Opec + mantiene fede alle promesse fatte, Brent chiude sopra $70 per prima volta dal 2019

Prezzi del petrolio solidi dopo la decisione dell’Opec +, l’alleanza che comprende i paesi Opec e non Opec come la Russia, di mantener fede a quanto pianificato già in precedenza.
Nei mesi di giugno e di luglio torneranno sul mercato 2,1 milioni di barili al giorno, ritmo determinato in base alle condizioni di mercato. Il prossimo meeting di aggiornamento sulla produzione di petrolio è stato fissato al 1° luglio.
Nel mese di aprile, l’alleanza aveva deciso di aumentare la produzione di 2,1 milioni di barili al giorno nel periodo compreso tra maggio e luglio. A ciò si aggiunge la mossa dell’Arabia Saudita, che sta gradualmente riversando sul mercato quell’offerta che aveva volontariamente tagliato, pari a 1 milione di barili al giorno, per sostenere i prezzi del crude affossati dalla crisi del Covid-19.
A dare una sferzata positiva ai prezzi, che salivano già prima dell’annuncio, è stato il commento rilasciato dal ministro dell’energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, che ha detto di prevedere una ripresa solida della domanda di Stati Uniti e Cina, i due principali consumatori di petrolio al mondo, aggiungendo che il ritmo delle vaccinazioni “può solo portare a un ulteriore ribilanciamento del mercato petrolifero globale”.
Dopo l’annuncio dell’Opec + e le suddette dichiarazioni, i futures sul petrolio crude WTI scambiati sul Nymex di New York sono saliti fino a +0,5%, dopo il guadagno +2,1% riportato nel giorno della festività del Memorial Day in Usa lunedì scorso, salendo al massimo dall’ottobre del 2018, fin oltre quota $68. I futures sul Brent sono balzati anch’essi fino a $70,96 al barile sulla piattaforma di scambio ICE Futures Europe, attorno al record dall’8 marzo scorso e ai livelli più alti, anche in questo caso, dal 2018.
“Il mercato sembra focalizzato su un outlook più costruttivo per la fine dell’anno, visto che l’Opec+ prevede un significativo calo delle scorte tra il mese di settembre e la fine dell’anno”, hanno scritto gli analisti di ING Economics in una nota.
La minaccia ai prezzi del petrolio rimane la possibilità di un accordo tra le potenze internazionali e l’Iran per ripristinare l’accordo nucleare del 2015 che era stato annullato dall’amministrazione di Donald Trump. Le trattative tra le controparti, stando a quanto reso noto da un funzionario iraniano e due diplomatici occidentali, dovrebbero fare una pausa nella giornata di domani.
Non è chiaro, tuttavia, se i negoziati riprenderanno prima del 18 giugno, data delle elezioni presidenziali in Iran. E la prospettiva di un accordo posticipato, hanno scritto gli analisti di ANZ Research in una nota, “sposta la minaccia di altri due milioni di barili al giorno di petrolio che tornano sul mercato alla fine dell’anno, quando l’ulteriore crescita economica dovrebbe fare da cuscinetto al suo impatto”. In ogni caso è stato lo stesso segretario dell’Opec Mohammad Barkindo a minimizzare qualsiasi effetto che il ritorno dell’offerta di Teheran potrebbe provocare sui mercati.
Barkindo ha sottolineato di ritenere che un qualsiasi eventuale ritorno delle esportazioni iraniane “si verificherà in un modo ordinato e trasparente”. Nessuna paura sull’effetto Iran neanche da parte di Howie Lee, economista presso Oversea-Chinese Banking Corp: “C’è una certa fiducia ora nel fatto che il miglioramento della domanda dovrebbe permettere al mercato di assorbire quelli che potrebbero essere altri due milioni di barili al giorno dall’Iran, nel caso in cui (l’accordo) dovesse concretizzarsi”. E, in ogni caso, “è la domanda degli Stati Uniti che sta scatenando la ripresa dei consumi globali”.