Rogoff e l’ipotesi tassi negativi profondi (-3%). Per ora Powell non ci pensa, ma per i mercati c’è un nuovo jolly
Tassi di interesse negativi in Usa: per ora il presidente della Federal Reserve Jerome Powell li ha esclusi. Anzi, li ha proprio snobbati, sembra, visto che è stato lui stesso a dire che quella dei tassi al di sotto dello zero è un’opzione che il Fomc non sta neanche considerando. “For now”: per ora, almeno. Powell ha snobbato dunque anche l’appello ai tassi negativi che era arrivato, agli inizi di maggio, da Kenneth Rogoff. Non uno qualunque, tutt’altro.
Kenneth Rogoff, al momento professore di economia presso l’università di Harvard, è stato anche capo economista del Fondo Monetario Internazionale nel periodo compreso tra il 2001 e il 2003.
Il suo appello è stato lanciato con un articolo pubblicato su Project Syndicate.
“La Fed – si legge – potrebbe abbassare la maggior parte dei tassi di interesse di breve termine a un livello vicino o al di sotto dello zero. L’Europa e il Giappone hanno già sondato il territorio dei tassi di interesse negativi. Supponiamo che le banche centrali decidessero di reagire ulteriormente contro gli attuali flussi in entrata nei debiti governativi, tagliando i tassi di breve termine, per esempio, a -3% o anche più in basso”.
Gli effetti, secondo Kenneth Rogoff, sarebbero positivi.
“Così come avvenuto con i tagli nei tempi felici dei tassi di interesse positivi, i tassi negativi salverebbero molte aziende, stati e città dal default. Se introdotti in modo corretto, i tassi negativi agirebbero come un normale strumento di politica monetaria, sostenendo la domanda aggregata e facendo crescere l’occupazione. Di conseguenza, prima di avviare operazioni chirurgiche di ristrutturazione del debito su tutto, sarebbe meglio tentare una dose normale di stimoli monetari“. Normale non proprio, ribatterebbe qualcuno, visto che i tassi al di sotto dello zero, così sotto lo zero come il -3% ipotizzato da Rogoff, rientrano piuttosto nelle misure non convenzionali delle banche centrali.
Della questione, ampiamente dibattuta, parla nella sua newsletter settimanale “Il Rosso e il Nero” Alessandro Fugnoli, strategist del gruppo Kairos. Titolo della newsletter è: “Estremi Rimedi. I tassi negativi, opportunità e rischi”.
“I mercati, a dire il vero, hanno già provato a scontare tassi negativi in America entro la fine del 2020, stimolati anche da un recente contributo di Kenneth Rogoff che invoca Fed Funds sotto zero. Non in via ipotetica, ma da subito, non moderatamente negativi, ma profondamente negativi – fa notare Fugnoli – Rogoff propone tassi negativi ufficiali del 3 per cento e argomenta con il fatto che questo porterebbe i tassi effettivamente praticati ai debitori corporate dalle banche e dal mercato obbligazionario ad azzerarsi, rendendo possibile la sopravvivenza di imprese che, se dovessero continuare a pagare un tasso positivo, diverrebbero insolventi e uscirebbero di scena. Un secondo obiettivo sarebbe quello di ostacolare la tendenza ad accumulare liquidità da parte di investitori privati e istituzionali. Inoltre, per evitare che, per aggirare i tassi negativi, si riempiano di banconote le cassette di sicurezza, Rogoff propone l’abolizione dei biglietti di grosso taglio“.
Fugnoli spiega che, “se il 3 per cento negativo può sembrare aggressivo, la Taylor rule va oltre. Proposta nel 1992 da John Taylor di Stanford, la regola incontrò subito grande favore per la sua semplicità ed efficacia. Partendo dall’inflazione effettiva e desiderata da una parte e dalla disoccupazione effettiva rispetto al massimo impiego potenziale non inflazionistico dall’altra, l’equazione produceva il tasso d’interesse ottimale. Molto seguita anche dalla Fed fino alla Grande Recessione, la regola rivelò i suoi limiti in un mondo dove la curva di Phillips aveva cessato di funzionare e perse centralità. In ogni caso, per chi la ricorda e ne ha nostalgia, la regola indicherebbe per oggi, per chi l’ha ricalcolata, tassi tra -8 e -16“.
Tornando ai tassi negativi, Fugnoli è possibilista sul fatto che prima o poi questa misura inaugurata dalla Bce e dalla Bank of Japan possa venga adottata anche dalle altre banche centrali.
“Il fatto che le banche centrali abbiano finora dichiarato di non pensare per il momento a tassi sotto zero vuol dire solo che sperano che non occorrano. Chi investe, tuttavia, farà bene a considerarli come assolutamente possibili. Dopo la pioggia di trilioni fiscali e di Qe delle scorse settimane, c’è infatti una certa assuefazione del mercato da una parte e una certa stanchezza tra i policy maker dall’altra”.
Viene messo in rilievo il fatto che i tassi al di sotto dello zero sarebbero anche “politicamente spendibili”. Ovvero?
“I tassi negativi, a differenza del Qe, potrebbero essere presentati come penalizzanti per le banche, per i rentier e per i ricchi in generale, mentre permetterebbero a chi ha un mutuo di rinegoziarlo a condizioni vantaggiose. Sarebbero una patrimoniale per chi sta ancora bene e una benedizione per chi è indebitato. Sarebbero politicamente spendibili”. Per l’appunto.
Riguardo agli effetti che i tassi avrebbero sugli investimenti, lo strategist di Kairos afferma che l’adozione di tassi profondamente negativi sarebbe “una scossa tale da indurre tutti a riconsiderare il loro portafoglio e provocherebbe migrazioni a catena dalla liquidità ai titoli obbligazionari di qualità e poi da questi agli alti rendimenti e all’azionario. E non ci sarebbero solo guadagni in conto capitale ma, ancora di più, un minor numero di default e ristrutturazioni. Per i patrimoni normalmente investiti, senza nemmeno bisogno di prendere più rischio, si tratterebbe insomma di un’opportunità“.
Riguardo alle banche, “con i tassi negativi potrebbero indebitarsi sotto zero e prestare poco sopra zero, guadagnandoci da una parte e avendo dall’altra, anche loro, una speranza maggiore di venire ripagate”. Con tassi negativi profondi, “che partirebbero come tutte le novità dall’America” verrebbe ridimensionato tra l’altro “un dollaro che la crisi sta rendendo troppo forte” (e che tra l’altro ora il presidente Usa Donald Trump, con una giravolta clamorosa, sembra apprezzare).
La conclusione è che, allo stato attuale delle cose, è difficile prevedere se i tassi negativi profondi invocati da Roff diventeranno mai realtà. Fugnoli mette in evidenza che “sapere però che nel caso peggiore esistono ancora armi potenti per prevenire o contenere una depressione e che le banche centrali, anche se ne negano l’utilizzo nell’immediato, non ne escludono la possibilità nel futuro dovrebbe essere un importante elemento di sostegno per tutti gli asset finanziari. La correzione azionaria potrà ancora proseguire, ma troverà un supporto prima e più in alto di quello che si sarebbe potuto pensare”.