Opa Anima al via lunedì: esito scontato, per Bpm ora l’incognita è un’altra

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C’è il via libera Consob all’Opa lanciata da Banco Bpm su Anima. Da lunedì prossimo partirà l’offerta sulla sgr, il cui cda ieri ha ritenuto “congruo” il prezzo offerto da Piazza Meda. Un’operazione che ha già incassato l’adesione dei maggiori soci di Anima e che quindi dovrebbe concludersi positivamente nei tempi prefissati.
Offerta al via lunedì fino al 4 aprile
Il periodo di adesione all’offerta andrà da lunedì 17 marzo fino al 4 aprile (salvo proroghe). Il quinto giorno di Borsa aperta successivo alla chiusura del periodo di adesione, ossia l’11 aprile, Bpm pagherà a ciascun azionista di Anima che abbia aderito validamente all’Offerta un corrispettivo pari a 7 euro (cum dividendo) per ogni azione portata in adesione all’Opa.
La conquista di Anima, stando a quanto indicato da Bpm nel documento d’offerta, porterebbe l’incidenza delle commissioni sul margine di interesse e dei proventi da servizi dall’attuale 37% a oltre il 45%. L’apporto delle fabbriche prodotto sui ricavi del gruppo salirebbe a 1,6 miliardi al 2026 rispetto agli 1,18 miliardi attualmente previsti. L’unione di Bpm e Anima porterebbe alla nascita di un gruppo da 220 miliardi di masse complessive assicurazioni e risparmio gestito.
Esito positivo dell’Opa quasi in cassaforte
L’istituto di piazza Meda ha già incassato gli impegni di adesione all’Opa Anima per circa il 44,8 per cento del capitale, tra cui Poste Italiane e Fsi sgr, che avevano condizionato l’adesione al rilancio dell’Opa a 7 euro (dai 6,2 euro offerti inizialmente); rilancio che è stato approvato a larga maggioranza dall’assemblea dei soci di Bpm tenutasi a fine febbraio. Va ricordato che il 22% circa del capitale di Anima fa già capo a Bpm.
Proprio in occasione dell’assemblea, l’ad di Bpm Giuseppe Castagna si è detto molto fiducioso sull’esito dell’Opa ritenendo che “il successo dell’operazione è abbastanza scontato”.
C’è il nodo Danish Compromise
Oltre al rilancio, l’assemblea di Banco Bpm del 28 febbraio ha votato a favore dell’eventuale rinuncia ad una o più condizioni volontarie di efficacia dell’offerta; tra le condizioni non si sono ancora avverate, spicca il semaforo verde o meno all’applicabilità del Danish Compromise, la norma Ue che permette un trattamento favorevole in termini di assorbimento di capitale per gli investimenti tramite controllate assicurative effettuati da gruppi bancari.
Proprio la rinuncia a una o più condizioni di efficacia dell’offerta ha provocato lo scorso mese la reazione di Unicredit che ha minacciato la rinuncia all’Ops su Bpm se le carte in tavola cambieranno. La mancata applicazione del regime favorevole di capitale regolamentare rischia di impattare sui ratio patrimoniali di Bpm.
Unicredit alla finestra
Pertanto dall’applicazione o meno del Danish compromise dipende anche il futuro dell’Ops di Unicredit su Bpm e le speranze di un possibile rilancio (attualmente Bpm viaggia a premio dell’8% circa rispetto al concambio proposto da Unicredit).
Diversi analisti ritengono che l’approvazione del Danish Compromise sia solo una questione di tempo. Una volta che arriverà il mercato potrebbe anche iniziare a riallargare lo spread tra le valutazioni attuali di Bpm e il concambio offerto da Unicredit alimentando il pressing per un rilancio da parte di Andrea Orcel. Rilancio che potrebbe arrivare dopo l’avvio dell’Ops che si attende parta verso giugno con Orcel che vuole avere in mano tutte le informazioni prima di partire.
Intanto ieri la Bce ha dato il suo ok a Unicredit a modificare il proprio statuto includendo la facoltà per il cda di effettuare un aumento di capitale sociale a servizio dell’Ops lanciata su Banco Bpm e a classificare le nuove azioni da emettersi nell’ambito di tale aumento di capitale nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca.