Powell tiene duro sui tassi: “Nessuna fretta, i dazi ago della bilancia”

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Powell sfida ancora Trump, tiene duro sui tassi e rimanda ogni decisione in merito solo dopo aver potuto analizzare l’effetto finale dei dazi sull’economia. A bocce ferme, però, lo stato di salute dell’economia americana non desta preoccupazione e il mercato del lavoro resta in una “posizione solida”: in particolare, l’inflazione è rallentata in modo significativo, pur restando ancora sopra l’obiettivo.
In sintesi, sono questi i messaggi lanciati dal presidente della Fed, Jerome Powell, al Congresso nel corso dell’attesa testimonianza semestrale.
Si dovrà attendere dunque luglio, quando scadrà la pausa di 90 giorni concessa da Donald Trump sui balzelli commerciali reciproci, per avere novità più certe sulle future mosse della Fed.
Un occhio di riguardo resta sempre sull’occupazione: il tasso di disoccupazione rimane basso e il mercato del lavoro è al massimo, o quasi al massimo, tasso di occupazione.
La fotografica attuale
I dati della Fed suggeriscono che l‘economia rimane solida. Dopo una crescita del 2,5% lo scorso anno, il Pil è stato segnalato in lieve calo nel primo trimestre, riflettendo le oscillazioni delle esportazioni nette, guidate dalle imprese che hanno importato in vista di potenziali dazi. Le indagini su famiglie e imprese, tuttavia, segnalano un calo del sentiment negli ultimi mesi e un’elevata incertezza sulle prospettive economiche, che riflette in gran parte le preoccupazioni sulla politica commerciale. Resta da vedere come questi sviluppi potrebbero influenzare la spesa e gli investimenti futuri.
Nel mercato del lavoro, le condizioni sono rimaste solide. L’aumento dei posti di lavoro retribuiti si è attestato in media a 124.000 unità al mese nei primi cinque mesi dell’anno. Il tasso di disoccupazione, al 4,2% a maggio, rimane basso e si è mantenuto in un intervallo ristretto per tutto l’anno scorso. La crescita salariale ha continuato a moderarsi, pur continuando a superare l’inflazione. Nel complesso, un’ampia serie di indicatori suggerisce che le condizioni del mercato del lavoro sono sostanzialmente in equilibrio.
Prevenire l’inflazione persistente
“L’obbligo del Fomc è quello di mantenere ben ancorate le aspettative di inflazione a lungo termine e di evitare che un aumento una tantum del livello dei prezzi si trasformi in un problema di inflazione persistente”, ha detto Powell ribadendo la necessità di bilanciare i suoi duplici obiettivi di piena occupazione e bassa inflazione “tenendo presente che, senza stabilità dei prezzi, non possiamo raggiungere i lunghi periodi di solide condizioni del mercato del lavoro che avvantaggiano tutti gli americani”.
Nel testo del discorso si legge che l‘inflazione si è attenuata significativamente rispetto ai massimi toccati a metà del 2022, ma rimane leggermente elevata rispetto all’obiettivo a lungo termine del 2%.
Le stime indicano che i prezzi totali della spesa per consumi personali (PCE) sono aumentati del 2,3% nei 12 mesi terminati a maggio e che, escludendo le categorie volatili di alimentari ed energia, i prezzi core della PCE sono aumentati del 2,6%. Le misure a breve termine delle aspettative di inflazione sono aumentate negli ultimi mesi, come riflesso sia dalle misure basate sul mercato che dai sondaggi. Gli intervistati nei sondaggi condotti su consumatori, imprese e previsori professionali indicano i dazi come fattore trainante. Oltre il prossimo anno circa, tuttavia, la maggior parte delle misure delle aspettative a lungo termine rimane in linea con l’obiettivo di inflazione del 2%.
Il nodo dazi
Il livello dei dazi determinerà il loro impatto e quindi, per ora, “il loro effetto sull’economia resta incerto”. In vista del 9 luglio, quando scadrà la pausa di 90 giorni concessa da Donald Trump sui dazi reciproci, la Fed potrà fare quindi le sue valutazioni e nonostante le pressioni del presidente Donald Trump, ribadisce di “non avere fretta di tagliare i tassi” e di poter “permettersi di attendere una maggiore chiarezza sull’impatto delle tariffe”.
D’altra parte, da tempo, Powell ha messo in luce come i balzelli commerciali di Trump stiano avviando l’economia verso una crescita più debole, una maggiore disoccupazione e un’inflazione più rapida – tutto allo stesso tempo -, “una situazione che la Fed non si trovava ad affrontare da circa mezzo secolo”. Risultano sempre più distanti, dunque, le posizioni del capo della Fed e del presidente Usa che proprio ieri aveva lanciato un nuovo affondo contro Powell, sottolineando che i tassi di interesse Usa, inchiodati da dicembre tra il 4,25% e il 4,5%, dovrebbero essere più bassi, a suo avviso, almeno di 2-3 punti percentuali.
Per Ing tassi fermi fino a dicembre
Secondo Ing, la Fed aspetterà il quarto trimestre per tagliare i tassi. Il mercato ora sta scontando tagli per 56 punti base per la seconda metà dell’anno, con un taglio a settembre (prezzato a 23 punti base) seguito da un intervento a dicembre considerato il percorso più probabile.
“Non siamo in disaccordo con tagli di 50 punti base per la seconda metà del 2025, ma dato che luglio e agosto saranno i mesi in cui l’impatto dei dazi sarà massimo, la Fed probabilmente non avrà le informazioni per affermare che i dazi non porteranno a un’inflazione a lungo termine entro la riunione del FOMC di settembre. Suggeriamo che potrebbero voler vedere la conferma di dati più moderati nei report sull’indice dei prezzi al consumo (IPC) di settembre e ottobre (pubblicati rispettivamente il 15 ottobre e il 13 novembre), viste le aspre critiche ricevute quando hanno affermato che l’inflazione sarebbe stata “transitoria” dopo la pandemia, per poi raggiungere il 9% nel 2022”.
Ciò che potrebbe innescare una mossa anticipata è una rapida decelerazione nella creazione di posti di lavoro.