Notizie Notizie Italia Risparmio: italiani rimangono prudenti, cresce utilizzo del risparmio gestito

Risparmio: italiani rimangono prudenti, cresce utilizzo del risparmio gestito

21 Luglio 2015 15:51
Non più solo obbligazioni. Le nuove generazioni di risparmiatori italiani guardano con maggiore propensione a investimenti che possano garantire rendimenti più cospicui nel lungo periodo. Dall’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2015 realizzata da Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo emerge che tra i più giovani si tende a diversificare maggiormente andando a cercare ritorni più remunerativi rispetto alle classiche obbligazioni. Così negli ultimi due anni c’è stata un’inversione di tendenza, con l’aumento degli investitori dal 9 a quasi il 12 per cento.

Risparmio gestito: scelta cade soprattutto su fondi comuni e gestioni patrimoniali 
La maggior parte ha investito in fondi comuni o Sicav (7,2 per cento); seguono le gestioni patrimoniali (5,9 per cento), mentre appare più bassa la presenza in ETF (2,3 per cento) o in polizze Unit Linked (2 per cento). Tra le motivazioni dell’investimento nel risparmio gestito, la riduzione del rischio è importante per oltre la metà del campione; l’esigenza di semplificazione si è ridimensionata nel corso degli anni (nel 2012 era al primo posto); la ricerca del rendimento ha perso terreno nel 2013 e 2014, ma è tornata alla ribalta nel corso del 2015. Per tre investitori su quattro, la propria banca continua a rappresentare il canale favorito per l’acquisto di fondi. 

Coloro che si dichiarano soddisfatti degli investimenti nel risparmio gestito sono aumentati dal 53,5 per cento nel 2005 all’87,4 per cento oggi mentre, tra chi non ha investito, solo il 2 per cento non lo ha fatto in conseguenza di pregresse esperienze negative.
Obbligazioni: diminuiscono i fedelissimi, ma torna a crescere la percezione di sicurezza
La ricerca di un certo grado di sicurezza continua a spingere verso l’investimento in obbligazioni, anche a discapito del rendimento. La percezione della sicurezza delle obbligazioni, fortemente calata nel periodo della crisi dei debiti sovrani (2012), ha ripreso a salire dal 2014, tendenza confermata nel 2015: il 29 per cento del campione valuta l’investimento obbligazionario completamente sicuro, contro poco meno del 18 per cento nel 2012. I dati mostrano come poco meno del 20 per cento delle famiglie abbia posseduto negli ultimi cinque anni obbligazioni, ma la quota è in flessione: era di oltre il 29 per cento fino al 2007. Diminuisce inoltre da circa il 27 a circa il 20 per cento la quota di coloro che considerano le obbligazioni quale migliore forma di investimento, anche se i “fedelissimi” (in larga parte risparmiatori anziani, che avevano familiarizzato con le obbligazioni fin dall’epoca dei rendimenti a due cifre), pur riducendosi in numero, incrementano la quota in portafoglio (oltre il 36 per cento alloca alle obbligazioni più del 30 per cento del patrimonio; l’anno scorso meno di un quarto superava tale soglia).

Ancora pochi coloro che investono in azioni
Sul fronte del mercato azionario gli investitori italiani si mantengono molto prudenti. Se nel 2012 il 12,5 per cento degli intervistati dichiarava di aver comprato o venduto azioni nel corso degli ultimi cinque anni, nel 2015 la percentuale scende al 7,5 per cento, pur a fronte di un piccolo aumento di coloro che hanno operato sui mercati azionari negli ultimi dodici mesi. Tra le motivazioni della scarsa presenza sull’azionario, la percentuale di coloro che ritengono di non avere risorse sufficienti è aumentata di circa 8 punti dal 2011 a oggi, a causa dell’impoverimento della classe media: è la seconda motivazione dopo il timore di perdere il capitale. Il consiglio del consulente è il principale driver di scelta per circa la metà del campione (dato riferito alla prima risposta citata per importanza); tra chi sceglie questa forma di investimento, maggiormente rischioso e più complesso da avvicinare, è ben presente la consapevolezza dell’importanza di valutare la performance di lungo periodo. 

Ricchezza finanziaria in rapporto al reddito: italiani davanti a francesi e tedeschi 
Dall’indagine Einaudi-Intesa Sanpaolo emerge poi che lo scorso anno il contributo più positivo al potere d’acquisto dei risparmiatori del 2014 è venuto dai mercati finanziari, che hanno generato nel 2014 un aumento del rendimento totale della ricchezza finanziaria investita pari al 9 per cento (3 per cento nei primi quattro mesi del 2015). I risparmiatori italiani possono contare su un ammontare medio della ricchezza finanziaria pari a 3,4 volte il reddito disponibile (moltiplicatore che è superiore sia al 3,2 della Francia, sia al 2,9 della Germania; elaborazioni su dati Eurostat). Quanto al reddito, l’indagine conferma che si è quasi arrestata la tendenza a dichiararlo in calo rispetto alle necessità del tenore di vita.