Il retail americano è più forte della crisi
La crisi dei mutui subprime potrebbe non lasciare segni del suo passaggio sul settore della distribuzione al dettaglio. E’ questo quanto emerso dai dati sulle vendite nel mese di settembre resi noti oggi.
Per l’intonazione generale è valso quanto comunicato dal numero uno mondiale del comparto, Wal Mart, che oltre ad aver registrato un incremento mensile delle vendite nei negozi aperti da almeno un anno (same store) dell’1,4% ha rivisto verso l’alto la propria guidance sugli utili del terzo trimestre, con le stime di eps passate dal range 62-65 centesimi di dollaro all’intervallo 66-69 dollari. Wal Mart ha inoltre di fatto escluso che delle ricadute possano aversi più avanti nel tempo. Per il mese di ottobre le vendite nei same store sono previste in crescita del 2%.
Segnali contrastanti sono però venuti da altri grossi operatori del settore che hanno registrato un tasso di crescita delle vendite più basso di quanto atteso dagli analisti. E’ il caso di JcPenney, Nordstrom, Macy’s e Gap. E non si tratta di risultati di poco conto. Jc Penney, il terzo maggiore retailer americano, ad esempio ha registrato un calo delle vendite del 4,6% (gli analisti le attendevano invariate). Le vendite della catena Macy’s sono diminuite del 2,7%, quelle di Gap del 7% e per Nordstrom, nonostante un +3,2% le attese di mercato erano per un +4,9%.
Per l’economia americana sono giunti comunque altri segnali di solidità dal calo di 12mila unità delle richieste di sussidi alla disoccupazione e dalla riduzione dei prezzi all’importazione.
Sotto questo profilo la notizia più importante è venuta dal forte balzo verso l’alto dei prezzi sulle importazioni cinesi. La Cina potrebbe dunque perdere il ruolo di moderatore dei prezzi. “I prezzi alle importazioni hanno confermato come gradualmente la Cina stia diventando una fonte di inflazione e non più di deflazione – spiega Antonio Cesarano di Mps Capital Services – si tratta di un elemento che potrebbe emergere sui prezzi al consumo non subito, verosimilmente non prima della seconda parte del prossimo anno. Pertanto per i prossimi due trimestri probabilmente la Fed si occuperà soprattutto del tema crescita senza però continuare a rammentare le insidie insite nella dinamica dei prezzi, in particolare la componente alimentare”.