Pil Italia, inflazione ed export: tutti i numeri dell’Istat

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Dopo la doccia fredda della produzione industriale, che a marzo registra il 26esimo calo consecutivo su base tendenziale, arrivano i numeri sull’andamento dell’economia italiana che dipingono un quadro incerto. Con un’economia che, tuttavia, cresce più delle due locomotive della zona euro: ovvero Francia e Germania.
Ma vediamo nel dettaglio i numeri principali dell’ultima nota sull’andamento dell’economia italiana per il periodo marzo-aprile 2025 dell’Istat.
Economia: Italia fa meglio di Francia e Germania
Numeri alla mano, secondo la stima preliminare dell’Istat nei primi tre mesi dell’anno il Pil italiano è cresciuto dello 0,3%, risultato migliore di Francia e Germania, ma inferiore alla Spagna.
“La performance dell’economia italiana riflette un’espansione del valore aggiunto nel comparto industriale e in agricoltura, a fronte di una stabilità nei servizi. Dal lato della domanda, si rileva un apporto positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un contributo negativo della componente estera netta” scrive l’Istat.
Lo scenario internazionale continua a essere caratterizzato da un rallentamento dell’attività economica e da una elevata e persistente incertezza, alimentata dagli annunci sulle misure di politica commerciale da parte della nuova amministrazione statunitense. E in questo contesto, il clima di fiducia delle imprese ha registrato la terza flessione consecutiva ad aprile, coinvolgendo tutti e quattro i principali settori economici, sebbene con intensità differenti: la riduzione è stata più contenuta nella manifattura, più marcata nelle costruzioni, nel commercio al dettaglio e nei servizi di mercato, con una contrazione particolarmente significativa nel comparto turistico.
Export: prodotti italiani volano verso gli States
La questione dazi quindi tiene banco in attesa di capire come si evolverà alla luce del recente accordo che gli Stati Uniti hanno siglato con il Regno Unito, preludio – a detta dello stesso Trump – di nuovi importanti accordi con altri partner commerciali. Guardando all’Italia, i primi dati disponibili relativi a marzo confermano la crescita delle esportazioni dirette verso i mercati extra Ue osservata nel primo bimestre, rilevando un forte aumento delle vendite dirette proprio verso gli Stati Uniti (+41,2%), che – dice l’Istat – scontano un “effetto anticipo” prima delle annunciate imposizioni dei dazi.
Cala propensione al risparmio delle famiglie
Tutti numeri che inevitabilmente si riflettono sugli italiani. Come rende noto l’Istat, difatti, rallenta la crescita della spesa delle famiglie per consumi finali nel quarto trimestre del 2024 rispetto ai tre mesi precedenti (da +0,9 a +0,7). In questo quadro difficile, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici diminuisce di 0,6 punti percentuali rispetto al periodo precedente (8,5% da 9,1% nel terzo trimestre dell’anno).
Infine, l’inflazione: i dati recenti confermano la tendenza al rialzo iniziata a partire dal mese di ottobre. L’inflazione acquisita per il 2025 sale ad aprile a 1,5% e dopo l’accelerazione registrata nei mesi precedenti (da -0,9% di settembre, a 1,5% di marzo), l’incremento tendenziale dei prezzi dei beni risulta in moderazione in aprile (+1,1%) mentre quelli dei servizi sono cresciuti a tassi più sostenuti (+3% nel mese di aprile; +2,5% a marzo).
UNC: “quadro desolante”
“Un quadro desolante!” Lo descrive così Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, secondo cui “l’insieme delineato è alquanto preoccupante: rallenta la crescita della spesa delle famiglie, diminuisce il reddito disponibile, calano le vendite al dettaglio, diminuisce la fiducia dei consumatori, aumenta l’inflazione con una forte accelerazione dei beni alimentari. Insomma, peggio di così non si può!” prosegue Dona.
“Se a questo si aggiunge l’elevata e persistente incertezza per via dei dazi annunciati e la vulnerabilità delle imprese a possibili shock da domanda estera, definita dall’Istat stessa come un fattore di particolare criticità, la situazione economica dell’Italia non può che definirsi grave e allarmante” conclude Dona