Notizie Notizie Mondo Pil globale 2016, Dove trovare valore tra bassa crescita della produttività e minaccia del debito cinese

Pil globale 2016, Dove trovare valore tra bassa crescita della produttività e minaccia del debito cinese

10 Giugno 2016 10:46

Nel suo rapporto semestrale diffuso in questi giorni, la Banca Mondiale ha tagliato le stime di crescita globale, a causa di un’attività debole nei Paesi sviluppati, di un rallentamento delle economie emergenti e della debolezza dei prezzi delle materie prime. Secondo le nuove proiezioni, il Pil mondiale 2016 dovrebbe aumentare solo del 2,4%, contro il 2,9% previsto a gennaio, e salire al 2,8% nel 2017. L’istituto individua nelle minacce geopolitiche e nella volatilità dei mercati finanziari i due principali rischi per la crescita economica. “Ma il vero problema non è la crescita in sé, quanto piuttosto il modo in cui la si ottiene – è il commento di Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer di Deutsche AM. Che aggiunge: “L’indebitamento della Cina sta crescendo a velocità doppia rispetto al Pil ed è impossibile prevedere quando il governo cinese inizierà a perdere il controllo. Le serie implicazioni che ne deriverebbero per i mercati finanziari globali sono uno dei motivi per cui abbiamo un’opinione sempre più critica sul settore finanziario, e non solo in Cina“. Alla luce di questa valutazione, delle prossime manovre della Fed (“Entro marzo 2017 ci aspettiamo altri due rialzi dei tassi di interesse) e di una minore pressione sul petrolio (“Che non dovrebbe più alimentare la deflazione, ma piuttosto l’inflazione, anche se i prezzi dovessero solo stabilizzarsi”), Kreuzkamp ha dato alle stampe la sua Cio view sugli investimenti.

 
Neutrali su Usa e Uk
 
Riguardo l’equity Deutsche AM conferma la posizione neutrale sulle azioni statunitensi. “Nel corso dell’anno ci aspettiamo un miglioramento degli utili, che nel secondo semestre 2016 dovrebbero tornare ad aumentare su base annua – dice Kreuzkamp – Una dinamica positiva rischia tuttavia di essere contrastata dalla Fed, qualora decidesse di proseguire con il ciclo di rialzi dato il rafforzamento dei dati macroeconomici”. Neutrale anche sulle azioni britanniche che, come gli altri titoli azionari europei, sono in balìa del referendum sulla Brexit del 23 giugno. “L’eventuale uscita del Regno Unito dall’Ue potrebbe alimentare l’incertezza, con probabili ripercussioni a livello generale – dice il CIO – Riteniamo tuttavia che le grandi società con un orientamento internazionale siano meno esposte rispetto alle piccole aziende focalizzate sul mercato interno britannico”.
 
Oasi svizzera ed Emergenti a sconto
 
In caso di Brexit, ma anche in vista del referendum, la Svizzera potrebbe, secondo Kreuzkamp, rivelarsi un’alternativa più stabile rispetto al resto d’Europa, in quanto meno coinvolta sul fronte degli scambi commerciali. “Se la Gran Bretagna dovesse uscire dall’Ue – dice il CIO – il franco svizzero potrebbe apprezzarsi, ma le società svizzere hanno imparato a convivere con una valuta forte. Nel contesto globale le azioni svizzere rimangono comunque a livello neutrale”. Più complessa la valutazione sugli Emergenti, protagoniste di un rally nelle ultime settimane. “Gli investitori – spiega Kreuzkamp – non devono temere di arrivare a giochi fatti: i periodi di sovraperformance (o sottoperformance) dei mercati EM rispetto a quelli sviluppati tendono a essere piuttosto lunghi. E a marzo anche noi abbiamo modificato il nostro giudizio sui mercati emergenti portandolo a neutrale, in quanto il profilo rischio-rendimento dei titoli EM è migliorato rispetto alle prospettive stagnanti dei mercati sviluppati e il loro sconto di valutazione rispetto alle azioni Usa, misurato dal rapporto prezzo-utili, ammonta al 35% circa“. Quanto alla diversificazione, l’Asia è l’area preferita, e non solo perché i mercati emergenti asiatici, essendo importatori netti di materie prime, dovrebbero beneficiare dei bassi prezzi delle commodity nel medio periodo e di trend demografici favorevoli a lungo termine. “Il governo indiano continua ad attuare le riforme, Pechino ha momentaneamente stabilizzato l’economia cinese e gli esportatori sudcoreani potrebbero beneficiare dell’apprezzamento dello yen”, commenta Kreuzkamp. Anche in America Latina le dinamiche a breve termine appaiono interessanti e le aspettative di utili per il 2016 hanno ripreso a migliorare. “Ma la possibilità di una svolta politica in Brasile sta alimentando le speculazioni di mercato“, aggiunge Kreuzkamp.
 
Semaforo verde per obbligazionario in euro e covered bond
 
La view di Deutsche AM è invece positiva sulle obbligazioni in euro di categoria investment grade. Nonostante le pressioni subite dai prezzi nel mese di maggio a causa degli elevati livelli di offerta, la progressiva stabilizzazione dell’economia, i tassi di default ancora bassi e l’avvio del programma di acquisto di obbligazioni corporate della Bce dovrebbero sostenere questa asset class. Prevale al contrario lo scetticismo nei confronti dei titoli governativi giapponesi “Ci aspettiamo pochi stimoli dalla prossima riunione della Bank of Japan a metà giugno – commenta Kreuzkamp – Sembra più probabile che BoJ spingerà il governo a proporre nuovi pacchetti fiscali che potrebbero sorprendere i mercati per la loro portata. Osserviamo inoltre un calo della domanda degli investitori giapponesi, che si rivolgono sempre più spesso all’estero in cerca di opportunità di investimento”. Anche il giudizio sui covered bond è passato da neutrale a positivo in quanto le attese sono di un’attività di emissione limitata nei prossimi mesi. “Gli emittenti stanno utilizzando i generosi programmi TLTRO della Bce, che indirettamente riducono la pressione sul mercato secondario“, è il commento del CIO.
 
Pressioni sull’euro
 
Quanto alle valute Deutsche AM considera concluso il periodo di debolezza del dollaro rispetto all’euro. Le ragioni? “A fronte del rafforzamento dei dati macroeconomici e dell’inflazione, in uno scenario di rischio relativamente positivo, diversi membri della Fed hanno sottolineato la necessità di ulteriori rialzi dei tassi nell’anno in corso. Mentre sul fronte europeo, la politica monetaria espansiva della Bce e i rischi derivanti da un’eventuale Brexit pesano sulla moneta unica”, è l’opinione di Kreuzkamp.
 
Materie prime a fine corsa?
 
Infine le materie prime, i cui prezzi sono aumentati grazie alla continua risalita del petrolio e al sostegno offerto dall’indebolimento del dollaro. Pur aspettandosi un ulteriore aumento dei prezzi del petrolio in una prospettiva a dodici mesi, lo strategist dubita che il rally generale delle commodity sia sostenibile nel medio periodo, “infatti non è chiaro quante materie prime si trovino effettivamente in una situazione di carenza di offerta“, dice Kreuzkamp. Che conclude: “Per quanto riguarda il petrolio, nel lungo periodo ci aspettiamo che i prezzi saranno sostenuti da una graduale riduzione della produzione Usa e dal progressivo aumento della domanda globale”.