Il piano di Dublino grazia le Borse, ma da euro e spreads ancora segnali di nervosismo
I brividi anche oggi non sono mancati. Ma questa volta, almeno, è arrivato il lieto fine. Dopo giornate cariche di tensioni, sotto il fuoco incrociato delle due Coree, le Borse europee sono rimbalzate. Hanno trovato qualche buon motivo, a cui appigliarsi per ritrovare la lucidità in una seduta caratterizzata da una alta gradazione di volatilità. Nel primo pomeriggio gli occhi del mondo si sono fermati a Dublino, dove il Governo irlandese ha presentato una manovra lacrime e sangue che le servirà a risanare i conti pubblici disastrati da un deficit-monstre e a spazzare lontano lo spettro del fallimento dalle coste dell’isola verde.
A dare poi un’ulteriore spallata ci ha pensato Wall Street, che ha guardato fiduciosa alla stagione dello shopping natalizio, che si aprirà con il Black Friday. I listini americani resteranno chiusi domani per il Thanksgiving, mentre venerdì saranno aperti solo per metà seduta. Le indicazioni macro Usa hanno fatto il resto: i dati congiunturali statunitensi hanno evidenziato un balzo della fiducia dei consumatori, salita ai massimi degli ultimi cinque mesi, e una flessione delle richieste di sussidio alla disoccupazione, scese ai minimi dal luglio 2008. Le spese personali degli americani hanno continuato a salire per il quinto mese consecutivo. In aumento anche i redditi. Cattive notizie sono invece arrivate dal mercato immobiliare, con le vendite di case nuove scese dell’8% e dagli ordini di beni durevoli, calati di oltre il 3%, firmando la flessione maggiore in quasi due anni.
Un quadro con luci e qualche ombra che, nonostante tutto, ha permesso ai listini europei di agguantare il segno più. Londra e Francoforte hanno messo a segno i guadagni più convincenti, chiudendo rispettivamente in crescita dell’1,36% e dell’1,77%. Più defilate, ma sempre positive, ad eccezione di Milano, le altre : Parigi ha tagliato il traguardo in progresso dello 0,62%, Madrid dello 0,52%, Amsterdam dello 0,71%. Anche Dublino ha scacciato via le vendite, congedandosi dalle contrattazioni con un progresso dello 0,83%. Sotto la parità ha chiuso invece Piazza Affari, dove l’indice Ftse Mib ha terminato gli scambi in calo frazionale dello 0,05%.
C’è stata tanta volatilità, hanno commentato gli operatori, ma la crescita mondiale del Pil sembra robusta e questo ha dato conforto ai mercati e lascia pensare a un margine di rialzo ancora possibile per i listini. Sarà anche, ma la realtà racconta che a condizionare il sentiment del mercato ancora una volta è stato il comparto bancario, che sta seguendo da vicino la sindrome irlandese con Bank of Ireland che ha perso il 13,33% sui timori che possa venir nazionalizzata. Allied Irish Bank ha perso il 13 per cento. Deboli anche Piraeus Bank (-1,62%) e Unicredit (-1,19%).
La maxi-manovra del primo ministro Brian Cowen non ha convinto del tutto, con i titoli di Stato sotto pressione. Il motivo è semplice. Tutti davano per scontata una manovra d’emergenza. Adesso anche se i dettagli forniti dall’Irlanda sembrano convincenti e dovrebbero sbloccare gli 85 miliardi di euro di aiuti che Dublino negozia con la Ue e il Fmi, nessuno si aspetta che la crisi del debito in Europa sia davvero conclusa. Gli addetti ai lavori lo sanno bene: non passa seduta in cui non ci si interroghi sul prossimo bersaglio della speculazione. Il punto interrogativo per i mercati, ancora scettici, oggi è stato principalmente capire se il piano irlandese funzionerà davvero; in che misura riuscirà a salvare le banche e se manterrà nel tempo il necessario sostegno politico, visto che l’opposizione, probabile vincitrice delle elezioni anticipate che appaiono dietro l’angolo, ha già precisato che vuole avere le mani libere.
L’euro ha recuperato terreno a 1,3384 dopo aver toccato i minimi di oltre due mesi a 1,3285. Ma la divisa unica non ha recuperato interamente lo scivolone di due centesimi di ieri. E i timori sono tutt’altro che archiviati anche sul mercato del debito, quello che fotografa meglio le aspettative su una crisi che ora minaccia di allargarsi a Spagna e Portogallo. I premi di rendimento irlandesi, anche dopo i dettagli del piano quadriennale, anche oggi sono balzati a 617 punti sul bund tedesco. Trascinando gli spread decennali spagnoli ad un nuovo record (249 punti) che rivela un rischio-Paese sempre più alto per il Paese iberico. E il rischio-default dell’Irlanda misurato dai credit-default swap non accenna a scendere, mantenendosi a 576 punti, secondo solo alla Grecia (1.002) e seguito dal Portogallo (478). Come dire al malato è stata somministrata la medicina, ma bisogna vedere se farà effetto.