Primavera all’insegna del royal wedding, anche per Piazza Affari. La fusione Fiat-Chrysler si avvicina
Altro che royal wedding. Si avvicina a grandi passi il momento fatidico della fusione Fiat-Chrysler. Entro giugno la partecipazione del Lingotto nel gruppo americano aumenterà di un ulteriore 16%: passerà dall’attuale 30% al 46%. E da allora la strada potrebbe essere tutta in discesa. Per fare quest’ulteriore passo verso il sì, il prezzo da pagare è quello dell’esercizio della call option: 1,26 miliardi di dollari, ossia circa 860 milioni di euro. Una mossa che negli ambienti finanziari viene letta con un’unica chiave di lettura: accelera la formazione di un gruppo unico globale di cui Fiat è pronta a prendere il controllo. Dall’altra parte i segnali all’ombra della Mole sono inequivocabili.
Venerdì scorso l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, è stato categorico: “siamo pronti ad assumere il controllo di Chrysler e l’accordo (della salita al 46%) è un passo fondamentale verso il completamento di quel grande disegno di integrazione tra Fiat e Chrysler, iniziato meno di due anni fa, che porterà alla creazione di una casa automobilistica globale. Abbiamo scelto di stringere i tempi il più possibile per accelerare la nascita di un gruppo unico, che possa trarre pieni benefici dallo sviluppo congiunto delle rispettive attività internazionali”. E questa mattina Standard & Poor’s non batte ciglio alla novità: ha mantenuto invariati il rating del debito e l’outlook di Fiat Spa (BB/B/negativo) dopo l’annuncio del Lingotto.
“Ci aspettavamo che Fiat avrebbe gradualmente aumentato la propria quota in Chrysler, incluso il controllo della maggioranza, invece questa operazione avverrà prima delle attese e limita la flessibilità finanziaria di Fiat e la lascia più esposta a una performance più debole delle attese nel 2011”, osserva l’agenzia in una nota, aggiungendo che l’outlook negativo “riflette i notevoli rischi operativi e finanziari relativi all’aumento dell’esposizione di Fiat in Chrysler”. “Qualsiasi prova che possa segnalare un ritardo dell’integrazione o risultati deludenti in questo ambito nei prossimi 12 mesi, in particolare a livello di margini di profitto, accrescerebbe la pressione sul rating di Fiat”, avvertono. “Ci aspettiamo anche che Fiat rafforzi il suo profilo di liquidità nei prossimi trimestri per mantenerlo a un livello adeguato in linea con i nostri criteri”.
L’acquisizione del 16% di Chrysler da parte di Fiat, il cui completamento è atteso nel secondo trimestre di quest’anno, porterà la quota del Lingotto nella casa americana al 46%, una volta rimborsati i debiti verso i Governi americano e canadese. Fiat potrà salire fino al 51% di Chrysler dopo aver soddisfatto il terzo performance event previsto dal contratto, il che dovrebbe avvenire entro fine 2011. Per gli analisti l’esercizio della call option in casa Fiat è positivo. C’è chi guarda al prezzo dell’affaire. “E’ coerente con la nostra valutazione pre-refinancing e multipli ragionevoli”, dicono gli analisti di Equita. “L’esercizio anticipato è anche qualitativamente positivo perché fa pensare che Chrysler sia in linea se non sopra il Business Plan e perché aumenta la visibilità sull’Ipo”, spiegano, segnalando che “condizione necessaria restano primo il rimborso dei prestiti governativi che riteniamo agevole anche per l’aumento di capitale e secondo il prestito da Department of Energy atteso nel secondo trimestre”.
Solo dettagli per il broker che ricorda che Fiat autofinanzia il deal, disponendo di 13 miliardi di liquidità e che stima una riduzione del costo medio del debito con refinancing di oltre 2% con effetto positivo sulla valutazione di Chrysler dell’8% ex aumento di capitale, applicando un PE di 6,5 volte. In un report dal titolo accattivante Tu vuo’ fa l’americano anche gli analisti Mediobanca Securities dicono la loro: a Piazzetta Cuccia si sottolinea che l’ascesa in Chrsyler avrà due effetti: primo quello di rendere di più facile lettura i multipli in quanto la market cap incorporerà la quota di valore di Chrysler e pertanto anche quella dei ricavi; secondo permetterà all’Eps di Fiat di crescere del 64 per cento.
E poi ricomincerà il toto-trasferimento della seda legale di Fiat fuori dall’Italia. Un trasloco Oltreoceano comporterebbe il diritto di recesso per gli azionisti a un prezzo di Borsa pari alla media dei sei mesi precedenti. Per evitare che l’affaire sia troppo oneroso, c’è chi suggerisce che si tratta solo di aspettare che il prezzo di Borsa sia nettamente superiore a quello medio dei sei mesi oppure di strutturare l’operazione in modo da aggirare l’ostacolo. Secondo il Sole 24 Ore di sabato, una fusione “secca” tra Fiat spa e Chrysler, entrambe quotate, richiederebbe inoltre la conversione in ordinarie delle azioni privilegiate e di risparmio Fiat. Secondo gli analisti di Banca Akros Fiat potrebbe pensare di trasferire tutte le attività o parte di esse in Chrysler per ottenere nuove azioni. Un modo per crescere in Chrysler senza veder diluita la quota di Exor e quindi senza dover necessariamente allentare la presa. Ma c’è chi è pronto a scommettere che la Ferrari non uscirà dai confini italiani.