, posto in amministrazione straordinaria dalla Bce all’inizio dell’anno, possa riuscire a trovare, dopo il brusco addio di BlackRock, un partner privato. Ma quella parola che emerge dai rumor, liquidazione, alimenta tutta la rabbia di chi, a poche ore dalle elezioni europee, continua a vedere nell’Ue e nella Bce il cosiddetto lupo cattivo.
La ricerca di una soluzione privata per mettere in sicurezza l’istituto, intanto, continua.
Nella sua edizione odierna, il Sole 24 Ore riporta la notizia relativa al lavoro dei tre commissari straordinari Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener, che starebbero sondando diverse opzioni. Si starebbe valutando anche la possibilità di rimodulare il piano industriale e di apportare modifiche anche al salvataggio, al fine di rendere i fondi di private equity più attratti dalla transazione che ha fatto scappare a gambe levate BlackRock.
Si parla di “condizioni simili, ma non uguali, a quelle previste per BlackRock”, scrive il quotidiano di Confindustria:
“Sarebbe questa la premessa che avrebbe spinto i fondi di private equity Warburg Pincus, Blackstone e Varde a sedersi al tavolo delle discussioni. E due, a quanto risulta al Sole 24Ore, sarebbero gli elementi di novità. Il primo riguarda il tema del fabbisogno di capitale nell’orizzonte di piano strategico al 2023: l’asticella dell’aumento di capitale nel 2019 verrebbe mantenuta a quota 630 milioni, meno dei 720 milioni (o secondo le stime più prudenti anche 800 milioni) previsti nel dossier BlackRock. Ma in virtù di un fabbisogno più contenuto nell’orizzonte di piano, di un ritocco al piano industriale, e di una struttura finanziaria più solida, l’operazione sarebbe in grado di offrire ritorni più interessanti per i fondi di private equity”.
Le voci di una liquidazione riportate da Reuters vengono segnalate tuttavia a più riprese. Di queste parla anche l’articolo della Stampa “Su Carige lo spettro di una liquidazione”.
“Una liquidazione “ordinata”, si legge nel quotidiano, che garantisce i correntisti ma cancella dalla scena finanziaria la banca. «Sono speculazioni » spiega un portavoce della Bce – riporta il quotidiano torinese – ricordando invece come la Vigilanza confidi nel buon esito del lavoro dei tre commissari a cui non a caso è stato concesso altro tempo per chiudere l’accordo, dopo lo stop al dialogo con BlackRoc. Anzi – si legge ancora – il fatto di aver fatto sapere ai commissari di andare avanti con la trattativa senza indicazioni temporali circa la scadenza della stessa, è un ulteriore segnale di fiducia sulla vicenda. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, però, l’impressione è che dentro alla Bce si possano confrontare valutazioni differenti. Non tutti, insomma, vedrebbero con favore l’intervento in Carige di uno Stato che ha già sostenuto la crisi del credito con un’iniezione di 20 miliardi di euro”.
Intanto il Corriere della Sera, in un articolo scritto da Fabrizio Massaro, parla dell’opzione di un matrimonio tra Carige e una banca piccola, e segnala come, “tra le pieghe del decreto Crescita” del governo M5S-Lega, compaia “un emendamento che potrebbe rappresentare la salvezza per Carige”.
Si tratta di “una norma che potrebbe garantire all’istituto un tesoretto fino a 700 milioni immediatamente utilizzabile, se si trovasse una banca “piccola” con la quale impostare una fusione.
L’emendamento presentato alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera- si legge nell’articolo di Massaro – ha visto come “primo firmatario il leghista Alberto Gusmeroli, che prevede in sostanza che le ‘attività per imposte anticipate’ , cioè quelle determinate da perdite passate, possano essere utilizzate tutte subito, anziché spalmate in dieci anni, in caso di un’aggregazione che dia vita a una banca con «non oltre 30 miliardi» di attività. Insomma lo Stato favorisce le fusioni con una sorta di «sconto» sulle tasse. Il vantaggio sarebbe nel rafforzamento immediato del patrimonio della banca (il «Cet1»)”.
Il Corriere precisa ancora che gli advisor e Bankitalia sarebbero all’opera per “individuare un piccolo istituto con cui far fondere Carige: serve una ‘banchetta’, così da rimanere entro il limite dei 30 miliardi, dato che da sola Carige ha circa 21 miliardi di attivi. La fusione libererebbe capitale fondamentale per puntellare il patrimonio di Carige. Questo scenario potrebbe raccogliere il favore anche del primo socio della banca, la famiglia Malacalza, che vuole continuare ad avere un ruolo nell’stituto (nel quale ha investito 400 milioni)”. Occhio tra l’altro, alle recenti dichiarazioni di Vittorio Malacalza,in occasione dell’assemblea dei piccoli azionisti di Carige.
Ma l’ultima parola, spetterà alla Commissione europea. E certo le indiscrezioni di Reuters non fanno pensare a nulla di buono.