Preview bilancio Eni in tempi di Covid e shock petrolio. Nel ‘New Normal’ pandemico dividendi a rischio?
Countdown ai risultati di bilancio di Eni, il cui titolo è stato ostaggio nelle ultime sedute, così come tutti i titoli del settore oil, dello shock che ha tramortito i prezzi del petrolio, facendoli capitolare anche al di sotto dello zero. La trimestrale del gruppo del cane a sei zampe sarà diffusa domattina a seguito della riunione di questo pomeriggio del cda: riunione virtuale, come si comanda in tempi di coronavirus COVID-19.
Il titolo è in rialzo a Piazza Affari, confermandosi tra i migliori così come era avvenuto alla vigilia. Merito del recupero dei prezzi del petrolio, con il contratto WTI di giugno che sale di oltre +13% e riagguanta la soglia dei 15 dollari al barile. Uno scatto in avanti non da poco, se si considera che, appena l’altroieri, lo stesso contratto aveva chiuso la sessione sul Nymex di New York con un tonfo del 43,37%, a quota $11,57 al barile. Nei minimi intraday, i futures erano crollati di oltre -60%, capitolando perfino sotto la soglia dei 7 dollari al barile. Peggio, il giorno prima, era andata al contratto WTI di maggio, sicuramente non a caso, vista l’imminente scadenza di martedì 21 aprile. Lunedì il contratto era precipitato di oltre -300% al di sotto dello zero, chiudendo la sessione del Nymex a -$37,63 al barile. Prezzi negativi per il petrolio, mondo e mercati sotto shock.
E’ in questo nuovo contesto che Eni, che avrà alla guida ancora Claudio Descalzi – appena riconfermato AD dal governo Conte – si trova a operare. La sfida è doppia e interconnessa: il mix micidiale è lo stravolgimento dell’economia mondiale con l’arrivo del virus e le conseguenti misure di lockdown – che, con lo stop delle attività produttive, hanno zavorrato i consumi di energia – , unito al tonfo dei prezzi del petrolio, conseguente per l’appunto al crollo della domanda, ma anche alla guerra dei prezzi che Arabia Saudita e Russia avevano inaugurato.
E’ vero che c’è stato il taglio storico della produzione da parte dell’Opec+, ma è altrettanto vero che la stessa Opec dovrà rifornire di nuove armi il proprio arsenale, diventando una sorta di Opec+ Whatever It Takes . D’altronde, le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia parlano chiaro.
Fatta questa premessa, non sorprende pensare che il dividendo di Eni sia a rischio, come ha fatto notare la stessa Equita Sim.
Nelle scorse settimane gli analisti di Bloomberg Intelligence hanno sottolineato come il quadro finanziario di Eni presenti un’esposizione relativamente elevata alla grave debolezza dei prezzi del petrolio rispetto ad altre major petrolifere europee, con un prezzo di pareggio post-dividendo relativamente alto di $55 al barile.
Tuttavia, le forti riduzioni del capitale investito, pari a un taglio del 25% rispetto alle precedenti linee guida, dovrebbero contribuire ad allentare la pressione sul quadro finanziario. Nel complesso le ‘Big Oil’ quali Shell, ExxonMobil, Chevron e Total negli ultimi 30 anni sono riuscite a non ridurre i pagamenti agli azionisti. BP ha dovuto ridurre i dividendi solo nel 2010 dopo il disastro del Golfo del Messico. Che succederà ai dividendi di Eni?
Veniamo alla preview sugli utili, già anticipata da alcuni analisti nelle ultime settimane.
L’utile operativo adjusted è atteso in calo del 53,3%, dai precedenti 2,35 miliardi di euro del primo trimestre del 2019 a quota 1,10 miliardi euro.
L’utile netto adjusted dovrebbe segnare invece un tonfo del 75,8%, da 990 milioni di euro precedenti a 240 milioni. I numeri risentono ovviamente della caduta dei prezzi del petrolio.
Il prezzo medio del Brent è sceso infatti su base annua del 20,4% a $50,8 al barile, rispetto ai $63,8 al barile dello stesso periodo dello scorso anno.
La Divisione E&P (Exploration And Production, esplorazione e produzione) come sempre darà un contributo decisivo all’andamento dei conti del colosso del Cane a sei zampe. L’utile operativo E&P è atteso in flessione del 54,9% su base annua da 2,31 miliardi a 1,04 miliardi; quello della divisione G&P (Gas and Power) è previsto invece in ribasso del 32,8% da 370 milioni a 250 milioni. Riguardo alla divisione Versalis si prevede un peggioramento del 30% circa da -50 milioni a -60 milioni circa.
Gli analisti si definiscono cauti, in generale, sul settore oil, dopo il recente tracollo dei prezzi. Così Equita SIM in un’altra nota dello scorso 21 aprile:
“Continuiamo ad essere cauti sul settore e rimarremmo sottopeso. I titoli che preferiamo nel segmento sono ENI, Galp che grazie a bilanci solidi e al basso livello di breakeven possono sopportare meglio la debolezza del periodo”.
In una nota odierna, gli analisti di Equita SIM parlano poi di Eni in relazione alla notizia della decisione della multinazionale energetica norvegese Equinor di tagliare il dividendo trimestrale del 67% per rafforzare il bilancio”.
“Con le misure messe in atto (tagli capex/opex), Equinor riuscirebbe ad abbassare il breakeven a $20/bbl di Brent fino a fine anno (pre pagamento dividendi) equivalente ad un ipotesi $31/bbl nel 2020”, si legge nella nota, che si riferisce poi a ENI:
“Riteniamo che ENI – con le misure messe in campo legate al taglio di Capex e Opex – possa essere a breakeven a $40/bbl includendo il dividendo e il contributo di CCN. Se volessimo riproporre lo stesso esercizio per ENI di neutralità di cassa con $20/bbl di Brent fino a fine anno – ovvero abbassare il breakeven a circa $30/bbl ma includendo il dividendo – il taglio della cedola da settembre in poi potrebbe essere individuato tra il 50% e il 67%. In questa ipotesi ENI tratterebbe ad un DY del 4%-5% sul 2020. Riteniamo però che il prezzo del Brent a $20/bbl non sia sostenibile nel lungo termine”.