Notizie Valute e materie prime Petrolio: l’Opec passa al contrattacco, produttori statunitensi con l’incubo del “funding gap”

Petrolio: l’Opec passa al contrattacco, produttori statunitensi con l’incubo del “funding gap”

22 Dicembre 2014 14:58

L’Opec fa quadrato e difende la decisione di confermare il tetto produttivo in quota 30 milioni di barili giornalieri. Abbiamo fatto bene, ha detto il ministro del petrolio iracheno, Adel Abdul-Mehdi. La colpa dei prezzi ai minimi da cinque anni, secondo quanto dichiarato da Abdul-Mehdi nel corso di un’intervista al Wall Street Journal, è dei Paesi al di fuori del cartello (leggasi Stati Uniti) che hanno spinto l’output a livelli incompatibili con il corretto funzionamento del mercato. “Anche se ci sono differenti punti di vista all’interno dell’Organizzazione -ha rimarcato Abdul-Mehdi- il cartello è unito”. Nonostante le attuali difficoltà, sarà il mercato a trovare un nuovo equilibrio.

Sulla stessa lunghezza d’onda il saudita Ali al-Naimi. Secondo la voce ufficiale dell’Opec le cause del crollo sono riconducibili alla speculazione e alla scarsa coordinazione di alcuni produttori, restii a capire “che è nel loro interesse cooperare”.

Sono gli altri a dover tagliare l’output anche per Ali al-Omair, ministro del Kuwait, secondo cui l’organizzazione con sede a Vienna “sta dando l’opportunità ad altri produttori di greggio” di ridurre la produzione. Nessun dubbio neanche per il governatore dell’Opec degli Emirati Arabi Uniti, Ali Al Yabhouni, secondo cui a doversi preoccupare sono i produttori di petrolio in arrivo da fonti non convenzionali visto che dopo i prezzi saranno gli investimenti nel settore a ridursi drasticamente.

Liquidità a rischio per i big dello “shale”
La tesi di Al Yabhouni è sostenuta dai dati relativi l’andamento dei bond ad alto rendimento nel settore dell’energia, che dal 5% di sei mesi fa attualmente, causa anche il processo di normalizzazione della politica monetaria statunitense, rendono il 10% (massimo da due anni) con un tasso di “distressed” pari a un terzo. Per l’intero settore (difficoltà di accesso ai mercati si registrano anche per il mercato “investment  grade”) sta diventando sempre più difficile e oneroso ottenere liquidità e una ridotta disponibilità di fondi è inevitabilmente destinata a ripercuotersi sugli investimenti.

Dopo il mercato delle obbligazioni il contagio potrebbe estendersi al canale bancario, fondamentale per un settore con continue necessità di fondi freschi. Prezzi depressi per un periodo prolungato di tempo potrebbero portare alla svalutazione delle riserve petrolifere delle società, generalmente utilizzate come collaterale per i prestiti bancari, e quindi ridurre il potenziale di indebitamento. Citigroup stima che sarà proprio il “funding gap” a determinare le sorti del comparto nel 2015 poiché se il mercato dovesse ridurre l’esposizione al comparto “potremmo assistere a un crollo delle trivellazioni”.