Carige: quanto vale il salvataggio di Stato? Con decreto subito 1,3 mld. Ma con garanzie conto sale a 4 miliardi

Insieme alle garanzie sui bond che saranno emessi dalla banca e che potranno essere concesse fino a un massimo di tre miliardi di euro, il costo che lo Stato si accolla per salvare Banca Carige, in via teorica, è di 4 miliardi di euro. Lo fa notare in particolare il quotidiano La Repubblica, riportando quanto scritto nel primo articolo del decreto varato dal governo M5S-Lega, che è stato firmato ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e che, a questo punto, sarà inviato alle Camere:
“Al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell’economia e preservare la stabilità finanziaria il ministero dell’Economia è autorizzato, fino al 30 giugno 2019, a concedere la garanzia dello stato su passività di nuova emissione di Banca Carige, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di stato, fino a un valore nominale di 3.000 milioni“.
Il decreto precisa che i fondi che il Tesoro mette a disposizione subito per Carige ammontano a 1,3 miliardi, che si suddividono in 1 miliardo al massimo di ricapitalizzazione e garanzie per 300 milioni sull’emissione di passività, fino per l’appunto a un massimo di 3 miliardi.
“Resta il fatto che nell’ipotesi teorica che Carige emettesse titoli di debito per tutti e 3 i miliardi e poi non fosse in grado di ripagarli – scrive il quotidiano – toccherebbe allo Stato che ha dato la sua garanzia far fronte alle obbligazioni, portando il conto totale dell’intervento fino a un massimo teorico di 4 miliardi. Ma questa è un’ipotesi che il governo non prende nemmeno in considerazione, ritenendola di fatto impossibile”.
Il Sole 24 Ore mette in evidenza come il decreto appena sfornato dal governo gialloverde sia la fotocopia del decreto Gentiloni:
“Basta leggere il testo del Dl 237/2016, quello approvato dall’allora neonato governo Gentiloni per i salvataggi di Mps, Pop Vicenza e Veneto Banca. La bozza del nuovo decreto è identica in ogni dettaglio, dalle regole sulle garanzie dello Stato fino ai meccanismi, con burden sharing, per la nazionalizzazione”.
Il quotidiano di Confindustria mette in evidenza anche un particolare di non poco conto, facendo notare come il testo del decreto: “Misure urgenti a sostegno di Banca Carige S.p.a – Cassa di risparmio di Genova e Imperia” sia datato come «Decreto-legge [*] novembre 2018».
“Segno che l’ipotesi di intervento statale è stata sullo sfondo negli ultimi due mesi di tutte le tormentate vicende societarie della banca genovese, e che il confronto con Bruxelles (che nelle scorse ore ha infatti prontamente «preso atto» delle scelte italiane) non ha rappresentato un episodio fulminante degli ultimi giorni”.
Scrive ancora Il Sole: All’articolo 1, sulla «Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione», l’unica differenza rispetto al decreto Gentiloni è ovviamente nell’indicazione di «Banca Carige» come beneficiaria, invece delle «banche italiane» citate dal Dl 237/2016. Anastatica è anche la ristampa dell’articolo 2, sulle «caratteristiche degli strumenti finanziari» che possono essere garantiti dall’ombrello pubblico: si tratta di sei parametri, dall’emissione successiva all’entrata in vigore del Dl fino al divieto di «titoli strutturati o prodotti complessi» che «incorporano una componente derivata», indicati in lettere dalla a) alla f) nello stesso ordine di due anni fa. Lo stesso accade ai «limiti» dell’articolo 3, alle «condizioni» dell’articolo 4 e così via, giù giù fino alla seconda parte del provvedimento. Quella dedicata alla «ricapitalizzazione precauzionale».
A tal proposito – dunque riguardo alla possibilità che in ultima istanza lo Stato sia costretto a prendere la stessa strada percorsa per Mps e optare per la ricapitalizzazione precauzionale – il quotidiano ricorda che la “ricapitalizzazione inevitabilmente prevede il burden sharing, cioè la «condivisione dei costi» a carico di azionisti e obbligazionisti subordinati, proprio come avvenuto per il Monte dei Paschi quando i piccoli risparmiatori furono indennizzati con la complessa meccanica della conversione in azioni scambiabili con bond senior”. Nel caso di Carige una tale eventualità non si presenterebbe, ma semplicemente per il fatto che la “conversione (costosa) in azioni delle obbligazioni in mano a piccoli risparmiatori è già avvenuta nel 2017″.
Il Messaggero conferma: “Quattro i miliardi stanziati per evitare il naufragio dell’istituto di credito genovese”. Il quotidiano fa notare inoltre una discrepanza non proprio trascurabile, tutt’altro:
“Al termine del Cdm, il governo ha parlato di ricapitalizzazione precauzionale, definendola «un’ipotesi residuale e non attuale». Nella bozza del decreto però il Mef è autorizzato a sottoscrivere, sempre entro il 30 giugno 2019, «anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, nel limite massimo di 1 miliardo di euro per l’anno 2019, azioni emesse da Banca Carige».
Ospite di Porta a Porta, ieri il premier Giuseppe Conte ha voluto precisare la natura del decreto Carige:
“Lo Stato ha offerto una garanzia per i titoli di nuove emissioni, perché si è creato uno stallo dell’impresa bancaria che ha creato qualche tensione, quindi per traghettare questo momento si è creata una misura precauzionale. Ma lo Stato non ha intenzione di ristrutturare imprese bancarie per favorire speculatori o azionisti“.
Ancora il presidente del Consiglio:
“Siamo intervenuti per difendere i risparmiatori, è un salvagente provvisorio. Ma confidiamo che attraverso questo salvagente la Carige possa attraversare questo momento, valutare eventuali integrazioni e un piano industriale che possa rilanciarla”.
L’obiettivo del Governo, ha precisato insomma il premier stando a quanto riporta l’agenzia di stampa Askanews, è quello di “consentire il consolidamento patrimoniale e il rilancio dell’attività”. Conte ha tenuto a sottolineare che l’insieme delle misure disposte con il decreto non può essere definito un salvataggio alla stregua di quanto avvenuto nei governi precedenti:
“In questo momento non parliamo di salvataggio Carige, non siamo intervenuti per tramutare partecipazione dello Stato in partecipazioni. Confidiamo che gli azionisti possano ricapitalizzare. Se questo non avverrà confidiamo in operazioni di aggregazione. Non pensiamo vadano messi i soldi dello Stato, ove mai saranno messi non intendiamo socializzare i costi e privatizzare i profitti“.
Intanto arrivano indiscrezioni di Bloomberg, secondo cui 10 sarebbero i potenziali acquirenti di Carige. Tra questi, UniCredit, Banco BPM e BNP Paribas, che hanno preferito tuttavia non commentare.