Petrolio sempre più giù, Opec inerme. Ecco chi vince e chi perde nella oil war
Non conosce soste la discesa delle quotazioni del petrolio con l’Opec che non sembra pronta a fronteggiare l’eccesso di offerta a livello globale. Oggi il Brent ha toccato a Londra i minimi a oltre 4 anni con il future con scadenza dicembre sceso fino a 81,23 dollari al barile, il livello più basso dall’ottobre 2010. A New York invece il prezzo del petrolio Wti viaggia in area 77,30 dollari. Dai massimi di giugno il prezzo dell’oro nero ha ceduto oltre un quarto del proprio valore pagando anche il forte apprezzamento del dollaro statunitense poiché il petrolio è scambiato in dollari Usa.
Il petrolio paga l’eccesso di offerta dovuto al costante aumento della produzione da parte degli Stati Uniti, mentre i Paesi membri dell’OPEC – tra cui l’Arabia Saudita e l’Iraq – si mostrano molto restii a tagliare la loro produzione e per ora hanno deciso di tagliare i prezzi delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Il prossimo meeting dei paesi Opec, che racchiudono circa il 40% della produzione mondiale di petrolio, è in agenda il 27 novembre a Vienna. “Gli ultimi commenti suggeriscono che l’OPEC è disposta a lasciare che i prezzi scendano fino a 70 dollari al barile prima che il cartello prenda una decisione di limitare la produzione”, rimarca Russ Koesterich, Global Chief Investment Strategist di BlackRock.
Chi vince e chi perde con prezzi petrolio così bassi
I bassi prezzi del petrolio vanno inevitabilmente a danneggiare i Paesi esportatori, mentre sono di aiuto per quelli importatori di petrolio, in particolare per quelli alle prese con cronici problemi di inflazione elevata. Se da un lato il petrolio più a buon mercato va inevitabilmente e penalizzare non poco le grandi nazioni produttrici di petrolio – come la Russia e il Venezuela – dall’altro si traduce in “una manna” per i Paesi che importano una quantità significativa di petrolio, tra cui molti paesi in Asia. “Un grande beneficiario dei prezzi del petrolio è l’India – rimarca il Weekly Investment Commentary di BlackRock curato da Russ Koesterich – che importa circa l’85% del suo petrolio. I bassi prezzi del petrolio stanno aiutando a diminuire la cronica elevata inflazione indiana (ora sotto il 6,5%) favorendo la posizione fiscale del paese”. L’effetto petrolio, abbinato alle riforme del nuovo governo Modi, hanno aiutato la Borsa indiana a toccare i nuovi massimi storici. In generali BlackRock mantiene una view positiva sulle azioni dell’Asia alla luce anche della recente forza di Cina e Giappone.
I bassi prezzi del petrolio vanno inevitabilmente a danneggiare i Paesi esportatori, mentre sono di aiuto per quelli importatori di petrolio, in particolare per quelli alle prese con cronici problemi di inflazione elevata. Se da un lato il petrolio più a buon mercato va inevitabilmente e penalizzare non poco le grandi nazioni produttrici di petrolio – come la Russia e il Venezuela – dall’altro si traduce in “una manna” per i Paesi che importano una quantità significativa di petrolio, tra cui molti paesi in Asia. “Un grande beneficiario dei prezzi del petrolio è l’India – rimarca il Weekly Investment Commentary di BlackRock curato da Russ Koesterich – che importa circa l’85% del suo petrolio. I bassi prezzi del petrolio stanno aiutando a diminuire la cronica elevata inflazione indiana (ora sotto il 6,5%) favorendo la posizione fiscale del paese”. L’effetto petrolio, abbinato alle riforme del nuovo governo Modi, hanno aiutato la Borsa indiana a toccare i nuovi massimi storici. In generali BlackRock mantiene una view positiva sulle azioni dell’Asia alla luce anche della recente forza di Cina e Giappone.
Tra i singoli titoli vantaggi per le italiane Atlantia e Prysmian
JP Morgan, che vede Brent e Wti in ulteriore discesa nei prossimi mesi, indica una lista di 10 titoli che risultano favoriti, in maniere diretta o indiretta, del dietrofront del petrolio. Tra questi spiccano anche le italiane Atlantia e Prysmian. Tra gli altri spiccano le tedesche Daimler, Bmw e Deutsche Post, l’olandese Philips, la spagnola Inditex, la svedese Skf, le britanniche Thomas Cook e Firstgroup.