Mps-UniCredit: la versione del Tesoro su flop trattative. Ministro Franco: ‘non siamo disposti a cedere il Monte a qualsiasi prezzo’
Arriva la versione del Mef sul flop delle trattative su Mps con UniCredit. A dire come sono andate le cose è lo stesso ministro dell’Economia e delle Finanze, numero uno nel governo Draghi del Tesoro, azionista di maggioranza del Monte dei Paschi con una quota pari al 64%.
Nel corso della conferenza stampa indetta per commentare la manovra-legge di bilancio 2022, Franco ha messo i puntini sulle “i”:
“Non siamo disposti a cedere Monte dei Paschi di Siena a qualsiasi prezzo e in qualsiasi modo”.
Con la banca guidata da Andrea Orcel, si è presentato “un divario – ha spiegato il ministro – tra ciò che Unicredit voleva ottenere e ciò che noi come governo eravamo disposti a dare, e il divario era sull’entità dell’aumento di capitale ma anche e soprattutto sul valore del ramo d’azienda, cioè su quante quote di Unicredit il governo italiano avrebbe ottenuto”.
Mps, Franco: M&A opportuna ma non disposti cederla a qualsiasi prezzo
“Circa un anno fa – ha ricordato Franco – a metà ottobre 2020 il precedente governo con un Dpcm ha chiesto al Mef di procedere alla dismissione di Mps. Ereditando la gestione del precedente governo è quello che abbiamo cercato di fare. Abbiamo contattato molti possibili soggetti e l’unico che ha avanzato un interesse sostanziale è Unicredit con cui quest’estate abbiamo avviato una trattativa. Ringrazio Unicredit per la disponibilità. Unicredit ha studiato la situazione, abbiamo avuto varie interazioni, assistito ognuno da consulenti tecnici”ma, per l’appunto, “siamo giunti a un divario tra ciò che Unicredit voleva ottenere e ciò che noi come governo eravamo disposti a dare e il divario era sull’entità dell’aumento di capitale ma anche e soprattutto sul valore del ramo d’azienda, cioè su quante quote di Unicredit il governo italiano avrebbe ottenuto cedendo Mps a Unicredit. Ci è sembrato che questo importo non fosse adeguato e quindi abbiamo sospeso la trattativa con Unicredit”.
Cosa succederà a questo punto alla banca senese? “Abbiamo parlato con la Commissione europea per ottenere una proroga del termine del 31 dicembre per avere tempo di procedere senza fretta e in modo adeguato alla dismissione. Pensiamo che esploreremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi ulteriori possibilità ove non vi fossero e fintanto che non ci saranno continueremo a gestire Mps come azionisti cercando di farla diventare una banca efficiente e solida. Il settore bancario è in profonda trasformazione, risente della digitalizzazione e una banca di dimensioni medie come Mps è opportuno si aggreghi ma non siamo disposti a cederla a qualsiasi prezzo e a qualsiasi modo”, ha ribadito il ministro.
Una buona notizia per il Monte ma per tutte le banche è arrivata con l’inclusione, in manovra, di un plafond da 500 milioni per prorogare le agevolazioni fiscali, i cosiddetti tesoretti, che lo Stato ha accordato a tutte le società in generale per promuovere le operazioni di M&A. A tal proposito Franco ha ricordato che la misura che proroga la trasformazione di Dta (Imposte differite attive) in crediti di imposta “si rivolge a tutte le banche e a tutto il mondo delle imprese, non è nata soltanto per Mps”.
Ieri, nella conference call con gli analisti successiva alla pubblicazione della trimestrale, che ha battuto le stime degli analisti su tutti i fronti, il numero uno di UniCredit, l’amministratore delegato Andrea Orcel, ha detto chiaro e tondo che quella finestra che era stata aperta da Piazza Gae Aulenti su Mps è ormai chiusa.
Orcel ha ricordato che sul Monte dei Paschi aveva “manifestato in modo chiaro (al Tesoro) il desiderio di concludere un accordo velocemente, senza resistenze”. Anche perché, obiettivamente, di cose da fare, in una qualsiasi banca e non solo in UniCredit, ce ne sono.
“Abbiamo diverse iniziative a cui pensare in Italia, e dobbiamo concentrarsi su di esse al 100%”, ha continuato Orcel. Di conseguenza, “la finestra ora è chiusa”, ha rimarcato il banchiere, gelando ogni speranza, inclusa quella del numero uno della Fabi, il segretario generale Lando Maria Sileoni, che le trattative si riaprano.