Notizie Notizie Italia Oro Bankitalia, rumor Lega. Borghi ironico: ‘Stiamo studiando metodi per far capire che non vogliamo vendere nulla’

Oro Bankitalia, rumor Lega. Borghi ironico: ‘Stiamo studiando metodi per far capire che non vogliamo vendere nulla’

12 Febbraio 2019 09:15

“Stiamo studiando metodi per far capire che non vogliamo vendere nulla“. Così Claudio Borghi su Twitter, interpellato direttamente da Finanzaonline, commentando gli ultimi rumor su cosa vorrebbe fare la Lega con l’oro presente nei forzieri di Bankitalia.

Borghi smentisce per l’ennesima volta i rumor che si sono rincorsi nelle ultime ore, in particolare quelli di Reuters, che ha fatto riferimento alla bozza di una norma, a cui l’agenzia di stampa avrebbe avuto accesso, stilata dalla componente leghista della maggioranza, per consentire al governo la vendita dei lingotti.

Così si legge nel sito di Reuters:

“La componente leghista della maggioranza ha messo a punto la bozza di una norma, vista da Reuters, che consentirebbe al governo la vendita dell’oro custodito dalla Banca d’Italia qualora fosse autorizzata da una legge costituzionale“.

“Una prima norma – si legge ancora – già presentata dal presidente leghista della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, prevede di far riconoscere allo Stato la proprietà di questi lingotti. La bozza vista da Reuters costituirebbe il secondo step, ovvero una norma che modifica il Testo unico valutario per consentire la vendita dell’oro anche se solo con una legge costituzionale che la autorizza”.

Interpellato da Reuters, Borghi ha detto che la modifica al testo unico “è solo una ipotesi” e che nulla è stato deciso al momento. Un’altra possibilità, ha precisato, è presentare una legge che preveda la vendita solo con il sostegno di una maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento, oppure che i lingotti non possano essere ceduti in nessun caso”.

L’ipotesi di poter utilizzare le riserve auree di Bankitalia per ripianare i conti pubblici con tanto di relativi rumor – tra cui l’intenzione di scongiurare un aumento Iva e una manovra bis –già fatta circolare ieri da un articolo del quotidiano La Stampa, viene riaffrontata oggi dal Messaggero, che spiega che “i margini di manovra sull’oro sono praticamente nulli”.

I motivi?

Il quotidiano romano li illustra, precisando che “la possibilità di fare ricorso alle 2.452 tonnellate di oro per coprire nuove spese o riduzioni di entrata è del tutto remota per una serie di motivi contabili e giuridici”.

“In ogni caso non è immaginabile, ad esempio, che una parte di questo patrimonio vada a disinnescare gli aumenti dell’Iva previsti dalle clausole di salvaguardia, visto che il finanziamento dovrebbe essere rinnovato tutti gli anni. Senza contare che su un mercato particolare come quello dell’oro mettere in vendita quantità così rilevanti provocherebbe un’immediata discesa dei prezzi. E poi va tenuto in considerazione il ruolo della Banca centrale europea, dal momento che in base ai Trattati la gestione delle riserve rientra tra i compiti dell’Eurosistema. Dieci anni fa Francoforte, consultata dal governo italiano, aveva bocciato anche il progetto di un’imposta sostitutiva sulle plusvalenze eventualmente derivanti dalla detenzione dei lingotti, progetto che di conseguenza era stato abbandonato”.

Oltre ai rumor ecco i dati su oro Bankitalia

L’agenzia di stampa AGI fa il punto della situazione sull’oro presente nei forzieri di Bankitalia:

“La Banca d’Italia è il quarto detentore mondiale di oro al mondo, dietro la Fed, la Bundesbank e il Fondo monetario internazionale. Le sue riserve auree, dopo il conferimento di 141 tonnellate alla Bce, è di 2.452 tonnellate metriche, costituite di oltre 95.000 lingotti e circa 870.000 pezzi di monete d’oro, un tesoro che, sulla base dell’ultimo bilancio della Banca d’Italia, ha valore pari a circa 85 miliardi di euro. Meno della metà, il 44%, è conservato a Palazzo Koch a Roma, mentre il resto è suddiviso nei caveau di altre banche centrali per ragioni storiche, legate ai luoghi in cui l’oro è stato acquistato e per ragioni di sicurezza. Più nel dettaglio il 43,3% è negli Stati Uniti, il 5,7% a Londra, presso la Banca d’Inghilterra, e il 6% a Basilea, presso la Banca dei Regolamenti Internazionali. La loro gestione è vincolata all’Eurosistema ed esse rappresentano un baluardo a difesa del patrimonio dell’istituto e della stabilità dell’euro”.

A che servono queste riserve?

“Come si legge sul sito web di via Nazionale la loro gestione è vincolata dall’articolo 31 dello Statuto dell’Eurosistema e contribuisce alla “solidità patrimoniale della Banca a fronte dei rischi cui questa è esposta nello svolgimento delle sue attività istituzionali”. Inoltre, la loro gestione è sottoposta al divieto di finanziamento monetario previsto dall’articolo 123 del Trattato Ue. Insomma, le riserve sono un baluardo a difesa delle crisi valutarie e contro il rischio sovrano e servono per rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e, in ultima analisi, della moneta unica”.

Smentite sui rumor relativi alla presunta intenzione di vendere oro sono arrivate a più riprese da Borghi che, sempre a La Stampa, proprio ieri aveva invocato piuttosto un immediato intervento legislativo per ovviare alla “anomalia dell’oro detenuto e gestito ma non posseduto dalla Banca d’Italia”.

Puntualizzando:

Nessuno vuole toccare le riserve auree, però è aberrante che non abbiamo ancora un’interpretazione autentica. Cosa ci vuole a fare una legge per mettere nero su bianco che la proprietà dell’oro è dello Stato? Ciò non significa che il governo possa venderlo, però questa lacuna va colmata. L’oro appartiene agli italiani. Eppure non esiste legge che lo dichiari esplicitamente”.

Anche il ministro leghista delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio ha smentito le ricostruzioni della stampa:

“Mai sentito parlare né in Consiglio dei ministri né in altre sedi politiche di mettere le mani sull’oro di Banca d’Italia“.

Intanto, un monito all’ipotesi di vendita dell’oro arriva dall‘ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan:

“Sarebbe un modo per avere la fama dell’Argentina prima del default“, afferma in un’intervista a La Stampa.

“Quello è un patrimonio che dovrebbe essere intoccabile. E poco importa se quella custodita da Palazzo Koch è la quarta riserva al mondo: siamo anche il terzo debito pubblico del globo. Se passasse l’idea che i problemi di finanza pubblica si risolvono svuotando le casseforti il messaggio ai mercati sarebbe devastante”.