Outlook Vontobel: come muoversi nel 2024 su bond, azioni e valute
Dopo un decennio di ampia liquidità all’indomani della grande crisi finanziaria, il 2024 potrebbe diventare l’anno della moderazione. Lo si legge nel report a cura di Gianluca Ungari, head of portfolio management Italy di Vontobel, che nel suo viewpoint ci spiega come navigare nel panorama finanziario di quest’anno in mezzo a cambiamenti strutturali.
L’effetto della spirale inflazionistica
I mercati rialzisti, come quello tra il 2009 e il 2021, spesso terminano con una frattura strutturale dell’economia. Nel nostro caso, si legge nel report, è iniziata con la crisi del Coronavirus e l’invasione russa in Ucraina, che ha portato al primo vero shock dell’offerta dal 1990, innescando una spirale inflazionistica. Come tali, le spirali inflazionistiche sono spesso più tenaci di quanto si creda attualmente.
Pertanto, spiega Ungari di Vontobel, “dubitiamo che torneremo a un regime in cui i timori di deflazione superano quelli di inflazione e i rendimenti obbligazionari tornano ai livelli pre-Covid. Poiché un contesto di tassi o rendimenti più elevati non viene completamente digerito dalle famiglie e dalle imprese, riteniamo che le azioni rimangano interessanti, ma gli investitori dovranno convivere con rendimenti inferiori rispetto al decennio precedente, mentre le obbligazioni offrono rendimenti previsti competitivi”.
Un occhio di riguardo per l’obbligazionario
“Il debito dei Paesi emergenti in valuta forte ci sembra interessante, in quanto si trova ancora in un territorio di stress, al di sotto del 15% rispetto ai massimi precedenti” sottolinea Ungari. Considerando le prospettive di crescita più costruttive dei mercati emergenti e la stabilizzazione della crescita in Cina in particolare, si legge nel report, “consideriamo questo ribasso come un’opportunità. Le prospettive di crescita più fragili previste dal nostro modello di ciclo economico per i mercati sviluppati ci fanno ritenere che ci sia più valore nel segmento dei titoli obbligazionari governativi, con l’Investment Grade più interessante dell’High yield“.
Per quanto riguarda i titoli di Stato, puntualizza Ungari, “vediamo valore nell’intera curva, ma preferiamo la parte più lunga, che dovrebbe trarre i maggiori benefici in uno scenario di recessione, che consideriamo ancora un rischio per la prima metà del 2024. Tuttavia, anche in uno scenario di atterraggio morbido con un’inflazione in graduale calo, i titoli di Stato come i Treasury statunitensi dovrebbero essere utili al portafoglio. Anche se non ci aspettiamo che si ripeta lo storico rally dei Treasury Usa di novembre, che è stato il più forte dalla metà degli anni ’80, l’attuale contesto macroeconomico ci fa propendere per una riduzione dei rendimenti dei Treasury Usa. Il nostro modello fondamentale di fair value indica un valore inferiore al 4%, il che fa pensare a rendimenti decenti in futuro”. Oltre al debito pubblico, si legge nel report, “troviamo valore in altri asset sensibili ai rendimenti, come l’oro, poiché il nostro scenario di base di recessione dovrebbe portare a un calo dei rendimenti reali”.
Cosa aspettarsi dall’azionario
Le prospettive azionarie sono un po’ più complicate dopo che l’aumento delle aspettative di taglio dei tassi ha aiutato l’Euro Stoxx 50 e l’S&P 500 a risalire vicino ai massimi storici. Uno scenario di soft landing, ancora possibile se il cambio di rotta della Fed avvenisse all’inizio del 2024, potrebbe estendere ulteriormente il rally ma, scrive Ungari, “vediamo venti contrari che mettono a rischio la continuazione del rally nel primo trimestre del 2024. Sebbene il nostro modello di ciclo economico indichi una decelerazione economica, il nowcast degli Stati Uniti indica che tale decelerazione è avvenuta da un punto di partenza estremamente forte, con un calo da oltre il 5% a circa il 2%, che assomiglia più a un atterraggio morbido che a una recessione”. Allo stesso tempo, però, sembra prematuro che le banche centrali rivendichino la vittoria sull’inflazione, visto che l’inflazione negli Stati Uniti si aggira ancora intorno al 3%. Se le tendenze storiche si confermano, l’inflazione potrebbe rivelarsi più persistente di quanto suggerito dall’attuale consenso.
Di conseguenza, si legge nel report, la Fed potrebbe sorprendere positivamente all’inizio del 2024, considerando che il mercato future per il 2024 prevede tagli di oltre 100 punti base. Le elezioni statunitensi potrebbero rappresentare un altro vento contrario nel 1° trimestre, in quanto le incertezze durante le primarie hanno un solido record di mantenimento dei rendimenti azionari vicino allo zero nel 1° trimestre degli anni elettorali. Tuttavia, poiché queste incertezze di solito svaniscono dopo le primarie, i titoli azionari hanno generato una performance di almeno il 6% negli anni delle elezioni. “La nostra visione di rendimenti azionari al di sotto della media storica può essere rafforzata con strategie che aumentano i rendimenti, come le strategie di covered call. Queste strategie di solito funzionano bene in un contesto del genere e aiutano a diversificare i portafogli, poiché di solito superano le azioni in ambienti avversi al rischio” afferma Ungari.
I tre motivi che spingeranno lo yen
Per quanto riguarda le valute, si legge nel report, lo yen sembra aver ritrovato il suo slancio dopo anni di performance negativa. L’apprezzamento, iniziato a metà novembre, dovrebbe continuare nel 2024 per tre motivi principali.
- In primo luogo, è probabile che il cambio di rotta della Fed determini una vera e propria debolezza del dollaro Usa.
- In secondo luogo, si prevede che il Giappone abbandonerà il controllo della curva dei rendimenti, al più tardi entro l’estate del 2024 durante la riunione di revisione delle politiche della BoJ, riducendo i differenziali di rendimento e giustificando un ulteriore rally dello yen nel primo semestre del 2024.
- In terzo luogo, lo yen rimane storicamente sottovalutato: attualmente è scambiato a 145 JPY per dollaro Usa, il che rappresenta una svalutazione di oltre il 40% accumulata nel corso degli anni a causa della politica monetaria allentata. Il franco svizzero, svalutato di circa il 10% rispetto all’euro e al dollaro Usa, continua a essere un diversificatore di portafoglio costante e interessante.