Petrolio: per Goldman Sachs non è ancora giunto il momento di scommettere sul rimbalzo dei prezzi
I tempi non sono ancora maturi per assistere a un rimbalzo del greggio. È quanto emerge da un report diffuso da Goldman Sachs. Nonostante il calo dei prezzi abbia innescato una discesa del numero di impianti di trivellazione più veloce del previsto, il colosso con sede al 200 West Street ritiene che la riduzione non sia ancora sufficiente a modificare l’andamento del mercato.
A dispetto del fatto che gli ultimi dati settimanali diffusi dall’Eia (Energy information administration, la divisione statistica del Dipartimento dell’Energia) abbiano evidenziato un calo della produzione statunitense di 36 mila a 9,386 milioni di barili giornalieri (il primo segno meno da metà gennaio), gli esperti dell’istituto newyorkese si attendono che nei prossimi mesi le quotazioni del Wti (il petrolio di riferimento negli Stati Uniti) torneranno dagli attuali 54 a 40 dollari il barile.
“Il processo di ribilanciamento, nonostante segnali di stabilizzazione, non è finito”, si legge in una nota diffusa dal colosso Usa secondo cui “i prezzi sono destinati a restare bassi per permettere un rallentamento sufficiente e sostenibile della crescita della produzione”.
Dopo un calo medio stimato a 350 mila barili giornalieri tra maggio e settembre, le scorte sono viste in ulteriore aumento (attualmente gli stock si attestano ai massimi da 80 anni a 471,4 milioni di barili) mettendo “i prezzi sotto pressione nel 2016” quando potrebbe essere necessaria “una revisione al ribasso della stima di 65 dollari il barile”.
Indicazioni in arrivo dall’Asia spingono il Brent
Dopo il +5,77% messo a segno ieri, un’altra seduta con il segno più per i prezzi del Brent che passa di mano a 59,09 dollari il barile (+1,67%). Due le cause dietro il rally: la convinzione che il ritorno a pieno regime dell’output iraniano non sia imminente e la notizia del secondo innalzamento consecutivo dei prezzi per i clienti asiatici da parte dell’Arabia Saudita. Quindi se da un lato l’offerta non è destinata, almeno in tempi brevi, ad aumentare ulteriormente, la domanda inizia a mostrare segnali di rafforzamento.