Notizie Valute e materie prime Oro verso i $2.000 in scia alle tensioni geopolitiche. I livelli da monitorare

Oro verso i $2.000 in scia alle tensioni geopolitiche. I livelli da monitorare

27 Ottobre 2023 14:43

Continua a brillare l’oro, che si avvicina sempre di più alla soglia psicologica dei 2.000 dollari l’oncia in scia alle tensioni geopolitiche. Le escalation dei conflitti in Medio Oriente e in Ucraina continuano infatti a preoccupare gli investitori che cercano riparo nell’oro, il bene rifugio per eccellenza.

Da quando sono riemerse le tensioni in Medio Oriente (7 ottobre), l’oro ha già registrato un rialzo di quasi il 9%, superando con successo diverse aree di resistenza statica e dinamica. Vediamo i livelli da monitorare sul metallo giallo.

Oro, la guerra Hamas-Israele sostiene la domanda

Continua la fase di positività per l’oro che sembra essere destinato ad archiviare la terza settimana consecutiva di rialzo. Buon andamento anche per l’argento, il palladio e il platino, in un contesto in cui il conflitto in Medio Oriente continua ad offrire sostegno generalizzato ai metalli preziosi.

Da questo punto di vista un eventuale allargamento del conflitto potrebbe sostenere ulteriormente le quotazioni del metallo giallo e le tensioni delle ultime ore rappresentano un campanello d’allarme. Gli Stati Uniti hanno infatti bombardato due depositi di armi e munizioni in Siria come rappresaglia per gli attacchi contro le forze statunitensi da parte delle milizie appoggiate dall’Iran.

Intanto, continuano i lanci di razzi di Hamas nel territorio di Israele, con quest’ultimo che prosegue gli attacchi nella striscia di Gaza per scovare i nemici.

Ecco che queste notizie alimentano le preoccupazioni circa un eventuale allargamento del conflitto in Medio Oriente, che potrebbe potenzialmente coinvolgere più potenze arabe; una situazione che non fa altro che alimentare la corsa dei beni rifugio.

In questo contesto, “i prezzi dell’oro dipenderanno dal conflitto Israele-Hamas, finché la situazione continuerà a rischiare un’escalation”, ha commentato l’analista di mercato Kyle Rodda.

Oro al test dei $2.000, buca trendline e media a 200

I timori di un’escalation hanno portato il metallo giallo sui livelli massimi da agosto.

Dal punto di vista grafico, l’oro ha rotto al rialzo le resistenze dinamiche date dalle medie mobile principali a 50 (linea blu) e 200 periodi (linea arancione).

Ma non solo, il metallo giallo ha violato al rialzo anche la trendline ribassista costruita dai massimi di maggio, bucando anche l’area di resistenza (ora principale supporto) a quota 1.970 dollari.

Questi rappresentano dei segnali di forza per la commodity che se dovesse superare anche area 2.010 dollari si aprirebbero spazi al rialzo per un allungo verso i 2.060 dollari l’oncia, massimi di inizio anno.

In ogni caso, nelle ultime sedute i rialzi del metallo giallo sono stati frenati dalla forza del dollaro e dai rendimenti dei titoli del Tesoro.

“L’oro si mantiene dov’è a causa dei rischi geopolitici, con prezzi che divergono dai tipici fattori fondamentali, commenta Kyle Rodda, secondo il quale “se dipendesse dai rendimenti reali e dal dollaro, l’oro sarebbe più basso”.

Andamento da inizio anno dell’oro. Fonte TradingView

Come vediamo (grafico qui sotto) il trend di lungo periodo dell’oro è positivo, con la materia prima che dai minimi del 2015 ha guadagnato il 90% circa. Da inizio anno il rialzo è di circa il 9%.

Andamento di lungo periodo dell’oro. Fonte TradingView

Occhi puntati sulla riunione Fed

Intanto, l’attenzione degli investitori è rivolta anche all’agenda macroeconomica negli Stati Uniti in cerca di segnali in vista dell’evento clou di settimana prossima: la riunione di politica monetaria della Fed. Da questo punto di vista le attese del mercato sono per una pausa nel ciclo di rialzo dei tassi, con quello di rifinanziamento principale che dovrebbe restare al 5,5%.

In tal senso, oggi è in uscita la lettura dell’indice della spesa per consumi personali (PCE), l’indicatore di inflazione preferito dalla Fed.

Ecco che un’inflazione che continua a rimanere vischiosa, unita a segnali di resilienza del mercato del lavoro e dell’economia statunitense (Pil oltre le attese), sono elementi che potrebbero dare alla Fed maggiore slancio per mantenere i tassi più alti.