Petrolio: anche il Brent piomba sotto i 50 $, crollo prezzi frenerà la Fed?

Non conosce fine la discesa dei prezzi del petrolio. Anche il Brent è scivolato questa mattina sotto la soglia dei 50 dollari al barile per la prima volta dal maggio 2009. Da massimi dello scorso giugno i prezzi dell’oro nero sono crollati di oltre il 50 per cento complice l’eccesso di offerta dovuto principalmente alla produzione record di petrolio da parte degli Stati Uniti. Discesa che si è acuita nell’ultimo mese e mezzo dopo che l’Opec ha deciso di non procedere ad alcun taglio della produzione per sostenere i prezzi. L’eccesso di offerta potrebbe richiedere “mesi o anni per essere assorbito”, ha rimarcato il ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti, Suhail Al Mazrouei.
Wti a ridosso di quota 47 dollari, oggi attesa per dati scorse Usa
Il future sul Wti con scadenza febbraio 2015 è sceso questa mattina fino a 47,09 dollari al barile sui nuovi minimi a 5 anni e mezzo. Discesa sotto quota 50 dollari invece per il Brent con un minimo a 49,96 dollari, in calo di circa 2 punti percentuali rispetto alla chiusura della vigilia.
Il future sul Wti con scadenza febbraio 2015 è sceso questa mattina fino a 47,09 dollari al barile sui nuovi minimi a 5 anni e mezzo. Discesa sotto quota 50 dollari invece per il Brent con un minimo a 49,96 dollari, in calo di circa 2 punti percentuali rispetto alla chiusura della vigilia.
Oggi sono attesi i dati settimanali circa le scorte di petrolio negli Stati Uniti. Secondo il consensus Bloomberg i dati diffusi dall’EIA (Energy Information Administration) dovrebbero evidenziare un aumento delle scorte di greggio pari a 700 mila unità. Gli analisti di Citigroup, che a inizio settimana hanno tagliato le stime su Wti e Brent, ritengono che quest’anno la Cina non guiderà il rimbalzo del mercato del petrolio con le importazione nette viste in rallentamento.
Petrolio, super-dollaro e mosse Fed
La discesa libera delle quotazioni del petrolio rischia di avere ripercussioni anche sull’operato delle banche centrali. La Norges Bank, istituto centrale della Norvegia (principale esportatore di petrolio dell’Europa Occidentale), potrebbe essere costretto a un nuovi taglio dei tassi dopo quello di dicembre se le quotazioni del Brent rimarranno a questi livelli.
La discesa libera delle quotazioni del petrolio rischia di avere ripercussioni anche sull’operato delle banche centrali. La Norges Bank, istituto centrale della Norvegia (principale esportatore di petrolio dell’Europa Occidentale), potrebbe essere costretto a un nuovi taglio dei tassi dopo quello di dicembre se le quotazioni del Brent rimarranno a questi livelli.
Effetto petrolio che potrebbe influire anche sull’operato della Federal Reserve. Bill Gross di Janus Capital ha rimarcato ieri nel sul Investment Outlook di gennaio che la Fed non alzerà i tassi di interesse fino alla fine di quest’anno, se non del tutto, condizionata principalmente dal calo dei prezzi del petrolio e dal rafforzamento del dollaro. Lo scorso mese anche il premio Nobel Paul Krugman ha previsto che la Fed non apporterà alcun rialzo del costo del denaro in virtù del debole contesto economico globale abbinato a bassa inflazione.