Opec: domani vertice a Vienna, le preoccupazioni dei primi 50 anni
Domani per l’Opec non sarà un vertice qualsiasi. A Vienna, infatti, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio celebrerà i cinquant’anni dalla sua fondazione. Il cartello, formato da 12 Paesi, rappresenta ancora una vera e propria potenza, in grado soprattutto di determinare l’andamento del prezzo del petrolio. Ma cinquant’anni iniziano a farsi sentire e qualche preoccupazione comincia ad insediarsi nelle teste degli storici esportatori di oil.
I timori principali riguardano soprattutto le politiche energetiche messe in atto negli ultimi anni dai Governi delle economie occidentali. Politiche energetiche volte a tutelare l’ambiente e a favorire il risparmio energetico e il taglio delle emissioni di gas serra. Tutte scelte che hanno in comune un unico denominatore: la diminuzione dei consumi di oro nero. Una strategia che comincia a vedersi anche nei piani dei colossi mondiali dell’auto, sempre più orientati alla ricerca e sviluppo di motori sempre più “verdi”.
Le preoccupazioni dell’Opec sono certificate da un dossier che verrà svelato in settimana, di cui il Sole 24 Ore ha anticipato un estratto davvero interessante. Secondo l’Opec, le politiche di risparmio energetico dei Governi occidentali potrebbero costare ai Paesi del cartello un taglio “monstre” del Prodotto interno lordo: entro il 2050 il Pil dei Paesi Opec potrebbe subire una flessione del 27-44%, ovvero una perdita di 5-10 mila miliardi di dollari. Inoltre il cartello è alle prese con il rallentamento della domanda di carburanti, causata appunto dallo sviluppo di motori a basso impatto ambientale.
Tutti ragionamenti che vanno ad abbracciare un arco temporale di cinquant’anni. Nel breve termine è tutto un altro discorso. Questa mattina, infatti, l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) ha rivisto al rialzo le stime della domanda mondiale di petrolio per il biennio 2010-2011 di 300 mila barili al giorno. La domanda globale di greggio è adesso attesa a 86,9 milioni di barili al giorno nel 2010 e di 88,2 milioni nel 2011. Una decisione che riflette “un consumo più elevato del previsto nei Paesi Ocse nel periodo luglio-agosto”, hanno osservato gli economisti dell’agenzia.