Neuberger Berman: dot plot è lo stesso, Fed ancora assist per azionario. E ‘tassi Treasuries oltre 1,7% non devono preoccuparci granché’
Nell’analisi “La parola della Fed è sacra?” Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer – Equities di Neuberger Berman interpreta quanto detto dal presidente della Federal Reserve Jerome Powell, nella conferenza stampa successiva all’annuncio del Fomc sui tassi, affermando che la “banca centrale ha confermato il suo nuovo orientamento di politica monetaria”: fattore che, a suo avviso, è “favorevole per i mercati azionari”. Alla domanda se la parola della Fed sia sacra o meno, Amato ricorda una sua personale esperienza.
“Quando da giovane ho iniziato a lavorare a Wall Street, i veterani offrivano perle di saggezza ribadendo l’importanza della credibilità e della buona fede. “La tua parola è sacra” mi dicevano. “Se perdi la tua credibilità, non la recuperi”.
Traslando quanto sentì in passato alla realtà di oggi e “considerate le sfide che il presidente della Fed, Jerome Powell, è chiamato ad affrontare”,oltre a vedere nelle recenti dichiarazioni della Fed un fattore positivo per i mercati azionari, Amato non si è mostrato affatto preoccupato per il trend
dei tassi sui Treasuries a 10 anni, la cui impennata ha scatenato momenti di caos a Wall Street soprattutto per la celerità con cui è avvenuta:
“I rendimenti che superano l’1,7% non devono preoccuparci granché”, ha detto. Il motivo?
“Tornano solo dove erano nell’estate del 2019: con una crescita attesa del 6,5% nel 2021 al posto del 2,2% realizzato nel 2019, condizioni ancora espansive nella maggior parte degli altri mercati finanziari e timori nulli o scarsi di manovre di inasprimento monetario nell’anno in corso. In effetti, considerate queste aspettative di crescita, saremmo molto preoccupati se i tassi a lungo termine si mantenessero su livelli storicamente bassi. Ciò potrebbe significare che il mercato guarda con molto scetticismo alla ripresa economica. Di conseguenza, riteniamo che l’attuale quadro di riferimento dei tassi sostenga i mercati azionari. Con l’accelerazione della crescita del PIL, le proiezioni indicano degli utili per azione di 200 dollari per l’S&P 500, con un rialzo di oltre il 40% rispetto agli utili del 2020. Ciò implica un total return positivo su base annua, anche se i multipli si riducono sensibilmente”.
Neuberger Berman rassicura su azioni growth: stabilizzate e tornate alla ribalta
Amato ha anche rassicurato chi teme che la festa sia finita per le azioni growth. “Malgrado il continuo rialzo dei rendimenti a lunga scadenza, le azioni growth a ‘duration lunga’ delle grandi società tecnologiche – che negli ultimi tempi avevano subito qualche pressione – si sono stabilizzate e sono tornate alla ribalta, riportandosi in territorio positivo assieme ai titoli ciclici e legati alla “riapertura’”.
Inoltre, il chief investment officer ha ricordato “la svolta più significativa della politica della Fed degli ultimi dieci anni o, forse, un audace bluff per risvegliare gli “spiriti animali” degli investitori”: quella avvenuta lo scorso agosto, quando “Powell ha annunciato che la banca centrale non avrebbe più perseguito un obiettivo di inflazione del 2%, bensì un’inflazione media del 2% nel lungo periodo“.
Ora, “dato il periodo di tempo in cui l’inflazione è rimasta al di sotto del 2%, la sua dichiarazione sottintendeva la volontà di lasciar surriscaldare l’economia un po’ più a lungo”.
In generale, “da inizio anno, la Fed ha dovuto fare i conti con un mercato più aggressivo, che ha spinto i tassi di inflazione di breakeven ai livelli massimi degli ultimi sette anni e ha fatto quasi raddoppiare il rendimento del Treasury decennale. La scorsa settimana, la Fed ha preso tempo. E riteniamo che la banca centrale sappia perfettamente quel che dichiara e sia consapevole degli effetti delle sue dichiarazioni sui mercati azionari e obbligazionari”.
“A dicembre – Amato ha fatto notare – il “dot plot” della Fed indicava che i tassi sarebbero rimasti invariati fino alla fine del 2023. Da allora, i mercati dei tassi d’interesse scommettono che l’iniezione di 1900 miliardi di dollari (ergo il bazooka fiscale voluto dal presidente americano Joe Biden) per stimolare la riapertura dell’economia farà salire i tassi di crescita e di inflazione, costringendo la banca centrale a rivedere le sue posizioni. Il rendimento decennale statunitense ha superato l’1,7% e i mercati dei future contemplano diversi rialzi nel 2023.La scorsa settimana, la Fed ha innalzato dal 4,2% al 6,5% le sue previsioni di crescita del PIL statunitense nel 2021 e si attende un calo della disoccupazione al 3,5% nel 2021. Tuttavia, il suo “dot plot” non è affatto cambiato. Continua a indicare tassi invariati per i prossimi tre anni. I mercati azionari si stanno chiedendo a chi bisogna credere. Una delle ragioni per cui la Fed non si è mossa dalle sue posizioni è perché prevede che l’inflazione negli Stati Uniti raggiunga il 2,4% quest’anno per poi rallentare al 2% nel 2022. Powell ha anche chiarito che le autorità intendono attendere i dati dell’economia reale per poter intervenire, piuttosto che anticipare dati basati su previsioni, tra cui le previsioni implicite nel mercato obbligazionario. In entrambi i casi l’inerzia riafferma il primato del nuovo orientamento, quello della “media di lungo periodo”.
“La natura straordinaria di questa ripresa – ha continuato l’esperto – sembra dare alla Fed ampi margini per perseguire questo approccio. Molti settori dell’economia sono ancora in difficoltà, mentre alcuni segmenti del settore tecnologico hanno beneficiato di una crescita equivalente a dieci anni della loro vita. Se i maggiori dati sull’inflazione riguardano settori dove il rialzo dei prezzi è considerato temporaneo e dovuto all’effetto base, le banche centrali possono tenere fede alla parola data”.
Cosa devono fare allora gli investitori?
“Questo scenario non è scevro da rischi – ha concluso Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer di Neuberger Berman – Livelli sostenuti di inflazione superiori al 3% potrebbero creare qualche problema e i tassi d’inflazione di breakeven a 5 anni degli Stati Uniti – una proiezione del mercato di quello che sarà il tasso medio annuo di inflazione nei prossimi cinque anni – sembrano andare rapidamente in quella direzione. Questo, tuttavia, è un indicatore notoriamente volatile e le autorità ci hanno assicurato che prima di agire vorranno avere la certezza che il surriscaldamento trovi riscontro nei dati economici e non sia confinato al mondo delle previsioni. Siamo convinti che questa combinazione di politiche continuerà a sostenere i mercati azionari e la maggior parte degli attivi rischiosi. E ricordo un’altra importante massima che mi è stata insegnata all’inizio della mia carriera: “Mai mettersi contro la Fed”.
La scorsa settimana, la Federal Reserva ha annunciato di aver rivisto al rialzo l’outlook sul tasso di inflazione Usa del 2021 al 2,4%, ben oltre l’1,8% atteso lo scorso dicembre. L’inflazione rappresentata dal PCE core è stimata inoltre al 2,2% nel 2021, contro il +1,8% previsto a dicembre. Per il 2022 le previsioni sono di un dato core del 2% e per il 2023 pari al 2,1%. L’upgrade dell’outlook, da solo, avrebbe potuto portare gli operatori di mercato a paventare il peggio, aspettando di vedere una Fed più falco, più “hawkish”. E invece no, come emerge dal dot plot.